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La censura è totale: il Kenya Film Classification Board (KFCB) ha stabilito che nel paese africano sarà perseguita dalla legge ogni persona che proietterà, distribuirà o possederà una copia del documentario “I am Samuel” (Sono Samuel) del regista Peter Murimi. Il documentario segue la vicenda di Samuel, un giovane cristiano omosessuale, la sua storia d’amore con il suo compagno Alex, i suoi rapporti tormentati con il padre che non lo accetta, lo disconosce e potrebbe persino pagare qualcuno per “dare una lezione” al figlio. La scena che ha suscitato più scandalo è quella finale, in cui i due innamorati, nell’intimità della loro casa, si giurano amore eterno davanti a Dio.

Ed è proprio contro questo passaggio, giudicato addirittura “blasfemo“, che il direttore del KFCB, Christopher Wambua, usa le parole più pesanti: “Quest’opera umilia la cristianità: nel film due uomini gay pretendono di celebrare un matrimonio religioso e invocano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo“. In ogni caso, secondo Wambua semplicemente parlare di una storia d’amore omosessuale “è inaccettabile, è un affronto alla nostra cultura e alla nostra identità“.

In difesa del film

La censura non ha sorpreso Peter Murimi, anche se la ritiene ingiusta: “Il film è pieno di sfumature, è molto bilanciato: è la storia di una famiglia che affronta il problema di avere un figlio gay“. È un giudizio condiviso da Wanuri Kahiu, la regista di “Rafiki”, lungometraggio keniano su una storia d’amore lesbico che aveva subito la stessa sorte di “I am Samuel” nel 2018. La cineasta ha twittato: “La libertà di espressione è esattamente questo: libertà. Scegliere di guardare o non guardare. Per consentire alle persone di vivere, amare, respirare senza interferenze. La negazione o il tentativo di cancellare le persone non ha posto in un paese il cui motto nazionale è ‘Pace, amore e unità’“.

Come ha ricordato il produttore di “I am Samuel”, Toni Kamau, “le leggi criminalizzano una comunità importante che è parte integrante del Kenya, provocando tanta sofferenza“. Il codice penale del paese africano, infatti, ha mantenuto il reato di “sodomia” introdotto dal colonialismo britannico: i rapporti omosessuali sono puniti con 14 anni di carcere. E la norma viene difesa dai più importanti esponenti delle principali religioni del paese, anche se aumentano i leader sia cristiani sia musulmani che si impegnano per contrastare l’omobitransfobia.

Pier Cesare Notaro 
©2021 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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Pier Cesare Notaro: “Antifascista, attivista per i diritti delle persone LGBTQIA e delle persone migranti, dottore di ricerca in scienze politiche, mi sono interessato da subito ai temi dell’intersezionalità” > leggi tutti i suoi articoli

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