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Nei video, girati in una camera d’albergo forse da una webcam nascosta, due uomini sono seduti sul letto, nudi. Si accarezzano, si coccolano. Il più giovane succhia l’altro. L’atmosfera è tranquilla, persino tenera. A vedere la scena non si immaginerebbe mai che in Malesia queste immagini sono al centro di un intrigo degno di un film. E invece è proprio così, perché uno dei due uomini assomiglierebbe a un ministro. Il suo nome è ancora taciuto da molti media locali, anche se è un segreto di Pulcinella: sui social e nei forum, dove i video sono diventati virali, tutti sanno che si sta parlando di Mohamed Azmin Ali, il ministro socialdemocratico dell’economia.

Il politico alla fine ha dovuto arrendersi e ha smentito pubblicamente di essere uno dei protagonisti dei video pornografici. È intervenuta anche la sua famiglia, dalla moglie ai figli, per sostenerlo e denunciare una campagna d’odio. Ma su internet il pubblico resta diviso: gli elettori di destra sono sicuri che nel video si veda proprio il ministro, nonostante le immagini siano molto sfocate e l’illuminazione sia scarsa, mentre i sostenitori del governo di centrosinistra non hanno dubbi sul fatto che sia l’ennesima macchinazione dei conservatori.

Macchinazioni e omofobia

La seconda ipotesi è apparsa subito tutt’altro che complottista a chi conosce la storia della Pertubuhan Kebangsaan Melayu Bersatu (Organizzazione nazionale dei malesi uniti; PEKEMBAR): questo partito di destra ha guidato la Malesia dall’indipendenza nel 1959 fino al 2018. E ha continuamente cercato di annientare politicamente il leader dell’opposizione, Anwar Ibrahim, con accuse di sodomia che hanno portato a una sua condanna a 5 anni di carcere nel 2015.

Come spiega James Chin, esperto di Asia dell’Università della Tasmania, “è una tattica di diffamazione ben nota tra i politici malesi: se i partiti vogliono davvero fare danni, potete scommettere che parleranno di uomini che fanno sesso con altri uomini“.

Tenendo conto di questo contesto, è sembrato tutto tranne un caso il fatto che i video siano finiti in mano a un importante politico della PEKEMBAR, Lokman Noor Adam, che è corso subito a presentare denuncia alla polizia (i rapporti omosessuali in Malesia sono considerati reato e sono puniti con il carcere fino a 20 anni e con la fustigazione). L’esponente di destra ha anche accusato il ministro Azmin Ali di un caso di corruzione da quasi 750mila dollari (circa 650mila euro), per il quale ha presentato anche alcune presunte prove.

ringgit malesi

Una strana confessione

Eppure le cose sono diventate ancora più complicate quando, con un clamoroso colpo di scena, Muhammad Haziq Abdul Aziz, assistente del vice-ministro all’industria Shamsul Iskandar Mohd Akin, ha pubblicato online una video-confessione in cui ammette di essere lui l’uomo a letto con il ministro nel video e lancia un appello alla Commissione malese contro la corruzione affinché indaghi sui documenti presentati da Azmin Ali.

Risulta ancora del tutto oscuro il motivo per cui, senza essere stato mai nominato, Haziq abbia deciso di esporsi così pubblicamente alla disapprovazione generale, oltre che al rischio di una condanna penale pesantissima. E poi perché in questa confessione parla del caso di corruzione, che con l’incontro sessuale sembrerebbe non avere nulla a che fare?

Braccio di ferro politico

Per capire qualcosa in più, conviene forse avere un quadro più chiaro della situazione politica in Malesia e fare un passo indietro nel tempo. Nel 2018, come abbiamo già visto, Anwar Ibrahim, leader dell’opposizione e presidente del Parti Keadilan Rakyat (Partito della giustizia popolare; PKR), non può partecipare alle elezioni perché è in prigione per una condanna per sodomia (era già stato in carcere per lo stesso motivo da 1999 al 2004). L’opposizione, riunita nella coalizione Pakatan Harapan (Alleanza della speranza), sceglie come proprio candidato premier Mahathir Mohamad, un fuoriuscito della PEKEMBAR che nel frattempo ha fondato un nuovo partito.

Il mandato politico di Mahathir Mohamad è chiaro e si basa sulla sua promessa di far concedere la grazia ad Anwar Ibrahim e a cedergli dopo due anni la guida del governo. La grazia è arrivata subito, ma più si avvicina il 2020 e più le tensioni sotterranee nella maggioranza sembrano intensificarsi: a quanto pare, l’attuale primo ministro non avrebbe più molta voglia di cedere la poltrona.

malesia lgbt

Vittima di fuoco amico?

Il PKR, secondo molte voci, sarebbe sempre più diviso tra i sostenitori di Anwar e una fazione contraria al leader. E Mahathir Mohamad starebbe facendo di tutto per rafforzare questa seconda fazione, in modo da indebolire Anwar ed evitare che gli soffi il posto di premier. In tutto questo quadro intricato, gli amici di Muhammad Haziq Abdul Aziz, l’assistente che ha confessato il “misfatto”, sono unanimi nel giurare che costui non sia gay, ma si dividono tra chi ricorda che in passato sosteneva la destra e chi lo descrive come un acceso sostenitore di Anwar. Il ministro Mohamed Azmin Ali, invece, pur essendo del PKR, sarebbe in freddo con il suo leader.

E allora tutta la vicenda potrebbe assumere contorti ancora più sorprendenti. La PEKEMBAR forse sta cercando di assassinare politicamente Mohamed Azmin Ali, o forse è stata solo il burattino usato per una vendetta interna al PKR per indebolire il primo ministro di un governo sostenuto dallo stesso PKR. Se il quadro è già intricatissimo, un’ipotesi lo rende ancora più assurdo: a cercare di eliminare politicamente con accuse di sodomia Mohamed Azmin Ali potrebbe essere stato Anwar Ibrahim, che altri avevano cercato di eliminare politicamente con le stesse accuse.

Politici omofobi

Le condanne per sodomia contro Anwar Ibrahim, infatti, non hanno mai reso la sua fazione politica favorevole ai diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali): il PKR si è sempre limitato a dire che le accuse erano infondate, senza mai prendere posizione sull’ingiustizia di finire in carcere per dei rapporti sessuali tra adulti consenzienti.

E infatti in Malesia non c’è nessuna seria discussione per la decriminalizzazione dell’omosessualità. Al contrario, maggioranza e opposizione continuano ad additare gli omosessuali come capro espiatorio. Una tecnica che provoca sempre più spesso l’insofferenza di una società che, invece, sta diventando sempre più aperta: l’incredibile intrigo di questi ultimi giorni potrebbe essere la goccia che farà traboccare il vaso?

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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