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È difficile giudicare l’intervista che DJ Nyaami ha fatto a Nana, un giovane omosessuale, per SVTV Africa: da un lato c’è il titolo urlato (“Gay 21enne rivela: mi hanno scopato 5 pastori”) e la presentazione dell’omosessualità come una condizione miseranda, dall’altro lato il ragazzo non viene presentato come un mostro e un pericolo per la società, come ancora troppo spesso succede nei media africani quando si parla di persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). Forse possiamo valutare meglio il valore di questa intervista attraverso le reazioni che ha suscitato. Ma iniziamo a vedere cosa ha raccontato Nana.

Nana racconta di essere stato “introdotto all’omosessualità” da un suo amico quando era giovanissimo, a 11 anni. Poi non ha più fatto sesso, ma a 15 anni “non avevo nessun aiuto finanziario per fare le superiori. E così sono tornato a farlo per soldi. Un compagno mi ha presentato alcuni uomini ricchi mentre frequentavo la scuola e loro mi davano i soldi dopo aver fatto sesso. La cosa non mi rendeva felice, ma la facevo lo stesso“. Quando hanno iniziato a circolare voci, Nana ha cambiato scuola e ha smesso di prostituirsi, anche se ha continuato ad avere rapporti con altri uomini. Intanto si è fatto conoscere per la sua fede in Dio e per le sue grandi doti canore: i suoi gospel sono molto apprezzati.

Il tentato suicidio

Finita la scuola, Nana è tornato a vivere con i suoi genitori, con cui però non si trova per niente bene: dice che non lo hanno mai ascoltato davvero, che non si sono mai preoccupati dei suoi problemi. Suo padre e sua madre sanno che è gay, sanno che incontra uomini, ma fanno finta di nulla, si vergognano e non ne vogliono parlare. Prigioniero in una casa di silenzi e non riuscendo a trovare un lavoro che gli permetta di diventare autonomo, Nana è sprofondato nella disperazione e ha anche tentato il suicidio.

Nana ha provato anche ad abbandonare la propria omosessualità: “Ho visitato vari pastori perché mi aiutassero con questa cosa. Un pastore mi ha chiesto di rimanere a casa sua per una settimana e poi ha fatto sesso con me. È successa la stessa cosa con altri quattro pastori“. Il ragazzo dice di aver fatto sesso in tutta la sua vita con una ventina di uomini, compresi i cinque sacerdoti, e precisa di non aver mai contratto un’infezione sessualmente trasmissibile, un dettaglio significativo se si tiene conto che la narrazione comune è quella del gay untore.

Un’immagine nuova

I dettagli significativi e inaspettati, in realtà, sono tanti. E sono tante le differenze con le testimonianze di presunti omosessuali che spesso vengono presentate dai media di vari paesi africani. Nana non è descritto come un mostro e fondamentalmente neppure come un pervertito, ma come un bravo ragazzo, persino come un encomiabile giovane cristiano che offre il proprio talento a Dio. Anche il tema della prostituzione è affrontato in modo diverso: d’accordo, esistono persone che fanno sesso per soldi, ma siamo lontani dai soliti scenari complottisti dei giovani comprati per essere arruolati nella onnipotente rete gay. E si può fare sesso tra uomini senza interessi economici, per semplice piacere.

Certo, l’intervista non rimanda un’immagine positiva delle minoranze sessuali e si conclude con un appello per aiutare il giovane sfortunato, ma rappresenta comunque un passo avanti nella rappresentazione dell’omosessualità: passare dalla condanna senza appello ai toni paternalistici non è abbastanza, ma in un ambiente dominato dall’odio è già qualcosa. E infatti questo si riflette sui social: i soliti commenti offensivi o allarmisti lasciano il passo a parole affettuose, a promesse di preghiera, a consigli sgangherati (“Prova a uscire con una ragazza“) ma non violenti, ad appelli ai genitori affinché siano più vicini ai propri figli. Perché, lì dove di solito si vede un “frocio satanico” a cui augurare la morte, oggi appare un ragazzo che rischiava di togliersi la vita giovanissimo.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da Philip Boakye (CC0)

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