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Come vivono i detenuti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) nelle carceri della Giamaica? Se non ci si poteva aspettare una risposta rassicurante, il quadro che dipinge Carla Moore, ricercatrice dell’Università delle Indie Occidentali (ateneo che riunisce diversi paesi caraibici di lingua inglese), è agghiacciante.

Stupri e isolamento

La situazione peggiore è quella vissuta dalle detenute lesbiche, spiega Moore:Quello che le lesbiche devono affrontare è qualcosa che spesso preferiamo ignorare: gli stupri ‘correttivi’. Questi sono piuttosto diffusi in Giamaica, dove le persone credono che, se si violenta una lesbica, la si fa diventare eterosessuale“. In questo modo l’esperienza carceraria perde qualsiasi presunta capacità rieducativa e diventa solo un inferno di violenza.

Per gli uomini omosessuali finiti in prigione, invece, il problema principale è l’isolamento: “A causa del livello di omofobia e transfobia – spiega Moore – gli altri detenuti non toccano qualcosa che pensano sia stata toccata da un detenuto gay. Non si siedono neppure su una sedia se pensano che sia stata usata da un detenuto gay“. Un isolamento sociale così estremo diventa ancor più drammatico in ambienti sovraffollati, come il Tower Street Adult Correctional Centre (Centro di correzione per adulti di Tower Street) della capitale Kingston, costruito per 650 detenuti e che ne ospita invece 1800, di cui ben 300 LGBTQIA.

Segni di speranza?

Tuttavia Moore apre anche alla speranza. Nonostante le violazioni quotidiane dei diritti delle minoranze sessuali, dentro e fuori le carceri, secondo la ricercatrice il lavoro delle associazioni arcobaleno e delle organizzazioni per i diritti umani sta dando frutto, generando sempre più tolleranza: “C’è stato un periodo in cui per le persone LGBT era assolutamente impossibile pensare anche solo di poter esistere, mentre ora la gente è più disposta ad accettarle“. La strada appare però ancora molto lunga e molto dolorosa.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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