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L’11 settembre, con tutta la sua esplosione di diffidenza mascherata e di astio aperto nei confronti dei “musulmani d’Occidente”, doveva ancora arrivare, ma nel 1999 “East is east” (wiki), film inglese di Damien O’Donnell, già raccontava le difficoltà di una famiglia pakistana a Londra, alla ricerca del difficile equilibrio tra la sopravvivenza dell’identità passata e la voglia di scoprire una realtà nuova, tra il diffidente sguardo orientale sui costumi troppo “liberi” dell’Occidente e il diffidente sguardo occidentale sulle troppo “strane” tradizioni dell’Oriente. E in tutto questo l’omosessualità, mai esplicitamente dichiarata, del giovane Nazir giocava un ruolo fondamentale.

A dire il vero già 14 anni prima, nel 1985, “My Beautiful Laundrette” (wiki), regia di Stephen Frears e sceneggiatura del grande drammaturgo anglo-pakistano Hanif Kureishi, aveva affrontato la storia d’amore tra un ragazzo pakistano a Londra, Omar, e un inglese con un passato nelle gang giovanili razziste, Johnny. In questo caso, però, non si arrivava al confronto diretto tra la comunità musulmana (in questo film ben poco praticante…) e l’omosessualità. Rimane comunque interessante notare come proprio l’omosessualità, insieme all’intolleranza diffusa e coltivata dalla destra, fosse individuata come elemento centrale per parlare della convivenza tra Oriente e Occidente nelle strade di Londra.

La comunità musulmana inglese, comunque, ha una lunga storia, con un momento fondamentale segnato dal Trinitarian Act del 1812, il quale legalizzò il culto islamico. Grazie soprattutto al possente flusso migratorio, avviatosi sin dal Settecento e intensificatosi nel secondo dopoguerra, proveniente dalle (ex-)colonie (Pakistan e Bangladesh in primis), oggi si stima che il 4,6% della popolazione del Regno Unito sia musulmana (un dato inferiore al 6% belga o al 5,7% francese, ma nettamente superiore al 2,6% italiano o allo 0,2% portoghese; leggi). Le moschee sono più di 1500 (una ogni 1900 fedeli; in Italia sono 600, una ogni 2600 fedeli).

La convivenza tra questa grande comunità religiosa e la comunità LGBTQ* non è sempre semplice. Le tensioni non mancano, come dimostrano i problemi che da mesi stanno avendo luogo nelle municipalità londinesi subito a est della City, vale a dire Tower Hamlets e Hackney (iGC). Immerse in un clima crescente di intolleranza e violenza, impaurite e abituate a sentirsi bersaglio di attacchi ingiustificati, le due comunità hanno ingigantito e distorto, in chiave sensazionalista, i gesti irresponsabili di minoranze in realtà non rappresentative. Fare di tutta l’erba un fascio è stata la strategia adottata da tutti.

Quando sono comparsi per strada adesivi con la scritta “gay free zone“, alcuni attivisti LGBTQ* hanno denunciato una campagna d’odio ordita dalla moschea di Tower Hamlets e a nulla sono valse le smentite e le prese di distanza dei rappresentanti del luogo di culto; allo stesso modo, quando si è scoperto che tra gli organizzatori del Pride locale figurava anche un membro dell’English Defence League, gruppo violentemente islamofobo (iGC), la comunità musulmana ha pensato bene di bollare tutta la manifestazione come razzista. Per fortuna non sono mancati sporadici segnali positivi, come l’impegno della moschea a non ospitare più predicatori d’odio (iGC) e la consacrazione del piccolo Pride, tenutosi pochi giorni fa (iGC), alla lotta a tutti i pregiudizi, non solo a quelli basati sull’orientamento sessuale.

E’ difficile inquadrare il rapporto tra musulmani e LGBTQ* nel Regno Unito in modo schematico. Neppure i sondaggi, strumenti potenti per creare immagini semplicistiche della realtà, riescono a offrire un quadro univoco: se nel 2009 nessuno dei 500 musulmani britannici del campione Gallup si esprimeva a favore dell’omosessualità (leggi), a giugno di quest’anno i musulmani apparivano come la comunità religiosa più fiera, insieme ai sikh, dei diritti riconosciuti dal Regno alle persone LGBTQ* (i favorevoli erano il 47% dei musulmani, in un range che andava dal 38% dei presbiteriani al 50% dei sikh, passando, ad esempio, per il 45% dei cattolici e il 46% degli anglicani; leggi).

Anche ascoltando le storie personali raccontate da gay e lesbiche di cultura islamica è difficile dare una risposta definitiva alla domanda se la comunità musulmana britannica sia omofoba o, se non proprio gay-friendly, almeno tollerante. Quello che è certo è che sempre più persone LGBTQ* musulmane decidono di vivere apertamente la propria affettività e sessualità: Asif Qureshi di The Naz Project, un’associazione che si occupa di giovani omosessuali di origini asiatiche, stima che i coming out siano triplicati negli ultimi tre anni (leggi).

La reazione dei parenti di fronte all’omosessualità di un familiare cambia molto da caso a caso: c’è chi viene cacciato di casa, magari dopo violenze fisiche o verbali, c’è chi scopre in genitori e fratelli inaspettati alleati e, soprattutto, c’è chi deve affrontare una famiglia terrorizzata dalla possibilità di perdere l’onore davanti al resto della comunità etnico-religiosa. Per questo il più delle volte la famiglia cerca di mettere tutto a tacere, fa finta di nulla, organizza matrimoni combinati, cercando di convincere il parente omosessuale, in modo più o meno esplicito, a sposarsi comunque e ad avere una seconda vita omosessuale nascosta.

