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Nel gioco per la Playstation 4 del 2014 “Dragon Age: Inquisition”, Dorian è un potente mago che aiuta il personaggio principale a salvare il mondo da un esercito di demoni. Figlio di una famiglia politicamente potente, Dorian è stato educato alle arti magiche dai migliori istruttori e a prima vista sembra avere una vita privilegiata. Quando interagisce con il personaggio principale, che è controllato da chi gioca, Dorian non ha paura a ostentare il proprio lignaggio e non fa molti sforzi per nascondere la propria arroganza. È anche un’opzione romantica che il personaggio principale può cercare di conquistare, a condizione che chi gioca faccia scelte strategiche, personali e politiche che gli piacciono.

Ma nella trama c’è una cosa che non può cambiare, per fortuna: Dorian bacerà solamente un uomo. Starà solamente con un uomo. Sposerà solamente un uomo. Infatti, quand’era più giovane, Dorian è stato costretto da suo padre a sottoporsi a una terapia di conversione (che il gioco chiama “magia del sangue“). Ma, proprio come nella vita reale, questa tortura non ha cambiato la sessualità di Dorian, anzi, lo ha spronato a combattere contro la discriminazione che lo ha colpito.

Meglio tardi…

Dorian non è solo una rarità in quanto uomo gay in un videogame per il grande pubblico: è ancor di più una rarità perché è un uomo gay di colore. Quando gli hanno chiesto di che nazionalità sia il mago, il designer John Epler ha risposto: “Indiano potrebbe essere l’analogo più vicino nel mondo reale“. Da “Pong” a “Super Mario Bros” fino alle epiche epopee da centinaia di milioni di dollari che vediamo oggi, i videogiochi hanno 70 anni di storia, ma ce ne sono voluti più di 60 perché apparisse una persona gay di colore tra i principali personaggi di un gioco per il grande pubblico.

Ma, smentendo la preoccupazione dei decenni passati che contenuti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) potessero allontanare i consumatori eterosessuali, l’inclusione di Dorian non ha indotto le persone a non partecipare all’avventura. “Dragon Age: Inquisition”, infatti, ha venduto milioni di copie, come negli anni 2010 avevano venduto bene altri giochi dal grosso budget che rappresentavano relazioni tra persone dello stesso sesso (per esempio, “Mass Effect 3”, in cui appariva un’altra persona gay di colore: Steve Cortez).

I primissimi passi

Non c’è da sorprendersi se nei videogiochi non sono molti i personaggi LGBTQIA: come nella maggior parte delle aziende dominate da uomini eterosessuali bianchi, l’inclusività non era una priorità per chi progettava e pubblicava i giochi. Tuttavia nel settore sono apparsi personaggi LGBTQIA abbastanza presto, basta sapere dove andare a guardare. Il gioco per computer del 1986 “Moonmist”, su un detective che indaga sui fantasmi in un castello, presentava un’amante respinta che dovrebbero essere il primo personaggio lesbico di un videogame, anche se non veniva detto esplicitamente, come succedeva per molti dei primi personaggi queer nei libri e nei film.

Nel 1989, mentre faceva capolino il World Wide Web, “Caper in the Castro”, secondo la maggior parte delle fonti il ​​primo videogioco LGBTQIA mai creato, è stato rilasciato per MAC e condiviso tra i primi sistemi di bacheca di internet. Nello stesso anno, un personaggio trans e un personaggio gay apparivano nel gioco “Circuit’s Edge”. E il 1992 ha visto l’uscita del gioco d’avventura “GayBlade”, che metteva i giocatori di fronte a un malvagio sosia pixelato di Pat Buchanan [politico conservatore USA; ndt]. Ma mentre alcuni videogame e personaggi LGBTQIA prosperavano in spazi di nicchia negli anni ’80 e ’90, i giganti del settore, cioè Nintendo e Sega e in seguito Sony e Microsoft, rappresentavano raramente le persone LGBTQIA nei loro giochi.

A caccia di indizi

La maggior parte dei personaggi queer nei giochi per il grande pubblico degli anni ’90 rientrano in due categorie: stereotipati o discreti. Spesso i contenuti palesemente omosessuali, come Ash, il daddy leather di “Streets of Rage 3” di Sega, venivano completamente cancellati nelle versioni americane dei giochi. In altri casi si modificavano i dialoghi per rimuovere ogni doppio senso sessuale. Ma molti altri personaggi erano semplicemente nascosti in bella vista. Riconoscere i personaggi LGBTQIA nei giochi era come riconoscerli nei libri, nei film o nella vita reale: bisognava tenere traccia degli indizi dati dal contesto e metterli insieme, come con un gaydar digitale.

