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Il social network cinese Weibo ha rimosso la censura nei confronti della pagina “Les”, rivolta a donne lesbiche e bisessuali. Weibo aveva annunciato il mese scorso che avrebbe monitorato le pagine a contenuto “pornografico, violento o omosessuale”.

La mobilitazione

Per fare in modo che la pagina riapparisse sul social, diverse ragazze hanno postato la loro foto con l’hashtag #IAmLes (Io sono Les). Queste immagini nel giro di qualche giorno avevano ottenuto mezzo miliardo di visualizzazioni. “Le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e trans) – si legge nel commento di una delle ragazze – sperano sempre che un giorno il paese nel quale sono nate possa accettarle, anziché ignorarle, evitarle e fare in modo che siano invisibili, anche facendo uso della censura di tanto in tanto”.

Anche il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo), organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, si è schierato contro questa decisione, criticando la decisione di Weibo e affermando che “mettere sullo stesso piano la violenza, la pornografia e l’omosessualità, e trattare le persone omosessuali come anormali porterà inevitabilmente a una risposta dell’opinione pubblica”.

Dopo che la pagina “Les” è tornata visibile, Weibo ha annunciato che il divieto sarà in vigore, da adesso, soltanto per i contenuti pornografici e violenti.

Un potere ondivago

La posizione ufficiale cinese sui diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) è piuttosto controversa.

Mentre l’omosessualità non è più un reato dal 1997, la posizione ufficiale del governo passa da una sorta di appoggio alle associazioni per i diritti e alle ragioni della comunità (pur mantenendo lontana l’approvazione di leggi per il matrimonio egualitario e l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, tra le altre cose), a una repressione contro queste stesse associazioni, come nel caso del Guangzhou Gender and Sexuality Education Center (Centro per l’educazione di genere e sessuale di Guangzhou) che è stato chiuso dalle autorità.

Un chiaro esempio di questa politica è il modo con il quale è stato trattato il film “Bohemian Rhapsody”, da cui sono stati tolti tutti i riferimenti alla bisessualità del protagonista. La stessa sorte è poi toccata anche alla traduzione dei discorsi durante la cerimonia degli Oscar.

Alessandro Garzi
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Cflgroup Media (CC0)

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