La mancata accettazione da parte della famiglia spinge molti giovani a tagliare tutte le radici con la cultura di appartenenza, abbandonando anche la religione e diventando atei. Altri, credendo che l’omosessualità sia condannata dall’Islam, vivono una religiosità altalenante, fatta di una pratica seguita in modo parziale e solo a periodi. Altri ancora, invece, sono convinti di poter conciliare perfettamente fede e omosessualità: non solo non bevono alcolici, pregano cinque volte al giorno e digiunano nel mese di Ramadan, ma chiedono anche di più, cioè un riconoscimento vero e proprio della loro affettività davanti al Dio.

Non è allora un caso se molti giovani LGBTQ* musulmani britannici studiano le sacre scritture e interrogano gli imam per riuscire a conciliare quello che dice loro il cuore (“Il Dio mi ama“) e quello che troppo spesso le istituzioni religiose ufficiali – non solo islamiche, a onor del vero – raccontano (“Il Dio ti odia“). In alcuni casi, invece di una netta condanna, si apre un dialogo fecondo, rispettoso, anche se non sempre si giunge ad un punto di incontro. Gli imam, comunque, a volte si dimostrano disponibili ad ascoltare, a capire, ad abbandonare un atteggiamento di censura teorica per abbracciare una posizione più pragmatica, aperta, accomodante (leggi). Alcuni arrivano perfino a celebrare matrimoni religiosi tra persone dello stesso sesso (leggi).

D’altra parte la comunità musulmana LGBTQ* nel Regno Unito sta acquistando, seppur lentamente, sempre più visibilità. Che il primo lord dichiaratamente gay sia stato un musulmano (iGC) può essere considerato un caso, ma la partecipazione di gruppi di omosessuali musulmani ai Pride (v. foto in alto) certamente non lo è. E a raccontare una vitalità positiva a Londra c’è anche Imaan (sito), un gruppo di supporto per musulmani LGBTQ* fondato nel 1998 dal pakistano Adnan Ali come costola inglese dell’associazione internazionale Al Fatiha.

Per concludere, non si può non ricordare come il Regno Unito sia la meta di molti omosessuali musulmani perseguitati nel proprio paese di origine. Purtroppo negli ultimi tempi molte domande di asilo politico sono state rigettate con motivazioni pretestuose o completamente assurde:

* * *

Amin, 31 anni, è nato a Londra da una famiglia iraniana e lavora per un canale tv. Vive in un piccolo monolocale in periferia con il suo compagno, Mohsen, di 23 anni.

“Siamo tra due fuochi: se sei omosessuale non ti considerano un bravo musulmano, se sei musulmano non ti considerano un bravo omosessuale. Ti guardano sempre con sospetto, perché hanno i loro schemi. Per loro o sei omosessuale o sei musulmano”.

Quindi sia la comunità musulmana sia quella LGBTQ* si dimostrano intolleranti?

“Io faccio un discorso in generale. Però sì, siamo considerati male da entrambe le comunità. La prima ci considera dei traditori, la seconda degli infiltrati”.

Hai parlato con qualche esponente della comunità musulmana della tua omosessualità?

“Sì, una volta con l’imam della moschea locale: mi ha detto che non sapeva cosa consigliarmi. Le moschee sono gestite da uomini della prima generazione di immigrati, non riescono a dare risposte a noi delle nuove generazioni e per evitare conflitti e novità non prendono mai posizioni né integraliste né progressiste”.

Sei dichiarato in famiglia?

“Sì, ma i miei genitori hanno sempre rifiutato di parlarne, vogliono che mi sposi. Non per tutti è così: i genitori del mio ragazzo hanno voluto conoscermi, ci aiutano finanziariamente”.

Come hai conosciuto il tuo ragazzo?

“Che storia complicata! Ci siamo conosciuti tre anni fa su un sito di incontri su Internet ed è stato un colpo di fulmine. Dopo qualche mese un amico comune l’ha scoperto in un locale a fare sesso con un altro. Io l’ho lasciato, lui mi ha detto che era solo sesso, che amava me. Dopo quasi due anni di corteggiamento mi ha riconquistato”.

E’ vero che molti gay musulmani vogliono il matrimonio religioso?

“Sì, è vero. Io ed il mio ragazzo ancora non abbiamo deciso. Ci stiamo pensando, ci stiamo documentando, siamo in contatto via Internet con un imam. Io non sono molto praticante, ma il mio ragazzo è molto credente e vorrebbe sposarmi con un matrimonio religioso“.

 

Pier
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2 Comments

  • Erica ha detto:

    ciao, grazie per avermelo postato in bacheca 🙂 stiamo tentando di risolvere con amicizia un caso di chiusura da parte di un ghanese al discorso benedizione delle coppie lgbt . Sabato pomeriggio mi confronterò con alcun* membri di chiesa ghanesi e la sera spero di poterne parlare in pace con due amic* del Varco anche per organizzare incontri, non scontri, con possibilità di aperture a discorsi di educazione sessuale oltre che solo sterilmente biblica.

  • Ahmed ha detto:

    Complimenti per l'articolo perché è descritti i problemi di convivenza tra "diversi" nel modo giusto, senza dare ragione e tutta la colpa a un altro. La grande difficoltà per noi è farci accettare gay musulmani in Occidente per sia la nostra fede sia la sessualità. Questo blog è un gran aiuto per tutti noi!

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