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“Convertirsi da uomo a donna e risultare perfetto è un atto artistico. Che un uomo indossi tre paia di ciglia finte, e appaia con seni: questo sì che è artistico!”
Jairo Polo

“Indossare scarpe con tacchi alti: questo è il simbolo dell’artista drag! Avere delle belle scarpe col tacco e la bocca ben truccata”
Shorell (Darwin Villa)

“Adesso sono la persona che sta dinanzi a voi… Mi trucco e comincio così a dissimulare i miei connotati maschili. Quando mi guardo, lo specchio è mio amico”
Thael Osorio de la Rans

La lupa è considerata in molte culture la promotrice di un nuovo processo di civiltà. Simbolo di forza in battaglia e intelligenza, è anche emblema della trasgressione delle proibizioni e di libertà, regina della passione amorosa e della socialità. A metà degli anni ’80, una cantante argentina, Valeria Lynch, espresse egregiamente tutte queste caratteristiche nella sua voce di creatura ferita dalle esperienze della vita e da un amore ormai finito.

Erano gli anni in cui i locali notturni erano pieni di gente pronta ad ascoltare i nuovi successi di Madonna e Michael Jackson o le grandi dive latinoamericane dell’epoca, eroine di canzoni intense e sdolcinate. Ma era anche il momento di massima diffusione dell’AIDS, delle tante morti giovani e dolorose e, allo stesso tempo, delle lotte per l’affermazione dei diritti LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), di cui le persone transessuali, transgender, crossdresser e drag queen erano protagoniste assolute.

In questo contesto convulso, ma estremamente vitale, si sono svolte le prime street parade della comunità LGBTQIA+ di Barranquilla, città nei Caraibi colombiani, che si radunava all’epoca attorno alle famose discoteche Troya In Bar e Bacco. Questa volontà di affermazione era spesso segnata da aggressioni fisiche e insulti diretti allə partecipanti. Alcune importanti personalità della comunità hanno dovuto sviluppare, per questo, la loro proposta artistica in un clima altamente omobitransfobico: Gustavo Turizo, La Nordika, Rosa Paulina, Camélica Stephania Noreña e Alfonso Suárez Ciodaro hanno esercitato tutta la loro resilienza e il loro talento in opere che influenzeranno diverse generazioni future di artistə plastichə e performer.

sexexposicion travestiario tropical mostraIl documentario

Il documentario “Como una Loba” (Come una lupa), diretto e prodotto da Danny González Cueto, con la collaborazione del Colectivo Transmallo, del Semillero Cuerpas e del gruppo di ricerca Feliza Bursztyn dell’Università dell’Atlantico (MAUA) di Barranquilla, vuole rendere omaggio a quella lotta e alle personalità che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte drag a livello locale e nazionale.

Attraverso un rigoroso lavoro di raccolta delle fonti e un’originale sperimentazione formale delle immagini, il mediometraggio ripercorre, attraverso le sue voci più rappresentative, la storia e il presente del fenomeno drag in relazione al Carnevale di Barranquilla. Nel corso dei suoi 34 minuti, alcune testimonianze risalenti al biennio 2016/2017 si alternano ad altre più recenti per dar forma a un archivio vibrante e vivo, arricchito da punti di vista e spunti di riflessione molteplici, nella cornice sperimentale delle immagini che introducono e chiudono il corpus di interviste.

Attraverso le ricostruzioni di Eusebio Castro, Jairo Polo e Heriberto Mejía, il pubblico si avvicina alla genesi dei primi tentativi per togliere dalla semi-clandestinità un patrimonio culturale e artistico che fino ai primi anni ’80 era appannaggio dei locali gay, con i loro concorsi di bellezza per eleggere la regina della discoteca durante il periodo di carnevale e i loro spettacoli imponenti, per assistere ai quali, conferma Polo, il pubblico era disposto a pagare prezzi esorbitanti. Quando ci si rese conto che questo prezioso bagaglio culturale poteva andare perduto, ci si convinse a fare il grande passo per portarlo nelle strade perché fosse riconosciuto da una società allora molto chiusa alla diversità sessuale, spinta probabilmente da forti pregiudizi di natura religiosa.

