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Le foto delle 526 coppie omosessuali che si sono sposate il 24 maggio a Taiwan ha fatto il giro del mondo: la Repubblica di Cina è il primo paese asiatico a riconoscere il diritto al matrimonio alle coppie dello stesso sesso, nonostante un’opposizione agguerrita. Ma il cammino verso l’uguaglianza e i diritti che ha intrapreso quest’isola di 23 milioni di abitanti appare ancora un miraggio al miliardo e 400 milioni di cittadini dell’altra Cina, la Repubblica Popolare comunista. Passi avanti si registrano invece in un’altra Cina ancora, cioè nella regione amministrativa speciale di Hong Kong, legata a Pechino dal principio “un paese, due sistemi”.

Commenti da Pechino

Il governo comunista ha commentato molto laconicamente l’introduzione delle nozze omosessuali a Taiwan, attraverso un portavoce dell’ufficio che si occupa degli affari con l’isola considerata ribelle. An Fengshan si è limitato a ricordare che nella Cina continentale “c’è un sistema per cui il matrimonio è tra un uomo e una donna“. In altre parole, Pechino, nonostante sporadiche proposte di singoli politici, non ha nessuna intenzione di riconoscere le coppie dello stesso sesso. Nessun passo avanti si profila all’orizzonte in un paese ancora intollerante, in cui molti genitori considerano l’omosessualità come una malattia.

Aperture a Hong Kong

A Hong Kong c’è qualche speranza in più: qui l’omosessualità non è più reato dal 1991, ma fino a pochi giorni fa erano ancora in vigore altre leggi omofobe ereditate dal sistema coloniale britannico. Il giudice Thomas Au ha stabilito l’incostituzionalità di alcune norme, per esempio quelle contro la prostituzione gay e gli atti osceni commessi da due uomini, perché “non esistono reati equivalenti per le persone eterosessuali o per le lesbiche“. Per altre leggi ha uniformato le pene previste per gay e etero: per esempio, fare sesso con chi ha meno di 16 anni comporterà 5 anni di carcere in ogni caso, mentre prima si prevedeva l’ergastolo se il minore era maschio.

Si tratta di una vittoria importante per la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), che recentemente era già riuscita a far cancellare il divieto di esporre in metropolitana e in aeroporto una pubblicità con protagonista una coppia gay. Il grande obiettivo, però, è l’introduzione delle unioni civili. Su questo punto purtroppo il governo si è già detto contrario, proponendo argomentazioni bizzarre: il riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali svilirebbe il matrimonio eterosessuale che “non sarebbe più speciale“. Ma è davvero la discriminazione omofoba a rendere speciale un matrimonio?

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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