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“Il ruolo primario del tribunale è la protezione dell’individuo e delle sue libertà personali all’interno della comunità dove esercita i suoi diritti e doveri senza alcuna discriminazione tra un cittadino e l’altro”: queste parole sono l’inizio della sentenza storica del giudice libanese Rabih Maalouf incaricato del caso di arresto il 7 agosto 2015 di 9 persone omosessuali (due lesbiche e sette uomini gay), accusate di atti sessuali contro natura e prostituzione.

Il giudice del distretto amministrativo di Metn, a Beirut, si è opposto alle solite interpretazioni dell’articolo 534 del codice penale libanese, usato per perseguitare e condannare le persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e transgender), e ha dichiarato apertamente l’incostituzionalità dell’atteggiamento giuridico adottato fino ad ora nei confronti dei cittadini omosessuali.

La sentenza del 26 gennaio scorso, a favore degli imputati, trova il suo fondamento nell’articolo 183 del codice penale libanese, secondo cui “l’atto commesso durante l’esercizio di un diritto non è reato se non risulta abusivo”, come scrive Rabih Maalouf. Per sostenere la sua decisione, il giudice ha interpretato l’articolo 183 in quattro pagine, spiegando le basi sulle quali ha espresso il proprio giudizio scagionando per la primissima volta gli imputati dal reato di omosessualità.

Nell’analisi che ha proposto si è appoggiato inizialmente al principio di uguaglianza tra i cittadini di una società democratica che garantisce il godimento dei totali diritti e libertà personali in quanto esseri umani, senza nessuna discriminazione basata su un orientamento sessuale diverso da quello condiviso dalla maggioranza della comunità circostante. In secondo luogo, il giudice ha citato come fonte l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che non considera più l’omosessualità né un disturbo né una malattia da curare [The Legal Agenda].

La lotta per l’abolizione dell’articolo 534 del codice penale libanese ha fatto molta strada: basta ricordarsi del primo passo che ha fatto nel lontano 2002 con l’incontro organizzato dall’associazione Hurriyat Khassa (Libertà personali) che aveva proposto di revisionare l’articolo. Successivamente, la prima interpretazione di quest’articolo che sostiene l’assenza di una specifica condanna dell’omosessualità fu emessa nel 2009 dal giudice del distretto di Batrun (Tripoli), poi citata per la scarcerazione di due uomini sorpresi durante un rapporto orale in una sentenza del 2013 che non aveva considerato il sesso orale un “rapporto contro natura”” perché non presente né previsto dall’articolo 534.

L’associazione Helem ha sempre difeso i diritti delle persone LGBTQI e ha organizzato manifestazioni in tutto il paese sin dalla sua nascita nel 2004 a Beirut. Dopo più di un decennio di battaglie legali, il Libano può affermare di essere finalmente il primo paese arabo dove si ottiene il riconoscimento del diritto di amare indipendentemente dall’orientamento sessuale della persona.

Lyas
©2017 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Marcelo Chagas (CC0)

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