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La possibile rielezione di Barack Obama avverrà forse anche grazie alla comunità LGBTQ* che ha probabilmente beneficiato più di altre delle numerose promesse elettorali (per il resto poco mantenute) di quattro anni fa. L’ultimo atto (per ora) è l’appoggio ad un protocollo anti bullismo per le scuole americane che dovrebbe bandire la discriminazione per orientamento sessuale o identità di genere degli studenti (On Top Magazine). Ma una notevole serie di piccole riforme costella il quadriennio presidenziale del leader democratico: naturalmente poche cose sono davvero epocali, ma vedere in fila 42 tra atti legislativi, riconoscimenti simbolici e semplici incontri alla Casa Bianca (ma mai fino alla presidenza Obama i rappresentanti del Pride erano stati ricevuti nella dimora presidenziale) è comunque abbastanza impressionante (Democrats).

Se sono però stati superati il “Don’t ask, don’t tell” e le discriminazioni ospedaliere e di assistenza per le coppie omosessuali, è pur vero che ancora molto resta da fare, se solo sette stati americani riconoscono ad oggi il matrimonio per persone dello stesso sesso. Il New Jersey avrebbe potuto essere l’ottavo, se il Governatore Chris Christie avesse avuto più coraggio e non avesse valutato come rischiosa per la rielezione una firma in calce al decreto che gli è stato presentato (Il grande colibrì). Ma lui e Obama, che secondo le stesse dichiarazioni del Governatore “la pensano allo stesso modo sul matrimonio omosessuale“, sarebbero troppo calcolatori secondo Jonathan Capehart, notista politico del Washington Post.

La stessa sorte tocca in questi giorni all’Employment Non-Discrimination Act, che vieta le discriminazioni sul luogo di lavoro per orientamento sessuale reale o percepito e per identità di genere, approvato dal Congresso ma non ratificato dall’amministrazione democratica, certo per paura delle possibili conseguenze elettorali, stimate evidentemente dai sondaggisti come negative (Il grande colibrì).

Tuttavia gli atti simbolici, che sono certamente più spendibili mediaticamente senza incrementare la platea degli scontenti, continuano: e dopo gli atti e gli interventi elencati dai sostenitori della rielezione di Obama, arriva anche la visita al Museo americano della Shoa in cui il presidente ha esplicitamente commemorato lo sterminio degli omosessuali da parte dei nazisti, ricordando le circa centomila vittime dal triangolo rosa che secondo le stime si affiancano ai sei milioni di ebrei, agli zingari, ai disabili ed agli oppositori politici del regime (PinkNews).

E con le parole l’amministrazione americana è stata decisamente prodiga anche in campo internazionale, quando nello scorso dicembre il Segretario di Stato Hillary Clinton ha pronunciato a Ginevra un discorso in favore dei diritti omosessuali durante la riunione dell’organismo per i diritti umani delle Nazioni Unite (Il grande colibrì), sebbene – come ha ricordato la stessa Clinton nei giorni scorsi (Fox News Detroit) – il dialogo con molte nazioni che negano i diritti ai gay risulti spesso surreale perché non è un comune sentire l’accettare i diritti per le minoranze sessuali come diritti umani.

E sebbene, forse, il risultato della politica statunitense nei paesi terzomondisti, dagli interventi armati a queste ultime dichiarazioni di principio, finiscano col danneggiare (con la pesante complicità di gruppi cristiani omofobi americani: Il grande colibrì) la situazione delle persone LGBT, in particolare in molti paesi africani (American Prospect), come ribadito ancora l’altrieri dal presidente del Gambia Yaya Jammeh (Uganda Pricks).

Ma inaspettatamente i diritti omosessuali non sono solo patrimonio democratico: offuscato dall’omofobo Rick Sanctorum e dal prudente Mitt Romney, tra i candidati a sfidare Obama c’è anche Fred Karger, dichiaratamente a favore delle nozze gay e autore di un folcloristico filmato di propaganda in stile “Gay Baywatch” (YouTube).

 

Michele
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