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Il Vietnam è uno dei paesi dell’area sud-asiatica considerato più all’avanguardia per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), eppure un recente evento è emersa una realtà ben diversa, mostrando i problemi che devono affrontare nella loro vita.

Leggi inefficaci

Nel 2015 in Vietnam entra ufficialmente in vigore la legge che permette alle persone dello stesso sesso di sposarsi senza ricevere sanzioni, senza però un vero riconoscimento legale, che di fatto lascia perplesse e senza protezione le coppie che intendono unirsi in matrimonio. Sempre nel 2015, con un sonoro voto di 282 contro 84, viene sancito il diritto per le persone transessuali a rettificare il proprio sesso tramite intervento chirurgico, ponendo fine a quel via vai di gente che si recava nella vicina Thailandia per potersi operare.

Tuttavia, non esiste una protezione legale contro le discriminazioni di stampo omofobo e transfobo in nessun settore, nemmeno sul lavoro. Come di consueto, le leggi si fa (anche) presto a cambiarle, ma non sempre riflettono o sono la trasposizione del comportamento della società. Una volta fatto il passo legislativo, lo stato dovrebbe attivarsi per lavorare nelle famiglie e nella scuola, per smuovere e scardinare pregiudizi e posizioni talvolta duri a morire, tra i più e i meno giovani.

Solitudini e suicidi

Le persone LGBTQIA in Vietnam, insomma, non vivono come le stime e i sondaggi ci fanno pensare. Spesso sentono la solitudine, la paura e l’emarginazione che prova ogni giorno chi non ha il coraggio di vivere se stesso alla luce del sole e di aprirsi con i propri cari.

Recentemente il Consolato generale degli Stati Uniti a Ho Chi Minh City ha ospitato un concorso di storytelling sui problemi legati alle persone LGBTQIA, una delle varie iniziative organizzate a supporto del VietPride. Dagli innumerevoli racconti sono uscite realtà terribilmente tristi, che hanno messo in dubbio l’effimera libertà dei nostri giorni, che non concede la vera libertà di essere se stessi.

Tran Duc Bao, un ragazzo gay, racconta che è stato pesantemente discriminato a scuola: tra offese e imitazioni del suo modo di camminare, si ritrovava nella solitudine della sua camera a mordere i cuscini tra le lacrime. Altri raccontano storie di suicidi, di ragazzi omosessuali lasciati soli che non hanno trovato altra via di uscita che porre fine alla loro esistenza, magari dopo essere stati abbandonati dai loro amici, quegli stessi amici che erano all’evento a raccontarlo con un nodo in gola.

Nemici in ospedale

Anche le cliniche talvolta non sono un posto sicuro per le persone LGBTQIA in Vietnam. Nonostante le terapie di conversione non siano legali, ci sono stati casi di medici che hanno sottoposto ragazzi a varie “cure”. “Per ‘curare’ gli omosessuali, i medici somministrano degli ormoni. Se ciò non funziona, li sottopongono a scosse elettriche, alla testa, nelle braccia o agli organi sessuali” testimonia il dottor Nguyen Tan Thu, attivista per i diritti LGBTQIA, durante un altro evento ospitato dal consolato statunitense.

Molti hanno paura ad andare negli ospedali. Boi Nhi, consulente sanitaria presso My Home Clinic, una clinica LGBTQIA-friendly, denuncia la mancanza di controllo da parte del ministero della salute sugli ormoni che le persone trans devono prendere: chi è in transizione, non sa assolutamente cosa contengano certe pillole e spesso, per avere una consulenza medica, l’unica via è quella di rivolgersi a coloro che hanno già fatto l’intervento di riassegnazione del genere, seguire i loro consigli e sperare nello stesso buon esito. Raccapricciante, se si pensa ai problemi a cui si può andare incontro.

Genitori in campo

Un buon lavoro, con interventi concreti nel tessuto sociale vietnamita, lo sta facendo “Sweekar – The Rainbow Parents” (Accettare – Genitori arcobaleno), un gruppo di supporto per 50 genitori di bambini LGBTQIA.

L’associazione, che ha partecipato al Vet Pride, ha organizzato a settembre un incontro regionale sull’emancipazione e lo sviluppo delle capacità per i genitori delle persone LGBTI in Asia, che ha riunito circa 30 persone provenienti da India, Pakistan, Nepal, Cina, Thailandia, Cambogia, Corea del Sud, Taiwan, Birmania e Vietnam. Lo scopo dell’incontro era trovare e documentare i migliori modelli per supportare i genitori e coinvolgerli nel movimento LGBTQIA.

Ginevra Campaini
©2018 Il Grande Colibrì
foto: VietPride (Facebook)

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