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L’omofobia non è mai sinonimo di intelligenza, ma a volte assume connotazioni particolarmente assurde. Lo dimostrano, per esempio, tre vicende avvenute negli ultimi giorni in tre stati africani che si affacciano sul Golfo della Guinea, che in questo articolo percorreremo da sud a nord, partendo dal Gabon, passando per il Camerun e arrivando in Nigeria. A volte ci sarebbe quasi da ridere, se non si trattasse di fatti che possono avere conseguenze tragiche e alimentare un clima di odio pesantissimo.

Gambe scandalose

Moanda è un importante centro minerario del Gabon sud-orientale. Qui abita Isly, un ventenne che alcuni conoscono meglio con il nome di Chun Li, come il primo personaggio femminile mai apparso in un videogame picchiaduro. Con Chun Li il ragazzo gabonese a prima vista ha poco a che fare: lei è cinese, lui africano; lei è muscolosa, lui no; lei ha lunghe trecce castane, lui capelli corti tinti di biondo. Ma ci sono due cose che li accomunano: il coraggio e il piacere di mostrare le proprie splendide gambe. A opporli completamente è invece il destino: lei mette in prigione i malviventi, lui in prigione ci è finito.

Ma Isly non è un malvivente. A metterlo nei guai sono state le gambe, troppo belle per nasconderle: come poteva non valorizzarle con delle calze a rete nere, una passeggiata per le strade del paese e una foto da postare online? Il ragazzo è così finito in detenzione preventiva per “offesa al pudore“, con l’accusa di “aver esposto impudicamente foto che mostrano il suo orientamento sessuale“. Visto che che per fortuna in Gabon l’omosessualità non è reato, sembra che vogliano rendere reato la favolosità.

E chissà le prese in giro, le offese, le umiliazioni che i gabonesi riserveranno a Isly, vero? Beh, no. Se non tutti si sono innamorati delle gambe velate del giovane, in tanti si sono almeno resi conto che oltre le gambe c’è di più. E così sui social network è tutto un coro di “Se è gay, sono solo fatti suoi“, “Bisogna rispettare i diritti di questo ragazzo“, “Ognuno sceglie [sic!] l’orientamento sessuale che vuole“. E chi non lo difende direttamente, se la prende comunque con polizia e giornali: le accuse di voler distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali arrivano una dopo l’altra. C’è da invidiare il Gabon…

Omofobi paradossali

L’omosessualità (“tendenza a provare attrazione sessuale per le persone dello stesso sesso“), insieme a stupro, pedofilia, zoofilia e incesto, ma anche sodomia, fellatio e cunnilingus, sarebbe una delle “pratiche sessuali devianti” che “assumono proporzioni inquietanti nelle nostre città e nei nostri villaggi. I motivi addotti dagli studiosi sono numerosi: la ricerca del piacere, le pratiche occulte, la ricchezza…“. La foto di una donna vestita di tutto punto che accarezza un cervo è accompagnata dalla didascalia: “Un esempio di zoofilia“.

Testo e immagine appaiono in Camerun in un manuale per la seconda media, “L’excellence en sciences”, nella sezione di “educazione alla salute” – perché “queste pratiche hanno conseguenze gravi sulla salute e, sul piano penale, sono condannate dalla legge, soprattutto l’omosessualità“.

I quattro autori del libro devono essere stati fieri della loro pagina di educazione all’omofobia e chissà quanto saranno rimasti sorpresi quando, a inizio anno scolastico, è scoppiata la bufera: le associazioni dei consumatori e molti genitori hanno protestato contro il libro, accusandolo di indecenza e di “promuovere la pornografia. Dopo quasi tre mesi di polemiche, le autorità hanno deciso di ritirare il manuale dal commercio e di costringere l’editore a ristamparlo senza tutto il modulo dedicato alla salute riproduttiva.  Paradosso fortunato: i super-bigotti hanno cancellato i danni prodotti dai bigotti.

Telefonia e omofobia

Ok: Radio Kiss Kiss ha usato una donna con le gambe aperte per pubblicizzare le sue trasmissioni e dopo la “scena glamour” di uno stupro collettivo scelta da Dolce e Gabbana per vendere i loro vestiti forse non dovremmo stupirci più di nulla. E invece fa comunque un certo effetto l’immenso cartellone pubblicitario apparso a Port Harcourt, in Nigeria, e firmato dal produttore cinese di smartphone Infinix: la foto di un bacio tra due donne e la scritta a caratteri cubitali “Di’ no al lesbismo, all’omosessualità e all’abuso di droghe“. Il collegamento tra cellulari e omofobia resta un mistero.

Comunque la fotografia del cartellone (che è stato presente per strada per mesi interi) è arrivata a un attivista britannico, Colin Coward, che ha chiesto pubblicamente spiegazioni all’azienda. E l’azienda ha risposto di non saperne nulla, che c’è stato un “uso non autorizzato del logo” e che a lei interessa solo costruire smartphone. Ora partirà la caccia al misterioso benefattore che regala pubblicità idiote alle multinazionali?

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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