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Una ragazza di 29 anni di Karachi, in Pakistan, è famosa per il suo talento, il suo comportamento spiritoso, la sua preparazione, il suo coraggio e il suo fascino: il mondo la conosce con il nome di Kami Sid. Kami è il nome del coraggio e della passione. Sin da giovanissima ha dimostrato che si può ottenere tutto. Nata in un paese come il Pakistan, Kami ha dovuto superare innumerevoli ostacoli sociali e religiosi, ma la sua natura irrefrenabile l’ha portata fin dove molti altri potrebbero solo sognare.

Lei è stata la prima modella transgender non solo in Pakistan, ma nell’intero mondo musulmano. È famosa in tutto il mondo per il suo attivismo, come una portavoce ben nota dei diritti delle persone trans. Kami ha l’onore di rappresentare il Pakistan su diverse piattaforme internazionali.

Lei è al tempo stesso un’attivista e una modella. E questo è proprio il modo in cui è conosciuta: coraggiosa e affascinante. Fa parte dell’organizzazione thailandese Youth Voices Count (Le voci giovanili contano), che ha lo scopo di affrontare questioni legate all’HIV, alla salute e ai diritti umani attraverso lo sviluppo delle capacità, l’attivismo e la mobilitazione comunitaria all’interno delle comunità transgender nella regione.

È presidente di Naz Male Health Alliance (Alleanza per la salute maschile Naz), l’organizzazione pioniera in Pakistan fondata da Qasim Iqbal che si occupa del benessere della popolazione queer del paese.

E con tanta esperienza e tanto talento viene anche una grande ambizione. Kami ha fondato la sua organizzazione: la Subrang Society. “Subrarung” significa “di tutti i colori”, una parola abbastanza forte per definire la missione di questa realtà. Ed è pronta a portare Subrang fino a un nuovo livello, in cui sia una piattaforma di difesa delle persone transgender e di altre minoranze.

Raccontaci la prima volta che ti hanno proposto di fare la modella: qual è stata la tua reazione spontanea? Avevi dubbi in quanto cittadina pachistana e musulmana?

Io non ho mai puntato a diventare una modella, ma il 23 novembre 2016, quando sono stata contattata per il mio primo servizio fotografico, avevo sentimenti contrastanti. Ero preoccupata per la mia famiglia e per la società, e credo che chiunque lo sarebbe stata, perché la società è sempre diffidente con le persone transgender.

Cosa ti ha convinta alla fine ad accettare l’offerta?

Sono molto determinata in quello che faccio: una volta che decido qualcosa, non mi può fermare niente. E sono molto felice che la mia comunità e la società abbiano riservato solo apprezzamenti per il mio lavoro. Mi sono resa conto solo dopo che fare la modella e recitare sono un lavoro molto duro e che chi svolge queste professioni merita un sacco di applausi, perché credo che faccia un lavoro molto duro che non tutte le altre persone potrebbero fare. Insomma, in pratica l’ho presa come una sfida e sono felice che ancora una volta nella mia vita ho avuto successo.

Hai imposto un nuovo trend nell’industria dello spettacolo pachistano. Come ha reagito il mondo dello showbiz a una donna transgender colta che entra a far parte di questo settore? 

Lo spettacolo è un mondo glamour. Alla nostra società mancano le norme fondamentali di rispetto per le persone transgender, ma quando sono entrata in questo industria di luci scintillanti, sapevo che i miei passi stavano aprendo le porte di questo mondo a altre persone trans. Poco dopo il mio servizio fotografico, i media pachistani hanno accolto una presentatrice transgender in un canale di notizie e una ballerina trans al cinema. Insomma, mi sono presa questa responsabilità. L’immagine che stavo per creare e mantenere nel mondo dello spettacolo sarebbe diventata un precedente per le nuove arrivate.

Ci sono state discriminazioni dovute alla tua identità di genere e alla tua fama?

Ero un’attivista ben prima di diventare una modella: sapevo come avrei gestito le situazioni. È vero che ci sono persone buone e cattive dappertutto, in ogni situazione, ma se sei sulla strada giusta niente può andare storto: dipende dal tuo atteggiamento e dal tuo comportamento.

kami sid modella transgender pakistana

Ha parlato di te il mondo intero dopo il tuo primo servizio fotografico. Raccontaci: a livello internazionale come sei riuscita a cambiare la percezione negativa del pubblico internazionale sul Pakistan e sulla prima modella transgender pachistana?

Chi non vorrebbe la fama e le luci della ribalta? [Ride] Sono certa che la mia intera carriera nello spettacolo sia un esempio vivente grazie al quale il mondo può pensare e immaginare il Pakistan in un modo positivo. Vengo da una famiglia musulmana conservatrice e, come ho già detto, la mia famiglia era preoccupata del fatto che fossi diventata famosa dopo il mio primo servizio fotografico.

Ma subito dopo BuzzFeed India ha pubblicato un articolo su di me in quanto prima modella trans pachistana e tutti gli stereotipi della società sono andati distrutti. Il resto è storia. I media pachistani erano in ebollizione, mi chiamavano da ogni angolo del paese. Ero emozionata, era una sensazione davvero travolgente. La CNN, la BBC, Times of India e un sacco di media internazionali mi hanno scritto e hanno chiesto di me.

