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La Russia non si accontenta più di discriminare i suoi cittadini omosessuali e transessuali né di essere un esempio di omofobia per tutto l’est europeo (Il grande colibrì): ora vuole proporsi come la superpotenza dell’odio contro le persone LGBTQ*. Ovviamente il governo di Mosca nega l’evidenza e arriva persino a sostenere, con Aleksandr Stradze, ministro dell’Educazione e della Scienza, che la federazione russa rispetti la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e che non operi alcuna discriminazione nei confronti di lesbiche, gay e trans. Evidentemente impedire la libera espressione di chi non è eterosessuale, perseguendo penalmente la fantomatica “promozione dell’omosessualità” e proibendo la celebrazione del Gay Pride per i prossimi cento anni, è solo un dispettuccio…

Ma veniamo all’azione internazionale di Mosca negli ultimi giorni, con due risoluzioni di grande importanza, quella bocciata al Consiglio d’Europa e soprattutto quella approvata, senza che in Italia nessuno sembri essersene accorto, dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

Pochi giorni fa i ministri della gioventù europei si sono riuniti a San Pietroburgo, ormai città simbolo della repressione omofobica russa, per una conferenza del Consiglio d’Europa. Prima dell’approvazione della risoluzione finale, i ministri svedese e fiammingo hanno tentato un blitz, chiedendo di inserire un articolo a favore del rispetto dei diritti delle minoranze sessuali. I rappresentanti di Mosca hanno quindi deciso, per la prima volta nella storia della conferenza, di porre il proprio veto sulla risoluzione, senza fornire nessuna giustificazione ufficiale. Senza dubbio c’è stata irritazione per una proposta avanzata senza preavviso, mentre l’ipotesi omofobica la Russia non la vuole neppure sentir nominare: Stradze ha spiegato ufficiosamente su Twitter che il problema sarebbe legato a diverse priorità… qualsiasi cosa voglia dire (Pravda).

Peccato che, pochi giorni prima, il 21 settembre, proprio la Russia aveva raccolto il sostegno di numerosi paesi africani e arabi a favore di una risoluzione da presentare al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite dal titolo eloquente: “Promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali attraverso una migliore comprensione dei valori tradizionali dell’umanità“. La sostanza del documento è semplice: i diritti umani dovrebbero essere interpretati alla luce delle tradizioni culturali. Gli esperti hanno subito denunciato il paradosso (ISHR): si relativizzano i diritti universali, aprendo la strada alla loro violazione. In che senso? Anche qui la Russia fa scuola: sono proprio i valori tradizionali che Mosca sta continuamente invocando per perseguitare femministe e attivisti omosessuali in patria…

Nonostante la forte opposizione di alcuni paesi (in primis Norvegia, Austria e Stati Uniti), la risoluzione è stata approvata il 27 settembre con 25 voti a favore: a seguire la Russia sono stati, oltre a molti stati africani e arabi, colossi come Cina e India. Un voto favorevole è arrivato anche da Cuba, che pure sta cercando di accreditarsi come un’isola gay-friendly. A esprimersi contro la risoluzione sono stati solo 15 stati, tutti quelli facenti parte dell’Unione Europea più Stati Uniti, Messico, Costa Rica e gli africani Mauritius e Botswana. Sorprendenti le sette astensioni, in cui figura mezza America latina (ARC International). Nella cartina mostriamo in rosso gli stati che hanno votato a favore della risoluzione, in verde quelli che hanno votato contro e in giallo gli astenuti.

Voto all'ONU: diritti umani in base ai valori tradizionali?

Di fronte a votazioni come questa si sgonfia l’entusiasmo per le prese di posizione a favore della depenalizzazione universale dell’omosessualità assunte davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite prima dal presidente francese François Hollande (Reuters) e poi dal premier belga Elio Di Rupo, il primo capo di governo al mondo dichiaratamente gay, che ha dichiarato: “Nel mio paese il matrimonio e le adozioni sono aperti alle coppie dello stesso sesso: è un motivo di orgoglio per il Belgio” (Le Vif).Rispetto ai due leader europei, la maggioranza degli stati del pianeta sembra più vicina a quanto affermato alla CNN dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, anche lui a New York per l’assemblea dell’ONU: “Se un gruppo riconosce come legittimo un comportamento brutto o un’azione brutta, non potete pretendere lo stesso riconoscimento da altri paesi o altri gruppi“.

E pensare che, dopo il voto del Consiglio per i diritti umani dell’ONU del giugno 2011 (ll grande colibrì), sembrava che la comunità internazionale potesse iniziare timidamente a sostenere i diritti fondamentali di tutti, indipendentemente da orientamento sessuale e identità di genere. E invece ora le nazioni si dimostrano tutt’altro che unite nella difesa della vita e della dignità delle persone LGBTQ*. E, anzi, il fronte omofobico internazionale appare sempre più agguerrito…

Pier
©2012 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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