Skip to main content

La grande maggioranza dei media italiani e alcuni di quelli internazionali hanno riportato una notizia incredibile, diffusa dalla nota associazione Shams (Sole): la Tunisia avrebbe riconosciuto per la prima volta un matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato in Francia! Il Grande Colibrì, come altre organizzazioni e media che conoscono il paese africano, ha immediatamente espresso alcuni dubbi. Abbiamo segnalato la ricostruzione della storia, ma vogliamo capirne ancora di più. Per questo motivo, abbiamo sentito Karam, responsabile della comunicazione dell’associazione Mawjoudin (Esistiamo).

È triste che la maggior parte dei media internazionali abbia riportato la notizia senza nemmeno chiedere alla comunità queer qui in Tunisia e alle organizzazioni non governative (ONG) che lavorano in contatto con le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali)…

Leggi anche: In Tunisia il sostegno politico ai diritti LGBT cresce ancora

Cosa è successo davvero?

È stato un errore commesso da un dipendente comunale: in Tunisia, infatti, l’omosessualità è criminalizzata ai sensi dell’articolo 230 del codice penale e il governo tunisino ha firmato diverse convenzioni, anche con la Francia, che non consentono il riconoscimento dei matrimoni omosessuali celebrati tra uno dei suoi cittadini e uno straniero.

Secondo te, perché Shams ha diffuso questa fake news?

Fin dall’inizio, a Shams non è mai importato nulla della sicurezza della comunità queer, quindi questa è una specie di nuova opportunità per far parlare di sé. Come Mawjoudin sappiamo che da un po’ di tempo Shams non lavora attivamente per aiutare le persone queer, che non si fidano più dei suoi metodi.

vittoria movimento lgbt tunisiaIn una dichiarazione firmata da dozzine di associazioni, avete anche menzionato le conseguenze negative della bufala: omofobia, minacce, violenza… Ci puoi dare più dettagli su cosa è successo?

Avevamo già notato un aumento degli attacchi online contro le persone queer durante la quarantena e questo tipo di disinformazione ha messo di nuovo le persone LGBTQIA a rischio di subire discorsi di odio, di essere costrette a fare coming out, di vedere i propri account Facebook e Instagra hackerati, di essere cacciate di casa. Ogni giorno riceviamo diverse richieste di aiuto, principalmente legate a violenze psicologiche e molestie. Ed è molto difficile aiutare durante una quarantena… Noi cerchiamo di fare del nostro meglio.

Leggi anche: In Marocco è in corso una gigantesca caccia al gay online

Cosa sta facendo il movimento queer tunisino in questo periodo? Quali sono i vostri obiettivi?

Ci concentriamo principalmente su due obiettivi. Da un lato, stiamo offrendo aiuto finanziario e psicologico alle persone queer: forniamo alimenti, organizziamo rifugi per le emergenze, offriamo consulenza online e per telefono… Siamo anche molto preoccupati per i richiedenti asilo e i migranti: stiamo lavorando a un progetto incentrato su di loro già da un anno. D’altra parte, stiamo creando uno spazio virtuale per tenere workshop e per socializzazione, in modo che le persone non si sentano sole e possano condividere le proprie esperienze.

Come vedi l’atteggiamento dei media occidentali nel raccontare la comunità queer in Tunisia, le sue attività e le sue sfide?

Mi pare che molti media cerchino di fare scalpore senza essere consapevoli delle sfide e dei rischi nella regione. Invece alcuni giornalisti ci aiutano e sono utili perché provano a svolgere le loro indagini.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Pixabay (CC0) / da ouss94 (CC0)

Leave a Reply