Wilson Castañeda, presidente dell’associazione Caribe Afirmativo (Caraibi affermativi), sottolinea la rilevanza all’interno del panorama nazionale del carnevale gay di Barranquilla come evento precursore delle marce del Pride di Bogotá e Medellín che risalgono al 1990/91, ben sette anni dopo l’esperienza della capitale dell’Atlantico.

como una loba camelica

A sinistra: Camélica

La carriera di colei che ha ispirato il titolo e l’immagine della proposta di González Cueto, Julieth Pantoja (La Loba), ebbe inizio proprio in un importante concorso per drag queen, El Baco de Oro (Il Bacco d’oro), che si svolgeva in una discoteca molto conosciuta della città. La sua partecipazione non passò inosservata dato che all’epoca sconvolse il pubblico con una memorabile interpretazione della celebre canzone “Como una Loba” di Valeria Lynch che ripropone in esclusiva per il documentario.

Víctor Ladrón De Guevara Yepes, che la personifica, ci offre anche una chiara distinzione tra travestitismo e drag, che, a suo parere, ha a che fare con il lusso (senza che debba essere necessariamente costoso), la vanità, il buon gusto e la ricerca della bellezza estetica. La sopravvivenza di questa pratica dipenderà, secondo il performer, dalla gestione mediatica che se ne farà in futuro.

Nel ragazzo che indossa gli abiti della sorella, che si riempie il seno con due grandi pagnotte e che ha soldi solo per comprare una parrucca sintetica c’è, secondo lo scrittore Jhon Better, molto più di una semplice trasgressione: ciò che si manifesta in quel caso è un potente atto di immaginazione. Coloro che lo praticano in un contesto marginale, riflette l’autore, sono persone che hanno intrapreso una lotta contro corrente. Come ricorda Thael de la Rans, “è molto difficile per la gente accettarti, perché ci saranno sempre bullismo e omofobia, ma dopo che tu ti sarai accettatə, sarai unə grande artista“.

Attraverso un processo personale simile, deve essere passatə Gloria Ivón (Álvaro Gómez) prima di diventare la grande icona che è oggi. Così si esprime la vedette: “Non avevo intenzione di mettere ormoni nel mio corpo, ma ormoni nella mia mente“. Con queste parole l’artista introduce il concetto di transexual-mental con cui definisce la propria identità, evidenziando nel suo percorso la preminenza dell’uso performativo/artistico del corpo rispetto alla sua medicalizzazione. Da questo punto di vista, il suo lavoro di performer teatrale diventa “l’appendice del suo sdoppiamento personale“.

como una loba glorialvon

Gloria Ivón

Camélica, ricordata da Shorell, è un’altra di quelle “grandi dive nascoste” (Hemel Noreño) che animavano le notti di Barranquilla con “la loro verve, il loro potere di convinzione e la loro capacità di coinvolgere il pubblico“. Probabilmente Noreño si riferiva ad artiste come Camélica quando parlava di spettacoli che per la loro maestosità facevano “cambiare idea anche alle persone più diffidenti“.

Il poeta Benjamín Méndez è senza dubbio uno dei più grandi cantori di quegli anni affascinanti, in cui si potevano ammirare “donne bellissime, estremamente ricercate nei loro outfit e degne delle passerelle di Milano, New York o Roma“. Ambasciatrici sublimi di quella magia che, secondo Jairo Polo, ogni gay ha. E l’artista aggiunge che la pratica drag “è sarcasticamente un’evoluzione che si verifica nel momento stesso in cui il performer veste abiti femminili“.

Se il drag consente una certa libertà e una piena e soddisfacente espressione artistica, non bisogna ignorare, secondo Shorell (Darwin Villa) “che siamo noi la piaga“. Vale a dire, siamo noi quelle che per prime, a partire dal nostro corpo, intraprendiamo una battaglia contro la discriminazione e il dominio eteropatriarcale.

