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Il bambino di appena 13 anni che gli è morto tra le braccia ossessiona Abdullah (nome di fantasia, come i successivi): il piccolo era stato appena abusato sessualmente in modo brutale dalle guardie del carcere di Damasco, capitale della Siria, dove Abdullah era stato incarcerato perché forniva materiale medico alle aree ribelli. Non è l’unico stupro a cui l’uomo ha assistito: ha visto con i suoi occhi violenze sessuali inflitte a donne e bambini. E anche lui ha subito uno stupro: le forze di sicurezza (sic!) del presidente Bashar Al-Assad gli hanno infilato a forza oggetti nell’ano mentre gli davano scariche elettriche sui genitali.

La storia di Abdallah non è purtroppo un caso isolato. L’organizzazione non governativa (ONG) Lawyers & Doctors for Human Rights (Avvocati e dottori per i diritti umani; LDHR) ha analizzato 138 rapporti medici di ragazzi e uomini che sono stati nelle prigioni del regime siriano e nell’87,7% dei casi ha scoperto che c’è stata almeno una forma di violenza sessuale. E racconta queste storie in un rapporto, “The Soul Has Dead” (L’anima è morta), che sembra un libro horror e che conferma in larga parte un precedente rapporto dell’UNHCR, che però si riferiva anche alle violenze perpetrate dalle forze ribelli.

Scosse elettriche

L’unica colpa di Hady era quella di avere un fratello disertore, ma questo non ha impedito alla polizia di arrestarlo e di portarlo nel carcere di Idlib, dove ha trascorso due mesi nell’autunno del 2014. Qui gli hanno infilato un bastone elettrico nell’ano e gli hanno dato scosse elettriche più e più volte: è una tortura terribile, che provoca forti dolori non solo durante la sua esecuzione, ma anche ogni volta che si defeca nei mesi successivi.

Dalle testimonianze emerge che le scariche elettriche sono più spesso dirette contro i genitali, che possono subire anche altre forme di tortura, dai calci alle bastonate, fino all’uso della fiamma ossidrica sui testicoli. In alcuni casi, i genitali sono stati legati strettamente, impedendo al torturato di urinare: questa pratica non solo è dolorosa, ma provoca gravi infezioni. Lo scopo, secondo quanto avrebbero dichiarato alcuni secondini, era di “impedire la nascita di bambini sunniti”. Pesanti conseguenze hanno anche i violenti stupri anali con oggetti, dai tubi per l’acqua ai bastoni, che sembrano essere tutt’altro che infrequenti.

Lo sguardo che stupra

Ragazzi e uomini non raccontano solo di violenze subite: hanno spesso assistito allo stupro di altre persone, soprattutto donne, a volte proprie familiari. In alcune prigioni le donne erano appese nude alle pareti dei corridoi, esposte allo sguardo di chiunque. Anche gli stupri maschili erano quasi sempre eseguiti davanti ad altri detenuti, minacciati di fare la stessa fine, e accompagnati da percosse e insulti.

In moltissimi casi i detenuti dovevano passare il tempo completamente nudi e c’è chi racconta di essersi dovuto masturbare davanti a donne prigioniere, chi ricorda di essere stato costretto a simulare rapporti omosessuali di gruppo, pena violenti pestaggi. Lo scopo evidente è l’umiliazione e il tentativo di far pensare alle vittime maschili che la loro virilità veniva distrutta per sempre.

Le conseguenze di queste violenze, meno frequenti ma anche più trascurate di quelle subite dalle donne, sono pesantissime: la stragrande maggioranza delle vittime, anche dopo anni, soffre di depressione, ansia e insonnia, è ossessionata dai ricordi e dagli incubi, tende a isolarsi dal mondo e ad avere difficoltà nelle relazioni sociali. E molto spesso non osa raccontare la propria storia, per paura del giudizio altrui.

Pregiudizi da superare

Secondo il rapporto di LDHR, l’uso delle violenze sessuali è diffuso da anni in tutti i centri di detenzione controllati dal governo di Assad, dimostrando che non si tratta di tanti singoli casi, ma di una politica voluta e pianificata dal regime. Da carcere a carcere, al massimo cambia l’uso di qualche pratica (legare i genitali, per esempio, sembra una “specialità” solo di alcune prigioni). L’ONG ovviamente chiede al governo siriano di interrompere queste pratiche e alla comunità internazionale di mobilitarsi. Ma non si ferma qui.

