Skip to main content

Migliaia di musulmani e musulmane oggi scelgono di confinare i rapporti sessuali nell’ambito del matrimonio, come stabilito dal diritto islamico e magari in conformità con le consuetudini del luogo in cui vivono. Altri invece considerano tali regole superate e di difficile applicazione, e così si affidano alla propria coscienza e al buon senso. “Tra la parola إرحم (irham, abbi misericordia!) e أرجم (urjum, lapida!), c’è un solo punto diacritico. L’arabo antico si scriveva senza punti diacritici. Chi ha la misericordia nel cuore non vede il punto, chi non ne ha vede sempre il sasso“: questa frase che spesso circola sui social, attribuita ad Ali Hassoun, pone complesse questioni sulla trasmissione e interpretazione dei testi religiosi e sulla difficoltà, per i credenti, di accettarne la sua interezza.

Si può affermare che nella trasmissione dei testi ci siano stati errori ortografici? Difficile da credere, quindi piuttosto i testi vanno letti alla luce del contesto storico in cui sono stati elaborati, tenendo presente il ruolo che in quel preciso momento e in quella data società aveva il matrimonio. Questo è di particolare importanza anche per i non musulmani che vogliano avvicinarsi all’Islam scevri da pregiudizi e fraintendimenti. Consapevoli di non poter esaurire in poche righe una così complessa e articolata questione, chiediamo alla professoressa Tolino di delineare brevemente come siano regolati i rapporti extra-matrimoniali nel diritto islamico classico, che comunque resta una forte eredità con cui tutti i musulmani devono fare i conti.

Nel diritto islamico classico, quello sviluppatosi soprattutto a partire dal IX secolo, gli unici rapporti sessuali leciti sono quelli che hanno luogo tra una donna e un uomo che sono legati da un vincolo matrimoniale e quelli tra una schiava e il suo padrone. Di conseguenza, nel diritto islamico, tutti i rapporti sessuali al di fuori del vincolo matrimoniale sono da considerare illeciti.

Come accennavamo nell’articolo precedente, nel diritto islamico esistono i cosiddetti crimini حد (hadd). Il termine significa letteralmente “limite”, riferendosi ai “limiti” posti da Dio. Tali crimini sono esplicitamente menzionati nel Corano, e ad essi viene applicata una pena fissa. Uno di questi è proprio quello di زنا (zina; adulterio o fornicazione).

La pena per zina consiste nella lapidazione (non menzionata nel Corano) per un محصن (muhsan) e in cento frustate per un non-muhsan. Per essere considerata ”muhsan”, una persona deve soddisfare determinati requisiti, che cambiano a seconda dei giuristi e delle scuole giuridiche. Tutti i giuristi sono d’accordo su alcuni di essi: ad esempio, una persona muhsan è certamente una persona pubere, capace di intendere e di volere, e libera. Deve inoltre aver già consumato un matrimonio valido.

Perché si possa parlare di zina è poi necessario che ci sia una vera e propria penetrazione e che quattro uomini degni di fede abbiano visto tale rapporto sessuale illecito avere luogo, lo testimonino e rilascino delle testimonianze identiche. In caso contrario sono essi stessi soggetti alla pena hadd per قذف (qadhf), ossia per falsa testimonianza di zina (che consiste a sua volta in ottanta frustate). Questo dimostra come la pena per zina sia stata pensata più a scopo deterrente che non per una reale applicazione. Non a caso, nelle fonti i casi di applicazione di tale pena sono quasi del tutto assenti.

Va inoltre detto, ancora una volta, che non tutti i paesi islamici applicano oggi il diritto islamico. Inoltre, anche in quei paesi islamici in cui i rapporti prematrimoniali vengono puniti, non necessariamente essi sono puniti sulla base del diritto islamico.

introduzione di Rosanna Maryam Sirignano
testo di Serena Tolino
©2018 Il Grande Colibrì

Leggi anche:

Sessualità e diritto islamico – Cos’è il diritto islamico?

Nozze di convenienza: se lesbiche e gay si sposano tra loro

Leave a Reply