Nel gioco per Super Nintendo del 1995 “Earthbound”, uno dei personaggi minori, un adolescente di nome Tony, ha una profonda amicizia con il suo compagno di classe Jeff. Tony aiuta Jeff a uscire dal collegio in modo che quest’ultimo possa aiutare chi gioca a salvare il mondo. Più avanti nel gioco Tony viene rapito e, quando chi gioca lo scopre sotto costrizione, ripete più volte il nome di Jeff. Anni dopo l’uscita del gioco, lo sviluppatore Shigesato Itoi ha detto di Tony: “L’ho creato come bambino gay“.

Raramente uno sviluppatore conferma la sessualità di un personaggio come ha fatto Itoi. La maggior parte delle volte chi gioca deve dare la propria interpretazione sull’orientamento sessuale di un personaggio senza alcun supporto. Altri esempi di personaggi che si ritengono queer senza che ce ne sia stata una conferma sono Billy e Brad in “Wild Arms 2”, Jaciel e Deyanira in “The Elder Scrolls II: Daggerfall”, Rocky e Ash in “Front Mission 2”.

La scelta a chi gioca

Alla fine degli anni ’90 e nei primi anni 2000, a precedere giochi come “Dragon Age”, molti videogame hanno offerto la possibilità di fare delle scelte, di decidere tra diverse alternative, e questo ha avuto un impatto sul rapporto tra il personaggio principale e gli altri. A volte questo includeva la possibilità per i personaggi di creare relazioni romantiche. Giochi come “Star Ocean” e “Jade Empire” consentivano ai giocatori di scegliere personaggi principali maschi o femmine e di innamorarsi dei personaggi secondari indipendentemente dal genere. La stessa caratteristica era presente nel primissimo gioco “The Sims” ed era stata programmata da un dipendente gay, anche se la sua inclusione fu in gran parte il frutto di una serie di problemi di comunicazione.

Quando “The Sims”, l’ormai iconico gioco di simulazione di vita, è stato sviluppato per la prima volta, il team creativo ha inizialmente deciso di non includere la possibilità per i personaggi di avere relazioni con personaggi dello stesso sesso. Ma quando il codice del gioco è stato effettivamente scritto, il programmatore ha ricevuto un vecchio promemoria che non rifletteva quella decisione e così ha creato la possibilità per i personaggi di innamorarsi di chi volevano. Anche dopo che un bacio tra due donne Sims ha scioccato il pubblico durante una demo all’Electronics Entertainment Expo, la funzione è stata autorizzata. “The Sims” è diventato un successo globale e ha stimolato molti sequel che hanno venduto oltre 200 milioni di copie in tutto il mondo.

Personaggi specifici

Anche se alcuni giochi come “The Sims” presentavano personaggi che potevano andare a letto con altri personaggi di qualsiasi genere, a metà degli anni 2000 nei videogiochi per il grande pubblico mancavano ancora personaggi specificamente e unicamente LGBTQIA. C’erano pochi personaggi che erano unicamente gay o unicamente lesbiche o trans, pochi personaggi che cambiavano i propri dialoghi a seconda del proprio interlocutore, pochi personaggi, come Dorian, a cui era stato dato il coraggio di fare coming out.

Nel 1998, “Fallout 2” è stato il primo videogame a consentire le nozze tra persone dello stesso sesso, quasi due decenni prima che gli Stati Uniti riconoscessero il matrimonio ugualitario a livello nazionale. Qualche anno dopo, nel 2004, “Fable” e “The Sims 2” hanno fatto la stessa cosa. Chi giocava poteva scegliere con chi flirtare, di chi innamorarsi, chi sposare. La possibilità per chi giocava di controllare un personaggio principale in un matrimonio gay o lesbico è stato uno sviluppo storico. Ma la decisione di impegnarsi in relazioni omosessuali era lasciata a chi giocava e la maggior parte dei contenuti LGBTQIA nei giochi poteva ancora essere evitata se non si desiderava vederli. Le cose, però, stavano lentamente iniziando a cambiare.

Quando nel 2013 la Corte Suprema ha emesso la storica sentenza del caso Stati Uniti contro Windsor, che ha posto le basi per il matrimonio ugualitario pochi anni dopo, i personaggi LGBTQIA erano presenti ogni anno in numerosi giochi. Secondo LGBTQ Video Game Archive, 63 giochi rilasciati nel 2013 presentavano personaggi o contenuti LGBTQIA.

Il caso “The Last of Us”

Il 2013 è stato anche l’anno in cui chi giocava ha incontrato Ellie, uno dei personaggi principali di “The Last of Us”, generalmente considerato uno dei migliori giochi di tutti i tempi. Mentre si fa strada attraverso degli Stati Uniti in rovina, Ellie è riluttante a parlare della propria vita personale, ma alla fine del viaggio rivela che un tempo amava una ragazza. Nei due sequel del gioco, “Left Behind” del 2014 e “The Last of Us Parte II” del 2020, la sessualità di Ellie è in primo piano. Il trailer di “The Last of Us Parte II” la mostra mentre balla con la sua nuova ragazza, Dina, con cui poi si bacia appassionatamente.