Tra le cose più urgenti da fare, infatti, serve una risposta ferma della società: finché lo stigma e la riprovazione colpiranno le vittime di violenza sessuale invece che i loro carnefici, le persone contribuiranno a isolarle nel senso di vergogna, a danneggiarle psicologicamente e a rendere lo stupro un’efficace strumento di repressione e di guerra.

Come in altri contesti analoghi, serve anche rompere tabù e pregiudizi sul corpo e sulla sessualità maschili: la perdita della verginità anale non può significare la perdita della propria dignità e l’omosessualità non è una sozzura tale da macchiare anche chi semplicemente simula un rapporto tra uomini. Il sessismo e l’omofobia fanno danni sempre, ma sono molto amati dai peggiori oppressori del mondo: non è arrivato il momento di spazzare via questi strumenti di oppressione?

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Max Pixel (CC0)

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2 Comments

  • Giovanni Dall'Orto ha detto:

    Usare come unica fonte una ong finanziata dal Governo inglese, che è parte in causa nel conflitto (ha unità armate operative in Siria, non è quindi una fonte neutrale ma uno dei combattenti) , significa farsi portavoce della propaganda di guerra. A vantaggio di chi?
    https://www.mintpressnews.com/lawyers-and-doctors-for-human-rights-new-ngo-masking-old-geopolitical-goals/231465/

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Alcune note.
      1. L’articolo di critica a un rapporto precedente di LDHR è di Mint Press News, sito web nato dalla volontà dichiarata della sua fondatrice, la giornalista Mnar Muhawesh, di raccontare il conflitto in Siria da un punto di vista opposto a quello del governo USA. Scelta legittima, ma l’impressione è che adotti un punto di vista tutt’altro che neutrale e obiettivo, ma assai favorevole ad Assad. Il sito, non per nulla, è noto soprattutto per la copertura pro-Assad sull’uso di armi chimiche nella Ghouta, che a voler essere molto generosi si potrebbe definire “maldestra”: giornalisti presentati come sul campo che invece non erano in Siria, interviste dal vivo che evidentemente non potevano esserlo, autori che hanno ritratto le notizie riportate, il sito stesso che alla fine ha dovuto ammettere che le notizie riportate non erano state verificate (ma ha rifiutato di smentirle).
      2. Neppure l’articolo di Mint Press News, comunque, dice che LDHR è finanziata dal governo inglese. Afferma invece che a un precedente rapporto di LDHR ha contributo un’organizzazione di cui una dipendente ha svolto attività di formazione per la redazione di documentazione sui casi di tortura e di violenza sessuale in Siria finanziate dal governo inglese. La differenza non è per nulla sottile.
      3. L’aspetto più importante è che le testimonianze raccolte da LDHR coincidono con quelle raccolte da agenzie ONU e altre ONG, che non possono essere accusate di partigianeria in quanto nei loro rapporti hanno denunciato le violenze tanto del regime quanto dei vari gruppi contrapposti (“islamisti” e “laici”). Rapporti di cui ci siamo occupati quando sono usciti. A dire il vero, ci siamo occupati delle violenze tanto degli uni quanto degli altri prima che uscissero rapporti, attraverso testimonianze raccolte da semplici cittadini siriani.
      4. Una critica fatta da Mint Press News è corretta: LDHR parla solo delle violenze perpetrate dal regime, quando sarebbe stato forse non troppo difficile raccogliere testimonianze su quelle commesse dai gruppi ribelli. Se l’accusa di avere simpatie per una parte è plausibile, questo dovrebbe portarci a tacere di violenze che appaiono decisamente credibili e non liquidabili come “propaganda di guerra”?
      5. A vantaggio di chi va una smentita che non smentisce, ma che si limita a fare illazioni, e un commento che riduce questa smentita a un puro slogan, in cui tra l’altro l’unica informazione data è senza fondamento? Non che la risposta ci interessi molto. Preferiamo riportare informazioni credibili (ed eventualmente precisarle o smentirle in caso di critiche fondate).

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