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Lo scandalo lo ha scatenato il ministro degli esteri di Kampala, Jeje Odongo: negli ultimi sei mesi alcuni uomini sarebbero tornati in Uganda dopo aver chiesto e ottenuto asilo politico in quanto omosessuali in Occidente, dove però avrebbero sposato delle donne e avrebbero avuto bambini. Si parla di dieci persone: la notizia sarebbe molto marginale anche se fosse vera. Eh sì, perché la notizia sui “fake gay” ci sembra proprio una fake news. Gli stati non comunicano a chi concedono protezione e tengono ben nascosti i motivi per cui la concedono: giudicate voi quanto sia credibile che un ugandese tornato in patria decida, senza motivo, di andare dalle autorità per dire: “Sapete che c’è? Sono stato in Svezia, ho fatto finta di essere gay e mi hanno dato l’asilo“…

Parole, parole, parole…

Nonostante l’improbabilità dell’allarme, molti politici ed esponenti religiosi hanno voluto dire la loro, chi per ringraziare Dio di avere “guarito” i compatrioti fuggiti all’estero tanto da spingerli sull’altare, chi per denunciare il problema della disoccupazione che spingerebbe i giovani a fuggire e a fingersi gay all’estero. L’influente reverendo Solomon Male, fondatore dell’organizzazione Arising for Christ (In piedi per Cristo) arriva addirittura a immaginare che l’Occidente, anche in questo caso senza motivo, finanzi chi si dice omosessuale: “Sono tutti gay economici [sic!]. L’omosessualità è un business per la maggior parte degli ugandesi che si dichiarano gay. Lo fanno solo per i soldi che prendono dichiarandosi gay o lavorando con le organizzazioni che si occupano di gay“.

È tutto così improbabile che l’agenzia di stampa turca Anadolu deve appoggiarsi sulla conferma di un attivista per i diritti sconosciuto (se non inventato di sana pianta, visto che non ci sono sue tracce da nessuna parte) e che comunque non dice nulla di rilevante. Al contrario Frank Mugisha, direttore di Sexual Minorities Uganda (Minoranze sessuali in Uganda), non conferma la vicenda, ma ricorda che anche un uomo omosessuale può sposare delle donne, magari proprio per nascondersi meglio: “Se un gay lascia l’Uganda perché lo stato e gli altri ugandesi lo perseguitano, poi vorrà tornare come una persona diversa, non più gay. Le leggi omofobe in vigore lo spingono a tornare con moglie e figli per vivere liberamente“. E non dimentichiamo la bisessualità…

uomo nero crocifisso colloA cosa serve lo scandalo

Lo scandalo farlocco sui falsi omosessuali, comunque, è utile al governo ugandese da più punti di vista. Sul piano internazionale, da una parte serve a migliorare l’immagine del regime ugandese, che può fingere che non sia vero che le persone LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) fuggono perché rischiano una condanna all’ergastolo o un omicidio; dall’altra è un bel favore fatto agli stati occidentali, che, sempre più restii a riconoscere il diritto all’asilo, potranno fingere che chi fugge dalle persecuzioni si sta inventando tutto.

Sul piano interno, invece, il governo ugandese si rifà il trucco di paladino della moralità dopo un agosto pieno di brutte notizie per il fronte sessuofobico. A inizio mese, il presidente Yoweri Museveni ha rifiutato di ratificare e ha rimandato in parlamento l’assurda legge sulle violenze sessuali che, tra le altre cose, prevedeva l’impossibilità di ritirare il proprio consenso a un rapporto sessuale e la pena di morte per gli stupratori HIV-positivi. La bocciatura della legge non è arrivata, però, per il contenuto allucinante, ma perché in molti passaggi introduceva reati (come quello di rapporti omosessuali) già presenti nel codice penale, con effetti caotici.

Pochi giorni dopo la corte costituzionale ha cancellato un’altra legge paradossale, quella contro la pornografia, approvata e ratificata nel 2014: erano diventati reati comportamenti banali come indossare una minigonna o inserire un riferimento sessuale anche solo eufemistico in una canzone. Nel 2015 aveva fatto scalpore l’arresto della cantante Jemimah Kansiime, rea di aver diffuso un videoclip in cui indossava un vestito ritenuto troppo corto: aveva passato cinque settimane in carcere ed era stata condannata a 10 anni reclusione, ma poi la condanna era stata sospesa in attesa del pronunciamento della corte costituzionale. Intanto, però, in questi anni sono aumentate le aggressioni per strada contro donne giudicate come troppo “svestite”.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

 

Pier Cesare Notaro: “Antifascista, attivista per i diritti delle persone LGBTQIA e delle persone migranti, dottore di ricerca in scienze politiche, mi sono interessato da subito ai temi dell’intersezionalità” > leggi tutti i suoi articoli

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