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Lo aveva detto il giudice a febbraio del 2016, lo aveva ribadito la corte d’appello di Tunisi a maggio del 2019 e ora lo conferma definitivamente la corte di cassazione: l’associazione per la depenalizzazione dell’omosessualità Shams (Sole) ha il diritto di esistere e può agire pubblicamente ed esplicitamente per promuovere i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersex e asessuali). L’annuncio arriva dalla stessa associazione, che ha ringraziato i giudici per aver applicato i principi della costituzione rivoluzionaria della Tunisia e per aver rifiutato le forti pressioni politiche per una sentenza che portasse alla messa al bando dell’organizzazione.

Il governo, infatti, ha continuato a ricorrere contro qualsiasi decisione favorevole a Shams, con argomentazioni molto discutibili: “Shams non può proseguire le proprie attività, dal momento che sono contrarie alle tradizioni dei tunisini, che sono musulmani. L’islam proibisce queste pratiche e allo stesso modo le proibisce la legge tunisina, in virtù dell’articolo 230 del codice penale“. In realtà questo articolo di legge è stato introdotto dai colonizzatori francesi, basandosi sul codice thailandese (del tutto estraneo all’islam), ed è in indiscutibile contrasto con la costituzione nata dalla rivoluzione tunisina: peccato che la corte costituzionale, che cancellerebbe con ogni probabilità questa norma, non sia mai stata istituita.

La sentenza della corte di cassazione, in ogni caso, riconosce alla difesa delle minoranze sessuali una legittimità giuridica senza precedenti anche di fronte alle autorità statali. E non c’è nulla di enfatico nel definire questa decisione un momento storico per il movimento arcobaleno non solo della Tunisia e non solo di tutto il Maghreb: il paese ormai rappresenta sempre più un importante esempio per tutta l’Africa e per tutti i paesi a maggioranza musulmana.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

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