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In Cina sono almeno 130 le cliniche che offrono terapie di conversione per guarire dall’omosessualità. Lo ha rivelato una ricerca portata avanti da alcuni attivisti membri di quattro organizzazioni non governative (ONG) cinesi, tra cui LGBT Rights Advocacy Group China (Gruppo attivista per i diritti LGBT in Cina) e PFLAG China (Genitori, parenti e amici di lesbiche e gay cinesi). La mappa fornita da queste organizzazioni rivela che tra le strutture che praticano questo tipo di trattamenti ci sono ospedali sia privati che pubblici, rispettivamente controllati e gestiti dalla Commissione nazionale per la salute e dal governo.

Le terapie di conversione, dette anche riparative o di riorientamento sessuale, sono trattamenti volti a indurre il paziente a modificare il proprio orientamento omosessuale. Le ricerche affermano che questo tipo di terapie non ha alcuna base scientifica: al contrario, causano danni psichici nelle persone coinvolte.

Elettroshock e pillole

Nel 2017 Human Rights Watch ha intervistato 17 persone precedentemente vittime di queste torture, le quali hanno dichiarato di aver subito, senza consenso orale o scritto, l’elettroshock e di essere state costrette dai medici per giorni a ricevere iniezioni e ad assumere pillole, senza contare le continue minacce e gli insulti da parte del personale ospedaliero. I trattamenti ai loro danni non sono stati portati a termine, a causa dell’elevato costo, o di interruzione da parte dei medici stessi. I “pazienti”, dopo essere usciti dall’ospedale, hanno raccontato di aver vissuto un periodo di depressione causato dai profondi traumi subiti.

pillole

Secondo Ah Qiang, esponente di PFLAG China, in realtà i centri che praticano questo tipo di terapie sono più di 300 e sono le famiglie delle persone omosessuali a richiedere una terapia ai medici. L’attivista ritiene inoltre che ci sono ancora psichiatri che considerano l’omosessualità una malattia mentale, ma che, tuttavia, la maggior parte dei medici pratica questa “cura” perché spinta da motivi economici.

Una società ostile

La società cinese è in parte ancora attaccata al valore della famiglia e quindi all’obbligo morale di avere almeno un figlio (si richiama il valore confuciano della pietà filiale), ma in Cina le persone omosessuali non possono né sposarsi né adottare. Per questo alcune famiglie, anche per sottostare a determinate regole sociali, si affidano a questi trattamenti.

Dal 2001 in Cina l’omosessualità non è più considerata una malattia mentale. E la legge cinese rende illegale qualsiasi terapia di conversione: gli abusi che si verificano durante la terapia, quali confinamento involontario, molestie verbali, mancanza di consenso, uso di farmaci ed elettroshock, violano gli standard nazionali e internazionali e i diritti umani. Nonostante questo, il governo non ha ancora adottato misure contro queste pratiche disumanizzanti.

Cecilia Spassini
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Min An (CC0) / bigblockbogger (CC0)

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