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“Se non mi riconosci, non puoi conoscermi”

Questa la frase con cui Movimento Kethane invita a firmare una petizione importantissima. Una petizione che chiede allo Stato Italiano di riconoscere lo status di minoranza storico-linguistica a Rom e Sinti.

Petizione KethaneMovimento Kethane è un movimento che unisce Rom e Sinti di tutta Italia nella lotta al loro diritto di esistere, per avere una vita migliore e creare un Paese migliore.

Abbiamo parlato con un loro portavoce, Ervin Bajrami, attivista Rom e LGBTQIA+.

 

Chi sono le persone rom e sinti?

Le persone Rom e Sinti sono due delle più grandi comunità italiane, presenti in Italia dal 1400.
Da sempre abbiamo subito forti discriminazioni dovute alla non conoscenza reale del nostro essere, della nostra millenaria cultura e soprattutto dell’importanza della nostra lingua sopravvissuta nei secoli fino al grande genocidio del nazi-fascismo (Sa mudaripen/porrajmos)
Poi, i primi rappresentanti della comunità che comprende 5 grandi gruppi in Europa (Rom, Sinti, Manush, Romanichal, Kale) sono arrivati al Congresso di Londra. In quest’occasione si sono scelte la nostra bandiera e il nostro inno, riconoscendo il fatto che siamo cittadini europei senza territorio ma transnazionali.
Ad oggi moltissime delle scelte e delle problematiche inerenti al mio popolo sono calate dall’alto senza il minimo approccio alla nostra comunità, la quale non è priva di rappresentanza o di potere politico, il problema è che esso non viene concesso e riconosciuto.

Cosa significa essere Rom e Sinti oggi in Italia?

In Italia siamo circa 170/180 mila persone, lo 0.25% della popolazione. La maggioranza di noi ha la cittadinanza italiana e diritto di voto ma una cosa ci manca, ed è fondamentale: l’applicazione dell’articolo 6 della Costituzione ad oggi non ci riconosce come minoranza etnico-linguistica, come le altre 12 previste da quest’ultimo. Un buco legislativo enorme. Inoltre, il genocidio subito che ha visto la perdita di mezzo milione di individui per motivi razziali non è riconosciuto. Per anni i nostri genitori sono stati sotto le politiche previste dal “Lacio Drom” con la segregazione nelle scuole a partite dagli anni 80, dove erano previste classi “speciali”. Per non parlare della sterilizzazione delle donne romní che si sono perpetrate sino al 2014 in Cecoslovacchia. Oltre a tutto questo, la segregazione continua anche a livello istituzionale con i campi nomadi e secondo alcune ricerche condotte sino al 2005 a partire dal ventennio precedente anche nelle aule giuridiche dove ci si associa a nomadi.

Cosa comporterebbe il riconoscimento etnico-linguistico oggi?

Sicuramente un riconoscimento in quanto persone e cittadini, in secondo luogo maggiore tutela oltre a tutta una serie di processi sia civili che penali che cambierebbe in positivo la nostra presenza sul territorio italiano e la salvaguardia della nostra cultura e delle nostre tradizioni millenarie. Sarebbe un primo passo di civiltà, equità e giustizia verso cittadini che attendono dal 1400 di essere riconosciuti in quanto tali.

Un riconoscimento, si legge sul sito di Movimento Kethane, garantirebbe la tutela del patrimonio linguistico-culturale e norme che sanzionano l’antiziganismo. Si tratta di un tema assolutamente fondamentale. Se vogliamo lottare contro il razzismo e la discriminazione, non possiamo voltarci dall’altra parte quando si tratta della comunità Rom e Sinti. Per saperne di più e firmare la petizione, clicca qui: FIRMA PER IL RICONOSCIMENTO DI ROM E SINTI.

 

Ginevra Campaini
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Grabowski da Shutterstock

 

Ginevra Campaini: “Mi chiamo Ginevra e non sopporto gli stereotipi delle categorie maschile e femminile. Scrivo per imparare, capire e condividere quello che succede a me e alle persone LGBT+ nel mondo” > leggi tutti i suoi articoli

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