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Dai quartieri popolari della Tunisia è partito tre settimane fa un movimento di protesta scatenato da una serie di violenze di polizia, in un contesto in cui la povertà cresce sempre di più. In molte città del paese giovani manifestanti hanno affrontato di notte gli agenti di polizia e, a volte, hanno distrutto alcuni punti vendita della grande distribuzione.

Repressione poliziesca

Il governo ha risposto in modo sempre più repressivo, schierando l’esercito in molte città. Quasi 1.700 persone, tra cui circa 300 minori, sono state arrestate, portate nei commissariati e in centri di detenzione in cui hanno subito umiliazioni, torture e, in molti casi, violenze sessuali. Contro molt@ giovani sono stati presentati dei casi d’accusa tanto gravi quanto falsi, come per esempio la partecipazione a gruppi organizzati per distruggere beni pubblici e privati.

A essere criminalizzate non sono solo le persone insorte, ma tutte quelle che abitano nei quartieri popolari: molte persone sono state arrestate anche se non avevano partecipato alle proteste. Questo accade anche nella vita quotidiana attraverso, tra le altre cose, la criminalizzazione del consumo di cannabis. L’associazione per la legalizzazione della cannabis calcola che sono attualmente in carcere 120mila persone, per la maggior parte giovani provenienti dai quartieri popolari.

carcere prigione persona detenuta“Lavoro, libertà, dignità!”

Le rivolte nei quartieri popolari hanno avuto il sostegno sempre più ampio di militanti (indipendenti o che fanno parte di associazioni e gruppi politici) e prima di tutto delle persone giovani. Militanti queer/LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, trans), femministe, sindacati studenteschi, persone che simpatizzano o che sono iscritte ai partiti di sinistra e di estrema sinistra hanno organizzato molte manifestazioni nel centro di Tunisi e al Bardo (sede dell’assemblea dell@ rappresentanti del popolo) per denunciare la repressione poliziesca e sostenere le rivendicazioni di giustizia sociale di chi abita nei quartieri popolari.

C’è stata anche una manifestazione nel quartiere popolare di Ettadhamen (alla periferia della capitale) grazie all’iniziativa di chi abita nel quartiere, con il sostegno di giovani militanti delle classi medie di Tunisi.

Se all’inizio le manifestazioni di sostegno nel centro di Tunisi raccoglievano solamente un centinaio di persone, sono diventate rapidamente molto più grandi. Una sessantina di collettivi, organizzazioni e associazioni, principalmente di sinistra o vicine alla sinistra, hanno lanciato un appello a manifestare sabato 6 febbraio. Nonostante la crisi sanitaria e il fatto che le forze dell’ordine avessero chiuso l’acceso al centro di Tunisi, 4mila persone hanno marciato nelle vie della città scandendo in particolare lo slogan della rivoluzione: “Lavoro, libertà, dignità!“.

Nel paese le violenze poliziesche stanno diventando sempre più gravi. Le forze di polizia, organizzate in diversi sindacati, costituiscono una minaccia per la popolazione e in particolare per chi partecipa al movimento di protesta. I poliziotti attuano una repressione massiccia, che prende nuove forme, come il rapimento di militanti che poi vengono picchiat@.

tunisia stuprato carcere gayPersone queer nel mirino

Reprimono soprattutto giovani dei quartieri popolari e militanti queer/LGBT. Molte persone che fanno parte dell’associazione queer/LGBT Damj lil-Adalat wal-Musawa (Inclusione per la giustizia e l’uguaglianza), che ha un ruolo importante nella mobilitazione in corso, sono state rapite e ferite gravemente, mentre altre sono state arrestate. In questo modo, le autorità cercano di porre fine alle alleanze che sono emerse tra militanti queer/LGBT e altre componenti del movimento di protesta (giovani dei quartieri popolari, militanti femminist@, sindacati studenteschi, eccetera).

Più in generale, la polizia prende di mira tutte le persone queer/LGBT. Il 1° febbraio gli agenti di polizia, durante una manifestazione a Sfax convocata dai loro sindacati, hanno esplicitamente minacciato le persone queer/LGBT e hanno insultato chi milita a sinistra. Attraverso le pagine internet ufficiali dei suoi sindacati, la polizia ha organizzato una campagna di violenze, pubblicando le foto di persone prese di mira e informazioni relative alla loro vita privata, rivolgendo contro di loro insulti e minacce, in particolare minacce di violenze fisiche e sessuali. Queste fotografie sono prese dai profili personali di Facebook o di Twitter o sono scattate dalla polizia durante le manifestazioni, in cui la sorveglianza e il controllo sono aumentati.

Ma la repressione assume anche forme più invisibili: gli agenti di polizia telefonano alle famiglie di militanti e persone comuni per fare outing (cioè rivelare la loro sessualità o il loro genere non conforme alle norme dominanti), cercando così di esporle a violenze familiari e di privarle della solidarietà delle loro famiglie.

Associazioni, organizzazioni e collettivi tunisini:
Coalition Tunisienne Contre la Peine de Mort
Union des Tunisiens pour l’Action Citoyenne (UTAC)
Association tunisienne de défense des libertés individuelles
Association Nachaz-Dissonances
Association L’ART RUE
Ligue tunisienne des droits de l’homme
Free Sight Association
Association Intersection pour les droits et les libertés
ATP+
L’initiative Mawjoudin pour l’égalité
EuroMed Droits
Fédération des Tunisiens pour une Citoyenneté des deux Rives (FTCR)
Organisation Contre la Torture en Tunisie
CDCMIR : Association Citoyenneté, Développement, Cultures et migrations des deux Rives
Comité pour le Respect des Libertés et des Droits de l’Homme en Tunisie (CRLDHT)
Association Joussour De Citoyenneté
Aswat Nissa
Association Tunisienne de l’Action Culturelle (ATAC)
Union des Tunisiens pour l’Action Citoyenne (UTAC)
Association de défense des libertés individuelles (ADLI)
Comité de Vigilance pour la Démocratie en Tunisie – Belgique
Damj l’Association Tunisienne pour la justice et l’égalité
Intersection Association for Rights and Freedoms
BEITY
Forum Tunisien pour les Droits Economiques et Sociaux (FTDES)
la Ligue des Electrices Tunisiennes (LET)
Coexistence with Alternative Language and Action Movement-Calam
DAAM Center
Association Tunisienne des Femmes Démocrates (ATFD)
Le Groupe Tawhida Ben Cheikh
l’Association tunisienne de soutien des minorités (ATSM)
L’Association Vigilance pour la démocratie et l’Etat civique
L’Association Tunisienne de Lutte contre la Violence -ATLV
Association Venus droits de l’homme
L’Association tunisienne de défense des valeurs universitaires
ATTALAKI
ARTICLE 19
ATL MST sida Tunisie
Organisation Mondiale Contre la Torture, bureau en Tunisie
Organisation Martyr
Association Ness pour la prévention combinée
Associazioni, organizzazioni e collettivi solidali:
SolidaritéS (Suisse)
Les internationalistes tunisien.ne.s en Suisse

Aggiornamento dell’11 marzo 2021: il testo scritto per Il Grande Colibrì dalla sociologa Abir Krefa è diventato un comunicato condiviso dalle organizzazioni firmatarie sopra elencate.

traduzione di Pier Cesare Notaro
©2021 Damj / Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da M.Rais (CC) / da Matthew Henry (CC0) / Il Grande Colibrì

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