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Nel suo interessante e prezioso testo “La sessualità nell’islam” (Bruno Mondadori 2007, 324 pp., 11 €),  lo studioso tunisino Abdelwahab Bouhdiba, scrive: “La visione islamica della coppia è fondata su un’armonia dei sessi che è prestabilita e definita a priori: ciò presuppone una complementarità di fondo del maschile e del femminile, una condizione armonica creatrice e procreatrice” (p. 33). In questo senso il rapporto sessuale fra un uomo e una donna nell’ambito del matrimonio (نكاح; nikah) rappresenta in qualche modo l’unità del mondo che si compie nell’armonia dei sessi. In questa visione delle cose un rapporto omoerotico, in particolare maschile, romperebbe tale armonia.

Abbiamo chiesto, dunque, alla professoressa Serena Tolino di delineare e chiarire la questione del divieto dei rapporti anali nel diritto islamico. Si precisa qui, e si ribadisce in seguito, che tali informazioni sono il frutto di ricerche su testi di diritto islamico classici e sono da considerarsi valide soprattutto sul piano teorico.

Prima di tutto è importante chiarire che il diritto islamico, in particolare in epoca pre-moderna, è sempre stato caratterizzato da una grande pluralità di opinioni giuridiche. Una delle istituzioni più caratteristiche del diritto islamico è costituita dai cosiddetti مذهب (madhhab; plur. مذاهب, madhahib). Il termine significa letteralmente direzione e, in senso più specifico, “scuola giuridica”. Per quanto riguarda il diritto sunnita, quattro di queste scuole sono sopravvissute fino ad oggi: le scuole hanafita (1), malikita (2), shafi‘ita (3) e hanbalita (4). Ognuna di queste scuole differisce sia per quanto riguarda la metodologia che per quanto riguarda i contenuti e queste differenze sono evidenti anche rispetto ai rapporti omoerotici.

È interessante notare che i rapporti omoerotici tra donne e tra uomini non sono solitamente trattati insieme dai giuristi pre-moderni. Si tratta di due categorie legali ben distinte: da un lato il سحاق (sihaq), dall’altro il لواط (liwat). Che il liwat non sia un equivalente dell’omosessualità è presto dimostrato. I giuristi parlano di liwat maggiore (la penetrazione anale tra due uomini) e minore (la penetrazione anale di una donna): se si trattasse di omosessualità di certo non accomunerebbero questi due atti sessuali.

Mentre tutti i giuristi sono d’accordo sul fatto che sia il sihaq che il liwat vadano puniti, essi differiscono sulle modalità. Tutti i giuristi concordano sul fatto che il sihaq vada punito con una pena discrezionale, stabilita dal giudice.

Sul liwat esiste invece una varietà di opinioni, ma la questione principale consiste nel decidere se si tratti o meno di una pena حد (hadd), cioè di una pena fissa applicata a un crimine esplicitamente menzionato nel Corano, nello specifico quella applicata ad un rapporto di زناء (zina; adulterio o fornicazione). La scuola hanafita ritiene che non si tratti di pena hadd, ma che il liwat vada punito con una pena discrezionale. La scuola malikita ritiene che i colpevoli vadano lapidati in ogni caso, mentre le scuole shafi‘ita e hanbalita hanno due opinioni: secondo la prima opinione i colpevoli vanno lapidati in ogni caso, secondo la seconda va applicata la stessa pena hadd per i casi di zina.

Va però detto che si tratta di un dibattito essenzialmente teorico: nelle fonti è rarissimo imbattersi in casi in cui queste pene sono state effettivamente applicate, per lo meno fino ai giorni nostri e ai noti casi di esecuzioni effettuate ad esempio da Daesh (l’organizzazione terroristica nota anche come ISIS). Questo ha varie motivazioni: innanzitutto, perché venga applicata una pena hadd nel caso di zina e, di conseguenza, di liwat, è necessario che almeno quattro uomini di reputazione impeccabile testimonino di aver visto questo rapporto sessuale, o che le persone coinvolte confessino quattro volte. Qualora non ci siano quattro testimoni, le testimonianze non siano identiche o un testimone ritratti, i testimoni diventano soggetti a loro volta a una pena per falsa calunnia (قذف; qadhf), che consiste in ottanta frustate.

D’altro canto, sicuramente esisteva in epoca pre-moderna un’accettazione piuttosto diffusa dei rapporti omoerotici (in particolare se questi rispettavano il paradigma uomo adulto penetrante, ragazzo impubere penetrato).

introduzione di Rosanna Maryam Sirignano
testo di Serena Tolino
©2018 Il Grande Colibrì

Note:

(1) Scuola giuridica che prende il nome da Abu Hanifa, morto nel 767; divenne la scuola prevalente nell’Impero Ottomano ed ha sempre goduto di grande diffusione.
(2) Scuola giuridica sunnita che prende il nome da Malik ibn Anas, morto nel 796; si tratta della scuola giuridica diffusa un tempo anche in Sicilia e in Al-Andalus.
(3) Scuola giuridica sunnita il cui eponimo è Muhammad ibn Idris Al-Shafi’i, morto nell’820.
(4) Scuola giuridica sunnita il cui eponimo é Muhammad ibn Hanbal, morto nell’855; è la scuola ufficiale in Arabia Saudita.

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