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L’eterna riconoscenza pretesa, e spesso concessa, dal Partito Democratico (PD) per la legge sulle unioni civili? La santificazione di Monica Cirinnà? A guardare quello che succede nel resto del mondo, quello che è accaduto in Italia sembra decisamente fuori luogo, se non del tutto assurdo. La legge sulle unioni civili – è bene ricordarlo – ha solo ridotto l’incredibile distanza tra l’Italia e il resto dell’Europa occidentale, ma il paese è rimasto decisamente ultimo nella regione nel riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), con le uniche e ben poco significative eccezioni dei micro-stati come Monaco e San Marino.

Il Montenegro ha appena approvato le sue unioni civili e lì il governo ha potuto vantare il fatto che si trattava delle prime nei Balcani e che il paese è davvero all’avanguardia nel riconoscere i diritti delle minoranze sessuali. Il movimento arcobaleno come ha reagito? Ha proclamato eroe nazionale chi ha proposto la riforma? Ha innalzato monumenti multicolore? No: si è detto contento, ma ha sottolineato soprattutto le mancanze e tutto il lavoro che c’è ancora da fare. Come in Italia, le unioni civili sono meglio di niente, ma continuano a trattare le persone LGBTQIA come cittadine di serie B e, quindi, c’è poco da lasciarsi travolgere dai festeggiamenti. Ma è stata fuori luogo la reazione italiana o quella montenegrina?

matrimonio gay uomini bianchiDoccia fredda

Per rispondere, andiamo a vedere quello che sta succedendo in Thailandia, dove il governo di Prayut Chan-o-cha, arrivato al potere con un colpo di stato militare nel 2014, ha appena annunciato un progetto di legge sulle unioni civili, che ha ottime probabilità di essere approvato dal parlamento. A differenza degli analoghi provvedimenti in Italia e in Montenegro, la legge thailandese riconoscerà anche il diritto ad adottare bambini: l’unica differenza con il matrimonio sarà un accesso più limitato alle pensioni di reversibilità e ad alcune esenzioni fiscali. Insomma, non solo sarebbe la prima volta che un paese della regione del Sud-Est asiatico riconoscerà le coppie dello stesso sesso, ma lo farebbe con una legge piuttosto avanzata.

Il governo si è subito pavoneggiato, con la portavoce Ratchada Dhnadirek che ha dichiarato: “Il disegno di legge sulle unioni civili è una pietra miliare per la società thailandese nel promuovere l’uguaglianza tra le persone di tutti i sessi, rafforza le famiglie appartenenti alle minoranze sessuali ed è appropriata all’attuale struttura sociale“. Eppure è arrivata la doccia fredda: il movimento LGBTQIA ha lanciato l’hashtag #SayNoToPartnershipBill (Rifiuta la legge sulle unioni civili) e i social network sono stati invasi di messaggi contro il progetto di legge, giudicato come troppo debole.

Sabbie mobili

Pazzia? No, semplice constatazione che “le unioni non sono uguali al matrimonio“, come ha sintetizzato la deputata trans Thanwarin Sukhapisit. Il partito di opposizione di centro-sinistra di Thanwarin, il Phak Kao Klai (Partito Avanti), proporrà un emendamento per riconoscere il pieno diritto al matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso. Mentre in Italia ci si è arresi alla minaccia dell'”o poco o niente” e si è glorificato chi l’ha fatta, in paesi che spesso consideriamo arretrati il movimento ha ottenuto di più, ma ha chiaramente scelto di lottare per ottenere tutto. Ancora non è dato sapere se otterrà davvero tutto, ma sicuramente non finirà nelle sabbie mobili del “discorso chiuso” in cui siamo finiti noi.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

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