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Sono uno di fronte all’altro, eppure sono rispettivamente il paese più tollerante e quello meno tollerante del continente africano nei confronti delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali), almeno secondo una ricerca di afrobarometer.org: se il 74% della popolazione dell’arcipelago di Capo Verde dichiara di non aver aver nessun problema a convivere con persone con un’identità di genere o un orientamento sessuale diversi dai propri, questa percentuale precipita al 3% in Senegal. E proprio dal Senegal continuano ad arrivare drammatiche conferme di una violenta ondata anti-omosessuale che non dà segno di smorzarsi, mentre più a nord, in Marocco, l’aggressione, l’arresto e la condanna di due uomini che facevano sesso tra loro ha finalmente avuto una svolta positiva e potrebbe aver innescato un dibattito sociale favorevole alla depenalizzazione.

SENEGAL: UN’ONDATA DI AGGRESSIONI

Partiamo da Saly Carrefour, località sulla costa senegalese. E partiamo dal racconto di un camionista “vittima” di avance omosessuali: “La notte tra domenica e lunedì mi ha chiamato un ragazzo [a cui aveva dato un passaggio nei giorni precedenti; ndr]. Quando ho risposto, mi sembrava che all’altro capo del telefono ci fosse una donna. Con un filo di voce, mi ha detto: ‘Vieni a farmi compagnia, mi sento solo. Vieni a mangiare del dibi [carne arrostita di pecora; ndr], poi dormiamo insieme’. Sono andato con i miei amici. E quando sono arrivato lui è sceso con il rossetto sulle labbra, vestito di biancheria intima, con un’erezione. Gli abbiamo dato una lezione“. Il gruppo ha preso a pugni il giovane travestito, incurante delle sue grida di dolore, ma almeno gli ha risparmiato la denuncia alla polizia [senego.com].

L’episodio di Saly Carrefour arriva dopo le aggressioni per strada scatenate dallo sdegno contro un cantante apparso con una borsa giudicata troppo femminile [ilgrandecolibri.com] e dopo la devastazione dell’università Cheikh Anta Diop di Dakar nel corso di una caccia a un presunto gay [france24.com], solo per citare i casi più eclatanti degli ultimi mesi. Non sorprende, allora, che molti omosessuali senegalesi fuggano via. Alcuni si rifugiano in Marocco, come racconta lemonde.fr: Amadou, per esempio, è scappato dalle minacce di suo fratello e ora vive una vita di isolamento a Casablanca, con la paura di attacchi razzisti da parte dei marocchini e di attacchi omofobici da parte dei suoi connazionali. La speranza, per lui e per gli altri, è ottenere un giorno asilo negli USA o in Europa.

MAROCCO: LE PENE IN DISCUSSIONE

I gay senegalesi descrivono il Marocco come meno omofobico rispetto alla propria patria, ma anche nel paese nordafricano la situazione è tutt’altro che facile, come ha dimostrato l’assurda vicenda di Beni Mellal: un gruppo di uomini ha aggredito con estrema violenza due ragazzi sorpresi a fare sesso. La polizia ha arrestato tutti e il giudice di prima istanza ha emesso condanne più lievi agli assalitori che ai due amanti [ilgrandecolibri.com]. Ora, in appello, il tribunale ha confermato la colpevolezza dei due gay, condannandoli a 3 e 4 mesi di carcere per “atti sessuali contro natura“, ma concedendo a entrambi la condizionale e rimettendoli in libertà. Due aggressori sono stati condannati a 4 e 6 mesi, senza condizionale, altri due sono stati assolti e un quinto, minorenne, è ancora in attesa di giudizio [liberation.fr].

La vicenda è comunque servita per dare vita a un vivace dibattito sui diritti degli omosessuali: associazioni della società civile, organizzazioni non governative, artisti e persino l’Union Constitutionelle (Unione costituzionale, UC), partito liberalconservatore vicino al re, hanno chiesto di assolvere i due amanti, di infliggere una condanna esemplare agli aggressori e di abrogare l’articolo 489 del codice penale, che criminalizza i rapporti tra persone dello stesso sesso. Sui giornali sono stati pubblicati appelli affinché il governo “sanzioni severamente queste azioni barbariche” e approvi una “legge, da applicare veramente, che garantisca ai cittadini marocchini la propria libertà individuale” [lnt.ma]. Sono tutti semi di speranza, ma quanto ci vorrà prima che germogli la libertà?

Pier Cesare Notaro
©2016 Il Grande Colibrì

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