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Scampi miracolosamente a un tentativo di linciaggio e finisci in prigione per sei mesi con l’accusa di aver compiuto “atti contro natura”: è quanto accaduto poche settimane fa a un giovane senegalese a cui per ragioni di privacy e sicurezza è stato attribuito lo pseudonimo di Samba. Tutto è cominciato il 28 dicembre 2020, quando una folla inferocita ha tentato di aggredire e dare alle fiamme il giovane uomo per il semplice sospetto che fosse omosessuale. Salvato in extremis dalla polizia, il ragazzo è stato in seguito condotto in caserma dagli agenti, che l’hanno tratto in arresto: l’accusa è di aver violato l’articolo 319 del codice penale, che vieta l’omosessualità nel paese.

Il capo di imputazione è stato successivamente confermato il 21 gennaio dal tribunale della città di Touba, che ha notificato a Samba anche la violazione delle norme di sicurezza anti-COVID. La sentenza finale prevede che il giovane imputato sconti sei mesi di reclusione nel carcere cittadino. Stando alle informazioni fornite da Free Collective, un’associazione senegalese schierata in favore dei diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex, asessuali), Samba è ben deciso a non presentare ricorso. Le motivazioni della sua scelta sarebbero da ricercarsi nel fondato timore che la notizia si diffonda a macchia d’olio attirando su di lui ulteriori critiche e mettendolo ulteriormente in pericolo.

Ingiustizia nell’ingiustizia

“In questo genere di casi, l’eco riecheggia in tutto il Senegal” ha confermato amaramente Souleymane Diouf, leader di Free Collective. Raggiunto al telefono dall’attivista Moïse Manoel, Diouf ha messo in luce le numerose problematiche e contraddizioni che rendono il processo di Samba una vera ingiustizia: l’arresto e la detenzione del ragazzo non sarebbero infatti regolari,  ma le “prove” della presunta colpevolezza di Samba sarebbero state raccolte dagli agenti attraverso immagini e messaggi presenti nel suo cellulare. Una palese violazione della privacy, a cui si sommano altre due ulteriori ingiustizie: durante la permanenza in carcere, il ragazzo non è stato messo al corrente dei suoi diritti e non gli è nemmeno stata garantita la necessaria assistenza legale.

Come se tutto questo ancora non bastasse, nessun provvedimento è stato preso nei confronti degli aggressori del giovane Samba. In questo modo, ha concluso tristemente Diouf, il messaggio che passa è che per gli omosessuali senegalesi la giustizia passa attraverso la violenza e la prevaricazione fisica piuttosto che nelle aule del tribunale.

Nicole Zaramella
©2021 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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