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L’attivista tunisina Rania Amdouni è stata condannata a scontare sei mesi di carcere. Le accuse rivolte alla giovane donna, che di recente aveva partecipato alle proteste anti governative scoppiate alcune settimane fa soprattutto nei quartieri popolari del paese, sono di attentato alla morale pubblica e oltraggio a pubblico ufficiale. La notizia è stata resa nota da Damj (Inclusione), l’organizzazione in favore dei diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex, asessuali) di cui la stessa Amdouni fa parte.

Abusata e arrestata

Come spiega l’associazione LGBTQIA, il fermo di Rania risale al 27 febbraio. In quella data, infatti, Amdouni si era recata in una caserma di polizia della capitale Tunisi per denunciare l’impressionante campagna diffamatoria di cui sono vittime lei e i suoi familiari. Secondo la testimonianza fornita dalla stessa attivista, i responsabili sarebbero da ricercarsi tra i sindacati delle forze di sicurezza e tra gli estremisti di destra. Disgraziatamente, il coraggioso e accorato appello di Rania non ha affatto ottenuto gli effetti sperati.

Come ha sottolineato l’attivista femminista Asrar Ben Jouira, i poliziotti a cui si è rivolta Amdouni non hanno preso minimamente in considerazione la sua richiesta di soccorso e hanno anzi cominciato a molestarla. Stando alle dichiarazioni rilasciate da Ben Jouira, Rania sarebbe stata arrestata proprio per aver tentato di sottrarsi alle violenze dei poliziotti.

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La notizia dell’arresto e dell’incarcerazione di Amdouni ha profondamente scosso e indignato il resto delle persone attiviste, che si sono immediatamente mobilitate per chiedere la sua liberazione. Il 1° marzo, ad esempio, l’associazione Damj ha organizzato insieme all’organizzazione non governativa Intersection Association for Rights and Freedoms (Associazione Intersezione per i diritti e le libertà) un sit-in di protesta di fronte al tribunale di Beb Bnet a Tunisi.

La preoccupazione per le condizioni psicofisiche dell’attivista è enorme, e va di pari passo con la tristezza e la frustrazione per gli abusi e le violenze commesse dalle forze di polizia del paese nordafricano. “Il caso di Rania conferma che le libertĂ  sono sotto attacco” ha affermato Saida Guarach, legale incaricata di difendere Amdouni. In questo modo, ha concluso amaramente l’avvocata, il governo tunisino fa passare il messaggio che qualsiasi forma di protesta è completamente vietata e che le voci di chiunque tenti di far sentire il proprio dissenso verranno ben presto silenziate.

Nicole Zaramella
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Damj / elaborazioni da M.Rais (CC)

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