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Ad agosto Jair Bolsonaro, il presidente di estrema destra del Brasile, si è scagliato contro quattro film a tematica LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), dicendo che versargli il finanziamento pubblico di cui avevano diritto avrebbe significato “buttare via i soldi“. Come per magia, pochi giorni dopo il ministro per la cittadinanza, Osmar Terra, ha deciso di sospendere per un anno tutti i finanziamenti pubblici al cinema per riformare completamente le procedure.

I pubblici ministeri, però, non hanno creduto alla semplice coincidenza, ma anzi hanno denunciato il ministro: secondo loro, infatti, dal momento che non c’erano mezzi legali per escludere solo i film a tematica LGBTQIA, il governo ha preferito far saltare l’intero sistema di finanziamento al cinema. Ma questo non è bastato per nascondere la natura discriminatoria della decisione: la giudice Laura Carvalho ha ripristinato i finanziamenti, spiegando che “la libertà di espressione, l’uguaglianza e la non discriminazione meritano di essere protette dal potere giudiziario“.

Ora ci si aspetta che il governo faccia ricorso contro questa sentenza, dal momento che le posizioni omofobe di Bolsonaro e dei suoi ministri non sono per nulla un mistero. E le azioni di censura contro le minoranze sessuali non sono affatto rare: prima del tentativo di impedire al cinema di raccontare storie LGBTQIA, il presidente era già riuscito a far cancellare uno spot in cui appariva una persona trans. Lo sdoganamento esplicito dei pregiudizi sessisti e razzisti, rivendicati persino con orgoglio dalla maggioranza al potere, ha pesanti conseguenze nella vita quotidiana brasiliana, per esempio con un forte aumento dei crimini di odio.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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