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Appena un mese fa la Suprema corte dell’India aveva reintrodotto nel codice penale il reato di “sesso contro natura” (da intendersi anche come sesso omosessuale) che era stato abrogato da un tribunale di Delhi (ilgrandecolibri.com). Lo scalpore suscitato dalla sentenza dell’alta corte era stato tale che persino il governo indiano – oltre agli attivisti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) – ha presentato un ricorso contro la decisione, probabilmente anche perché una revisione della sentenza non lo avrebbe costretto a prendere l’iniziativa parlamentare per riformare quel rimasuglio incancrenito della legislazione coloniale britannica, il paragrafo 377, che prevede appunto la criminalizzazione dell’omosessualità. Comunque sia, il ricorso del governo è stato rigettato insieme alle petizioni e agli appelli degli attivisti indiani e di tutto il mondo: la corte ha affermato che non ci sono ragioni per non applicare la legge e ha ribadito che esiste il percorso parlamentare per abolirla o cambiarla, qualora ve ne sia necessità e maggioranza di voti (netindian.in).

In realtà, come fa notare l’organizzazione non governativa Naz Foundation, motivi per modificare questa norma ce ne sarebbero a iosa, a cominciare dal fatto che viene violato il diritto alla salute di chi fa sesso con persone dello stesso genere, privandolo di servizi a cominciare da tutti quelli che sono offerti per la prevenzione e il trattamento dell’AIDS (indiatimes.com).

Sempre in Asia, sia pure a 4mila chilometri di distanza, il Sultanato del Brunei ha appena adottato un nuovo codice penale che entrerà in vigore il prossimo aprile e che preoccupa gli osservatori internazionali perché apre le porte a consistenti e diffuse violazioni dei diritti umani. Tra le norme ispirate ad un’interpretazione oscurantista della sharia, c’è la punizione dell’adulterio, delle relazioni extraconiugali e dei rapporti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e come ciliegina sulla torta si reintroduce la pena di morte, dopo diversi anni di moratoria che sembrava aver dato buoni risultati.

La Commissione internazionale dei giuristi ritiene che il nuovo codice violi le norme internazionali relativamente ai diritti umani, dato che, oltre alla pena capitale, sono previsti altri trattamenti inumani o degradanti e la tortura (radioaustralia.com). La beffa è che il nome ufficiale del sultanato suona come “Dimora della Pace”, che però, evidentemente, per qualcuno si vuole eterna.

Se l’Asia, come l’Africa centrale nei giorni scorsi (ilgrandecolibri.com), mette in ansia gli attivisti di tutto il mondo, l’Europa non smette di maturare, malgrado i rigurgiti fascisti che animano la Francia anti-egualitaria (ilgrandecolibri.com) e svariati episodi di razzismi, dei più diversi, in numerosi stati dell’Unione e non. Non c’è più una zona del vecchio continente, infatti, dove ormai non sia legittimo fare sesso con una persona del proprio genere, dato che anche la regione turca di Cipro ha decriminalizzato il rapporto consenziente gay, punito, prima dell’abrogazione della legge, con una pena fino a cinque anni di carcere.

La modifica della norma si deve in parte alle pressioni esercitate dal parlamento inglese, ma principalmente alla ONG inglese Human Dignity Trust, che aveva portato la situazione turco-cipriota all’attenzione della Corte dei diritti umani di Strasburgo (euronews.com).

Ma anche dalla stessa Africa alcuni segnali fanno ben sperare. Al di là della proposta di decriminalizzazione generalizzata (o comunque di non punizione) del sesso gay lanciata dall’ex presidente del Mozambico Joaquim Chissano (ilgrandecolibri.com), del buono si può leggere anche nella nuova costituzione tunisina che, se è vero che non abroga il reato di omosessualità, introduce grandi cambiamenti (dalla parità tra uomo e donna a maggiori diritti) che lasciano ben sperare (ilgrandecolibri.com).

Come osserva Mohamed Ridha Bouguerra, la nuova costituzione “non soddisferà totalmente nessun partito e nessuna corrente politica. Saranno rari, tuttavia, coloro che oseranno ricusarla interamente, dal momento che stabilisce innegabili avanzamenti per i diritti e le libertà. Il risultato finale è, tutto sommato, storico e non dovrebbe essere in alcun modo disprezzato” (kapitalis.com).

 

Michele
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