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La polizia di Bangkok, la capitale della Thailandia, ha arrestato 62 uomini che partecipavano a un sex party in una grande sauna della città, violando le norme anti-COVID: è la più grande retata compiuta dall’inizio della pandemia. Gli organizzatori della festa e tutti i partecipanti sono accusati di aver violato le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria e rischiano una condanna fino a due anni di carcere e una multa di 4omila baht (più di mille euro, quasi tre mesi di uno stipendio medio in Thailandia). Inoltre, le forze dell’ordine hanno sequestrato droghe e aghi e 30 persone sono risultate positive ai test antidroga: la pena minima per il possesso di sostanze stupefacenti è di 10 anni di prigione.

Allarme chemsex

Nikorn Chimkong, presidente dell’associazione per le minoranze sessuali Bangkok Rainbow Organization (Organizzazione arcobaleno di Bangkok), ha dichiarato di essere molto preoccupato per due motivi. Il primo è che questo arresto di massa rafforza il pregiudizio che vede le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) come fonti di diffusione di malattie: all’idea che propaghino le infezioni sessualmente trasmissibili attraverso il sesso promiscuo non protetto, si somma ora l’allarme legato al COVID-19. Il secondo motivo di preoccupazione è il fatto che, come dice Chimkong, il chemsex, cioè la pratica di fare sesso sotto l’effetto di sostanze psicoattive, “è ormai la nuova normalità“.

In effetti le associazioni LGBTQIA avevano già lanciato l’allarme: con la pandemia sembra che siano diventate sempre più comuni le feste a base di sesso generalmente non protetto e droghe (principalmente metanfetamina e GHB, la sostanza nota anche come “droga dello stupro”). Questi incontri di gruppo sono normalmente pubblicizzati su Twitter o sulle app di incontro come Grindr e Blued. Lo psicologo Shaowpicha Techo, che presta servizio anche alla sauna KRUBB Bangkok, dice che gli uomini gay e bisessuali che arrivano per chiedere informazioni sul chemsex erano uno o due a settimana prima del COVID-19, mentre ora sono una dozzina.

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La situazione è ancora più preoccupante perché in Thailandia non esistono programmi di riduzione del danno che affrontino allo stesso tempo i rischi che derivano dal consumo di droghe e quelli legati ai rapporti sessuali. Inoltre, lo stigma che colpisce l’uso di droghe spinge molti consumatori di sostanze psicotrope a non chiedere aiuto alle strutture sanitarie, anche quando la situazione diventa più grave dal punto di vista fisico, psicologico o emotivo. Raramente le strutture “fanno sentire gli utenti come se fossero esseri umani“, denuncia Midnight Poonkasetwattana, direttore esecutivo di APCOM, un’associazione che si occupa della salute degli uomini gay e bisessuali nel sud-est asiatico.

Per questo, mentre si moltiplicano i casi di stupri e morti per overdose nei sex party, la comunità gay e bisessuale sta cercando di organizzarsi per sopperire alle carenze del sistema sanitario. A giugno dell’anno scorso un gruppo di attivisti ha creato la Safety Net (Rete di sicurezza) per rispondere ai bisogni di chi pratica il chemsex e diffondere informazioni: tra i primi prodotti del gruppo ci sarò un manuale di primo soccorso per i casi di overdose.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

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