“Como una Loba” vuole andare oltre la mera proposta memoriale o commemorativa e aprire un dialogo verso l’estetica e le esperienze artistiche drag per riconoscerne la centralità all’interno delle arti performative e l’imponente carica politica che le caratterizza.

travestiario tropical sexexposicion mostraLa mostra

Il documentario fa parte di un progetto ben più ampio dal titolo “Travestiario tropical: Representación y archivos de las prácticas del cuerpo LGBTI en el Carnaval de Barranquilla” (Travestiario tropicale: rappresentazione e archivi delle pratiche del corpo LGBTQI nel Carnevale di Barranquilla), che include la mostra che ha aperto i battenti giovedì 4 novembre e sarà visitabile sino al 4 aprile 2022 nella alla sala espositiva del Museo di antropologia della Facoltà di belle arti dell’Università dell’Atlantico.

La “Sexexposición”, questo il nome dell’evento, contiene più di cento fotografie, alcune delle quali esposte per la prima volta, appartenenti agli archivi di varie organizzazioni o a collezioni private, suddivise in tre sezioni: Pazze di felicità (dal titolo del fortunato libro di Jhon Better “Locas de Felicidad”), Teatralità e Transito. Il percorso tematico, che ricostruisce la Barranquilla underground dagli anni ’70 a oggi, è arricchito da filmati, testi di artistə e attivistə, performance e opere plastiche con le quali il pubblico potrà interagire durante la visita.

L’evento prevede la pubblicazione di un catalogo che, oltre a contenere buona parte del materiale esposto, si avvale del prologo di uno dei pionieri dell’attivismo LGBTQIA+ in Colombia, Manuel Velandia, e di un saggio introduttivo in cui si analizzano la storia e le teorie accademiche inerenti le tematiche trattate nella mostra e nel documentario. L’equipe di lavoro vede la presenza di Hanner Sánchez (aka Hanoi Utumayo) come direttore artistico, Juan Carlos Dávila come consulente museografico, Rebeca Rocha Villamizar e Yuris Polo per la gestione degli archivi. La parte di ricerca è stata affidata al sottoscritto e a Danny González Cueto, che è anche curatore della mostra e direttore del progetto.

Due giovani artistə di Barranquilla, Rubén Barrios (aka LaRubiFag) e Lea Leandro, oltre ad aver curato la grafica del catalogo e delle locandine, hanno presentato ciascunə una propria opera. La RubiFag propone “Radiografías transbestiales” (Radiografie transbestiali) con autoritratti fotografici e scatti a persone queer, ritagli di riviste omoerotiche e non, fotocopie e serigrafie in bianco e nero. Si tratta di un archivio eterogeo e personale di oltre 180 pezzi che arricchiranno l’esperienza del pubblico della mostra.

Lea propone invece un’opera tributo a Lino Fernando, importante stilista e figura di punta della comunità LGBTQIA+ locale sino alla sua morte violenta nel 2007. La proposta artistica si incentra sugli strumenti del mestiere di un salone di bellezza, che, oltre a ricordare metaforicamente la personalità omaggiata, si connettono perfettamente con l’immaginario dell’artista che lo “mette in scena”, creando così un ponte intergenerazionale all’interno della comunità e rivelando tutta l’attualità dell’estetica di Fernando.

“Travestiario Tropical” è un viaggio nel tempo e nello spazio lontano dal contesto europeo che vale la pena affrontare.

 

Massi Carta
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Travestiario tropical

 

Massi Carta: “Attivista e accademico. Si occupa di temi relativi all’America Latina. Ha pubblicato in varie riviste internazionali e svolto l’attività di docente in diverse università. Dal 2019 fa parte del Collettivo Transmallo, che promuove i diritti LGBTQIA+ in Colombia attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e artistico della comunità. > leggi tutti i suoi articoli

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