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Il gruppo di teatro. L’attività di volontariato. Il laboratorio di pittura. La gita in montagna. Gli annuari scolastici dovrebbero essere pieni di tutto quello che dà fierezza a un istituto. E così una scuola superiore di Kota Kinabalu, capitale dello stato federato malese di Sabah, ha pubblicato una pagina con il “programma di consapevolezza sul genere per ragazzi rammolliti” (eufemismo per “froci“, parola usata nella presentazione dell’attività), con la foto di 8 ragazzini (facilitatori, non partecipanti al programma, si è affrettata a precisare la preside quando è scoppiato lo scandalo).

Come spiega la presentazione, il laboratorio, che ha coinvolto 15 “ragazzi rammolliti” in incontri di gruppo e individuali, ha cercato di “mettere le cose in chiaro“, di farli rendere conto della propria “debolezza“, di migliorare la loro autostima di maschi e, in sostanza, di farli ribellare al fatto di “considerarsi froci“.

Condanna generale

Per fortuna la Malesia, un paese abituato ad affrontare un’omofobia persino più grossolana che altrove, si è ribellata. La parlamentare femminista Maria Chin Abdullah non ha usato mezze parole: “È chiaramente un programma di terapia riparativa dell’omosessualità che cerca di rafforzare idee intolleranti, scorrette e obsolete sul genere e sull’orientamento sessuale“. Ma la condanna ha accomunato anche molti attivisti per i diritti umani e tantissimi utenti dei social network.

L’indignazione generale ha spinto le autorità scolastiche a scusarsi per aver pubblicato la pagina nell’annuario. Sì, solo per aver pubblicato la pagina. Nessuna scusa è arrivata per aver immaginato e portato avanti un programma così offensivo e dannoso: ci si deve accontentare della precisazione che l’attività non è stata riproposta quest’anno.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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