Tra i personaggi del gioco c’è anche un uomo trans, Lev, che fugge dalla propria famiglia violenta dopo che lo hanno chiamato con il suo deadname e sottoposto a una miriade di altri abusi (anche l’attore del mondo reale su cui Lev è stato modellato, Ian Alexander, è trans). Non sono mancate le polemiche sul gioco. Come previsto, i gruppi anti-LGBTQIA hanno denunciato la semplice esistenza di personaggi come Ellie e Lev. Ma il gioco ha anche attirato l’ira della comunità LGBTQIA e delle persone alleate per la violenza subita da Lev: alcune persone affermano che il deadnaming sia inutilmente crudo, dal momento che i traumi di Lev sono già stati abbondantemente illustrati.

Il documentario di Netflix “Disclosure” ha affrontato una problematica simile nell’industria televisiva e cinematografica: le prime rappresentazioni delle persone trans, sebbene rivoluzionarie, hanno normalizzato l’idea che esse esistano solamente come bersagli di scherno, disgusto o odio, e non come esseri umani fatti e finiti. Ma, proprio come la televisione e il cinema hanno migliorato la rappresentazione di personaggi trans e hanno iniziato ad assumere persone trans per recitare, scrivere e dirigere i film, anche l’industria dei videogiochi può evolvere. E, per molti versi, un’evoluzione è già in fatto.

Giochi indipendenti…

Anche se sono necessarie centinaia di milioni di dollari, team enormi e la supervisione di una grande azienda per rilasciare un gioco come “The Last of Us”, ora le persone possono creare e distribuire i propri giochi molto più facilmente, senza la necessità di apparecchiature costose o l’approvazione di un editore.

Eric Barone ha creato nel linguaggio di programmazione C# la simulazione agricola “Stardew Valley”, che comprende matrimoni, adozioni e divorzi tra persone dello stesso sesso. E con Adobe Flash sono stati creati molti videogame LGBTQIA indipendenti, tra cui “Dys4ia” di Anna Anthropy (gioco autobiografico creato durante i primi sei mesi di terapia ormonale sostitutiva di Anthropy), “Coming Out Simulator 2014” (basato sull’esperienza di coming out dello sviluppatore Nicky Case) e “Do I Pass?” di Taylor McCue (romanzo interattivo sull’esperienza di una persona trans su un autobus).

Giochi LGBTQIA indipendenti sono stati sviluppati anche per i game jam (concorsi in cui le persone creano videogiochi da zero) utilizzando software come Twine, Unity e GameMaker. Nel 2015, dopo che Leelah Alcorn, una ragazza transgender di 17 anni, si è suicidata, Matthew Boucher e Kara Jayne hanno ospitato Jam For Leelah. Nel corso di un mese sono stati creati 21 nuovi videogame trans-friendly, molti dei quali ancora disponibili sulla piattaforma web Itch.io.

…e per il grande pubblico

L’inclusione LGBTQIA nell’industria dei videogiochi è cresciuta continuamente durante gli anni 2010. Molti videogame recenti per il grande pubblico, tra cui “Life Is Strange”, “NieR” e le serie “Fire Emblem”, ora includono personaggi LGBTQIA ben sviluppati. Allo stesso modo, il pubblico LGBTQIA ha continuato a fare pressioni sull’industria dei videogiochi per una maggiore rappresentazione.

Uno dei principali titoli del 2020, “Animal Crossing: New Horizons” di Nintendo, ha cambiato l’opzione di personalizzazione del personaggio “genere” in “stile” dopo la pressione delle persone attiviste. Ma a parte la confusione iniziale, il gioco ha ricevuto le lodi soprattutto delle persone trans e non binarie che ci hanno giocato e che spesso gli hanno attribuito il merito di averle aiutate a realizzare la propria vera identità e a fare coming out in famiglia.

Sulla strada giusta

Molte persone LGBTQIA che hanno giocato con i videogiochi, non importa se negli anni ’80 o oggi, hanno vissuto l’esperienza di riconoscere un personaggio che gli somigliava in un videogame. Giochi come “Dragon Age”, “GayBlade”, “The Sims” e “Animal Crossing” hanno un significato diverso per persone diverse. Ma insieme rappresentano la trasformazione di un’industria che era piena di stereotipi e riluttante e che invece ora rappresenta sempre più personaggi verosimili e tridimensionali, con le loro gioie, i loro dolori, i loro rimpianti e la loro rinascita.

La rappresentazione delle persone queer nei videogiochi non è stata perfetta e questo mezzo di espressione può ancora migliorare e crescere, ma non c’è dubbio che sia in grado – proprio come la letteratura, proprio come il teatro, proprio come il cinema – di raccontare storie queer, e di raccontarle bene.

Jason Villemez per Philadelphia Gay News
traduzione di Pier Cesare Notaro
©2021 Philadelphia Gay News / Il Grande Colibrì
immagine tratta da “The Last of Us Parte II”

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