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Un ragazzo col viso truccato passeggia sui tacchi davanti a una scuola di Bamako, la capitale del Mali. I bambini lo vedono e iniziano a prenderlo in giro, attirando l’attenzione degli adulti. E scoppia il finimondo: come documenta un video diventato virale, gli abitanti del quartiere, che già conoscono il ragazzo e sospettano che sia omosessuale, lo fermano, iniziano a picchiarlo, con schiaffi e calci anche in testa, gli strappano letteralmente i vestiti di dosso, lasciandolo con la maglietta e per il resto completamente nudo. Per fortuna interviene un uomo, ferma la furia degli assalitori e chiama la polizia. Il ragazzo cerca di scappare, ma alla fine gli agenti lo prendono in consegna e lo riportano a casa dalla sua famiglia.

Una settimana dopo la gente è ancora sconvolta. Un testimone sentito da France24 racconta che la tensione resta alta: “Le persone che sono riuscito a intervistare parlano del ragazzo come se si trattasse di un diavolo che passeggiava nel loro quartiere”. La maggioranza preferisce non dire proprio niente, in un clima di omertà che sembra voler proteggere gli aggressori. Perché se è vero che non esistono leggi specifiche a protezione delle minoranze sessuali, è altrettanto vero che questa volta la polizia ha detto senza ambiguità di voler identificare e arrestare gli autori del pestaggio, nonostante il fatto che la vittima delle violenze abbia preferito non sporgere denuncia.

Arresto ingiustificato

Siamo fortunatamente ben lontani da quanto accaduto poco meno di un mese fa sempre a Bamako: un ragazzo di circa 20 anni si è recato dalla polizia per denunciare che un giovane coetaneo stava trattenendo illegalmente il suo cellulare. L’accusato ha spiegato agli agenti che lo stava facendo per non aver ricevuto il pagamento completo promesso per una prestazione sessuale. Risultato? Il ricattatore (attivo) è stato immediatamente rilasciato, mentre solo il cliente è stato identificato come gay, dal momento che aveva avuto il ruolo passivo nel rapporto, ed è stato portato in prigione.

L’arresto è stato del tutto ingiustificato, dal momento che la legge maliana non considera reato i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, ma il commissario di polizia del quartiere, Abdourhamane Maïga, ha comunque lanciato un appello “per bandire questi comportamenti malsani che non fanno altro che sporcare l’immagine della nostra società”.

La società condanna

Nel caso del più recente pestaggio, invece, la polizia sembra decisa a agire in modo più giusto e anche la stampa ha utilizzato un linguaggio tutto sommato corretto e imparziale nel descrivere i fatti. Anche la società civile si è mobilitata: per esempio, la violenza è stata duramente condannata da Bouaré Bintou Founè Samaké, presidente di Women in Law and Development in Africa (Donne per il diritto e lo sviluppo in Africa; WILDAF Mali).

Pier
©2018 Il Grande Colibrì

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