Skip to main content

Ricordo un’intervista di parecchio tempo fa in cui Vladimir Luxuria, dopo essere diventata la prima parlamentare trans eletta in un paese europeo, scherzava affermando di volersi candidare come presidente della Repubblica in modo da fare da tappa “intermedia” e abituare gli italiani, decisamente conservatori in materia, all’idea di avere in futuro una donna cisgender (cioè non transessuale e con identità di genere binaria) come presidente. Sul momento la proposta mi fece sorridere, ma purtroppo si basa su qualcosa di reale: le donne sono pesantemente sottorappresentate dalla politica (italiana come estera) e ancora di più lo sono le donne trans.

Una premier trans?

Spesso si leggono notizie come “prima deputata trans in tal paese” o “primo uomo trans eletto in quel parlamento”: per quanto possano essere segnali positivi, il fatto che tali avvenimenti facciano notizia significa che vedere una persona trans in politica è ancora qualcosa di nuovo e insolito.

Sembra proprio che ci sia ancora un “soffitto di cristallo” che impedisce o rende estremamente difficile alle donne il ricoprire una carica politica importante: anche se le donne sono poco più della metà della popolazione italiana, oggi appena un terzo di chi siede in parlamento è donna e probabilmente, visto l’andazzo, a sostituire Giuseppe Conte o Sergio Mattarella ci saranno altri uomini e ancora più probabilmente saranno cisgender. Certo, le persone transgender sono una minoranza, eppure ci sono paesi, come ad esempio la Thailandia, in cui una donna trans si candida alla presidenza del governo.

Nonostante una percentuale bassissima di donne in parlamento, il paese asiatico una prima ministra donna (Yingluck Shinawatra) l’ha già avuta fra il 2011 ed il 2014 e forse potrebbe averne un’altra a seconda di come verranno assegnati i seggi in parlamento e delle coalizioni che potrebbero formarsi. Il ruolo di primo ministro verrà ricoperto probabilmente dal generale Prayut Chan-o-cha del Phak Palang Pracharath (Partito del potere dello stato del popolo; destra militare), che ha preso più voti, o da Sudarat Keyuraphan, candidata del Phak Pheu Thai (Partito per i thai, centro populista), che dovrebbe ottenere più seggi.

Pauline Ngarmpring

Fra le persone papabili, però, c’è anche Pauline Ngarmpring, la cui candidatura è supportata dal Phak Mahachon (Partito del grande popolo), un piccolo partito che in Occidente potrebbe essere definito di centrosinistra o socialdemocratico e che crede fortemente nei diritti umani, delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) e dei lavoratori e lavoratrici del sesso.

Pauline viene spesso paragonata alla statunitense Caitlyn Jenner: anche lei non ha avuto una transizione facile, cominciata dopo più di quaranta anni di vita al maschile, costellata da successi sportivi, una buona fama nel mondo del calcio thailandese, due figli, una carriera come giornalista e in seguito come uomo d’affari.

Ma, nonostante tutti i successi, ogni volta che tornava a casa “la sensazione di diventare donna tornava di nuovo, non è mai andata via”. Ha provato a lungo a reprimersi o a “travestirsi” unicamente di nascosto nel terrore di essere scoperta, ma a un certo punto ha trovato il coraggio di uscire allo scoperto. Così ha affrontato e poi portato a termine il percorso di transizione che l’ha portata “finalmente e per davvero a ritrovare sé stessa”, finendo poi per diventare un punto di riferimento per la comunità LGBTQIA thailandese.

Diritti senza democrazia?

Anche se è ormai praticamente certa di non diventare prima ministra, Pauline si augura che comunque la sua attività politica possa essere importante per una comunità che ha sempre più speranza di vedere un giorno riconosciuti i propri diritti. Difatti questo ingresso in politica non è qualcosa di straordinario, ma è la punta di un iceberg che pian piano sta emergendo proprio ora che i tempi sono finalmente maturi per avanzare rivendicazioni politiche.

La Thailandia è certamente tollerante in confronto agli altri paesi asiatici e del mondo, ma le discriminazioni sono ancora tante, specialmente dal punto di vista legale: nonostante l’apertura della popolazione, il cambio di sesso anagrafico risulta ancora difficilissimo per le persone trans e ancora non esiste una legge che riconosca le coppie omosessuali, anche se quest’ultimo aspetto potrebbe presto cambiare.

Una possibile legge sulle unioni civili o sul matrimonio egualitario è da molto nel dibattito pubblico, ma non è mai stata veramente affrontata dalla politica locale, in cui tutto viene reso più difficile dal rapporto teso con la democrazia. Infatti, da quando il regno siamese ha smesso di essere una monarchia assoluta, i colpi di stato e la violenza fra fazioni politiche hanno fatto da padroni, tanto che molti thailandesi ritengono che la società non sia pronta per un sistema totalmente democratico.

Unioni civili omosessuali

Tuttavia la “democrazia ibrida” attuale rappresenta comunque una speranza per molte persone, dal momento che le elezioni di quest’anno per quanto poco libere potrebbero già rappresentare una svolta riguardo ai diritti: il nuovo parlamento infatti potrebbe finalmente discutere un disegno di legge del dicembre 2018.

Per quanto parziale, questa riforma potrebbe essere la prima a riconoscere le unioni omosessuali e, nella sua ultima forma, anche il diritto all’omogenitorialità e alle adozioni congiunte. Sarebbe in pratica una sorta di matrimonio, ma viene contestato il minore accesso al sistema di welfare rispetto alle coppie eterosessuali sposate. Anche in questo caso, però, la legge “in forse” arriverebbe comunque dopo la società civile, poiché il 63% dei thailandesi è già favorevole al riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso, mentre solo l’11% si dichiara contrario, e la percentuale dei favorevoli sale ancora fra i più giovani.

Solo il tempo ci dirà però se queste speranze sono effettivamente fondate e se i cambiamenti preannunciati dalla candidatura di Pauline avverranno effettivamente nella politica thailandese.

Giovanni Gottardo
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da materiale promozionale di Pauline Ngarmpring / da Per Meistrup (CC BY-SA 4.0) / da Pedro Sandrini (CC0)

Leave a Reply