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Anche le persone non binarie, che non si identificano né come uomini né come donne, hanno diritto alla protezione internazionale, se nel paese d’origine sono perseguitate per la loro identità di genere: la decisione rientra perfettamente in quanto previsto dalle norme internazionali sul diritto d’asilo, ma i giudici troppo spesso decidono altrimenti e quindi è importante la sentenza con cui il Tribunale superiore (la massima corte amministrativa del Regno Unito) ha dato ragione a una persona non binaria proveniente dal Salvador.

Diritti violati

M. aveva fatto richiesta di protezione in quanto uomo gay e aveva subito un rigetto. Poi aveva fatto appello, spiegando che nel frattempo, vivendo nel Regno Unito, aveva scoperto di avere un’identità non binaria, ma anche il secondo processo si era concluso con una risposta negativa: per i giudici la sua condizione comporterebbe una semplice discriminazione nel Salvador e non una vera propria persecuzione. Poco importava che M. avesse subito un pestaggio da parte della polizia solo perché aveva i capelli tinti di biondo e che ogni giorno avesse ricevuto insulti e lanci di spazzatura, compreso un sacchetto riempito di urina.

Per il Tribunale superiore un attacco da parte delle forze dell’ordine a causa della propria identità costituisce già una dimostrazione di persecuzione. E anche gli attacchi di minore portata diventano una grave violazione dei diritti umani se si ripetono ogni giorno. La scoperta della propria identità non binaria, inoltre, rafforza la richiesta di M., scrive la giudice del Tribunale superiore: “L’appellante ha lasciato il Salvador perché non poteva sopportare il trattamento che subiva lì. Ora che ritiene di essere molto più vulnerabile agli attacchi, mi sembra probabile che si sentirebbe in obbligo di modificare il proprio comportamento, compreso l’attivismo politico e sociale, per vivere in modo ‘discreto’“. E questo ovviamente non è accettabile.

uomo nascosto immerso acquaSentenze assurde

La sentenza del Tribunale superiore punta il dito anche sull’incapacità dei giudici di livello inferiore di capire la condizione di una persona non binaria. Nonostante la presenza di una relazione dettagliata di uno psicoterapeuta, la sentenza del secondo rigetto liquida il non binarismo di genere come una questione di “aspetto, stile di abbigliamento, capelli tinti“.

La giudice del Tribunale superiore usa parole molto dure anche sui passaggi logici utilizzati dai colleghi di rango inferiore. In particolare le sentenze precedenti riconoscono che ci sono ampie prove del fatto che le minoranze sessuali in Salvador sono nel mirino della polizia e delle gang criminali e rischiano violenze fisiche e sessuali, ma poi sostengono che proprio questo dimostrerebbe che non sono a rischio di persecuzione nel paese. “Non riesco a capire come quelle prove possano logicamente sostenere quella conclusione” scrive il Tribunale superiore. Purtroppo assurdità simili si trovano in molti rigetti di domande d’asilo anche in Italia.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì / elaborazioni da pxfuel (CC0)

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