Skip to main content

Non possiamo accettare che gli impegni che avete assunto a favore dei diritti umani in Europa e Nord America siano inapplicabili in Africa, dove viviamo“: si rivolge così, in un appello a Facebook, il Collectif Free du Sénégal, un gruppo di attivist@ senegalesi per i diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). Il social network di Mark Zuckerberg sta diventando, ormai da troppo tempo, una fucina di insulti per le minoranze sessuali in Senegal. Attraverso il social network, proliferano incitazioni all’odio, attacchi e discriminazioni violente contro le persone LGBTQIA. E a niente, dichiara Collectif Free, sono servite le millemila segnalazioni alla moderazione di Facebook: gli odiatori vengono lasciati liberi di urlare le loro cattiverie.

Quale sarebbe la ragione di questo silenzio pericoloso da parte di Facebook? La risposta è: gli strumenti di traduzione. Il social network non è dotato di un traduttore automatico dal wolof, lingua locale parlata da milioni di persone in Senegal, Gambia e Mauritania, perciò sarebbe incapace di verificare la veridicità delle segnalazioni. “Per noi è uno shock l’assenza di traduzione automatica in lingue africane ampiamente utilizzate come il wolof nelle numerose pagine ospitate dal vostro social network. Riteniamo che la vostra inerzia in questo senso favorisca lo sviluppo di contenuti d’odio, di cui le persone LGBTI in Senegal devono sopportare le conseguenze” contesta Collectif Free, denunciando la disparità di trattamento avvenuta con la lingua araba.

L’appello arabo

Nel 2020, 22 organizzazioni della regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa), tra cui anche Il Grande Colibrì, si sono rivolte a Facebook per denunciare i discorsi d’odio verso la comunità LGBTQIA, e l’appello è stato ascoltato, pur non soddisfacendo totalmente le associazioni. Facebook ha migliorato la traduzione dalla lingua araba e ha cancellato almeno un terzo dei discorsi d’odio segnalati. Questo perché pare che i moderatori tendessero a rimuovere gli elementi che attaccavano persone specifiche e non le parole d’odio verso concetti come l’essere omosessuale, transessuale, ecc.

Se Facebook non agirà nelle prossime settimane come ha fatto per la lingua araba e nei paesi occidentali, Collectif Free annuncia: “Lanceremo una campagna di opinione pubblica internazionale. Questo ci consentirà di denunciare la vostra prolungata inerzia, attuata durante una significativa recrudescenza di aggressioni fisiche contro le persone LGBTI in Senegal“. Infatti sui social continuano a fioccare video di violenze contro le minoranze sessuali: le piattaforme digitali vengono usate per adescare omosessuali e fingersi interessati a loro al fine di incontrarli e poi picchiarli.

zuckerberg occhi chiusiUn governo ostile

Nonostante nel 2018 abbia aderito all’Open Governement Partnership (Partenariato per un governo aperto; OGP), un’iniziativa destinata a rendere i governi più inclusivi, accelerare l’uguaglianza di genere e colmare le lacune in materia di informazione, accesso e partecipazione, il governo senegalese marginalizza, o peggio ancora, ignora la comunità LGBTQIA.

È giustappunto il segretario di stato per la promozione dei diritti umani e del buon governo, Mamadou Saliou Sow, a commentare in maniera preoccupante questa mancanza: “In Senegal abbiamo la nostra cultura, la nostra realtà e i nostri valori culturali, sociali e religiosi. Il presidente [Macky Sall; ndr] mi ha dato istruzioni precise dicendomi: ‘Dica ai giornalisti, alla società civile e a chiunque voglia sentirlo che il Senegal è intransigente su questo tema“. Tra chi non vuole sentire c’è il governo italiano, che, con un decreto firmato da Di Maio e Lamorgese, ha deciso di classificare lo stato africano come un “paese sicuro” per le minoranze sessuali, pur di impedire il riconoscimento del diritto d’asilo alle persone LGBTQIA senegalesi.

Attuare la costituzione

Intanto, il direttore esecutivo della sezione senegalese di Amnesty International, Seydi Gassama, cerca di fare pressione sul governo per il rispetto dei diritti LGBTQIA. Purtroppo, lamenta, non si può fare molto in termini giuridici: nessuno può costringere il paese a legalizzare l’omosessualità, ma almeno bisognerebbe rispettare la costituzione, che significherebbe garantire rispetto e attenzione sulle violenze commesse contro le minoranze sessuali: “Non possiamo accettare che gli omosessuali siano torturati, linciati o braccati. Il diritto alla vita è garantito dalla costituzione. Chiediamo allo stato di rispettare la costituzione tutelando tutti i cittadini”.

La costituzione senegalese, in effetti, tutela l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione d’origine, di razza, di sesso, di religione. Eppure in Senegal i rapporti omosessuali sono puniti con il carcere da un mese a 5 anni. La massima pena è riservata a coloro che intrattengono rapporti sessuali con un minore di 21 anni.

Ginevra Campaini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì / elaborazione da Guillaume Paumier (CC BY 2.0)

Leave a Reply