Io mi chiedevo: perché ora? Perché prima no? Perché non è successo con tutto quello che avevo fatto fino allora? Ma poi mi sono resa conto che avevo una nuova responsabilità nella mia vita: dovevo mostrare al mondo che quando si ha coraggio si può fare qualsiasi cosa, letteralmente qualsiasi cosa, compreso il fatto che una persona appartenente a una minoranza sessuale porti buona fama a un paese conosciuto nel mondo per il suo estremismo.

Abbiamo tutti un ribelle dentro di noi. Raccontami dei tuoi istinti ribelli: ascolti il tuo lato ribelle? O segui sempre la corrente?

Kami è sempre stata ribelle“… A scuola e al college mi hanno sempre presa in giro per il mio atteggiamento effeminato, ma il mio lato ribelle non mi ha mai fatto perdere la fiducia. Forse è la mia natura ribelle ha significato non perdere la bussola in nessuna circostanza. Il mio lato ribelle mi ha insegnato a essere ottimista, mi ha spinta a lottare per me stessa e per i miei diritti.

Ora ho 29 anni e continuo a lottare per la verità e la giustizia, contro persone a cui sono legata e altre che mi sono del tutto estranee. Prendo positivamente ogni mio aspetto, per questo penso che essere ribelle non sia del tutto sbagliato. Ascolto chiunque mi stia intorno e mi trasformo in base a quello che i miei sostenitori vorrebbero che io sia.

Il tuo essere una celebrità ti ha aiutata nell’attivismo?

Sì, sono attivista e portavoce della comunità sin dal 2012, ma ho ottenuto una fama internazionale dopo essere diventata modella. Senza dubbio la mia carriera da modella mi ha dato una spinta come attivista. A livello internazionale le persone hanno capito come fanno attivismo in Pakistan le persone transgender e quali problemi devono affrontare.

L’ostacolo maggiore è stato mantenere un equilibrio tra le due cose. Perdere il controllo su un aspetto avrebbe significato la morte della mia intera battaglia. Entrambe le mie carriere sono legate alla causa e in fin dei conti hanno la stessa missione e la stessa visione, cioè dimostrare al mondo che essere un’attivista transgender e una modella non è più solo un’idea: ora è una realtà.

Chi è stato il tuo modello come donna?

Credo che la mia principale ispiratrice sia mia madre. Ero piccolissima quando mio padre è morto e mia madre si è fatta carico di me e dei miei sette fratelli. Ha aiutato ciascuno di noi prima a studiare e educarsi, poi a sistemarsi. Ci siamo sistemati tutti grazie a mia madre.

E come attivista?

Ho molte fonti di ispirazione. Qasim Iqbal e il mio compagno mi ispirano perché credono nell’uguaglianza indipendentemente dal genere, dall’età, dall’etnia e dal colore della pelle.

E come femminista?

Le mie muse sono tutte quelle persone che credono davvero nel significato vero del femminismo. Essere femministe non significa essere contro la mascolinità, ma a favore dell’inclusione e della giustizia.

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La comunità transgender pachistana sta passando a una nuova fase di accettazione e visibilità. Quali sono, secondo te, i pro e i contro di questo cambiamento di “marchio” dell’intera comunità trans?

Accettare il cambiamento è molto difficile. Il Pakistan ha ottenuto l’indipendenza 70 anni fa, ma la comunità transgender ha iniziato a combattere per farsi riconoscere solo cinque anni fa: si può immaginare quanto fosse repressa questa società.

Io vedo unità all’interno della comunità transgender su alcuni punti, mentre su pochi punti non vedo unità, forse perché ci sono differenze di mentalità tra chi appartiene alla comunità. Ci si fa concorrenza senza nessuna logica. Le persone all’interno della comunità fanno a gara per ottenere le luci della ribalta sul proprio nome, dimenticandosi completamente che qualsiasi conquista in realtà è una conquista collettiva dell’intera comunità e non di una persona specifica o di un gruppo.

La comunità transgender sta conquistando visibilità e accettazione allo stesso tempo, ma all’interno della comunità la priorità è risolvere alcuni problemi, perché la nuova generazione transgender avrà un impatto molto negativo con sé stessa per colpa della negatività che erediterà dalla generazione precedente.

La società in generale ha sempre avuto familiarità con noi, ma non ci ha mai incluse al proprio interno. La comunità transgender ha dovuto lottare per l’inclusione. Per esempio, io ho iniziato a farmi accettare dalla mia famiglia, poi ho puntato a essere accettata anche dalla società. Tocca a noi cambiare l’idea che ha di noi la mentalità della società: dobbiamo creare un’immagine che elimini lo stigma associato a noi.

Che cosa ti aspettavi dalla tua comunità quando sei diventata modella? Hai ricevuto più appoggio dalla comunità trans pachistana o dalla società?

Come ho detto prima, ho ricevuto tantissimo appoggio dalla mia comunità. E la vera soddisfazione arriva quando le persone della mia comunità apprezzano me e il mio lavoro. Ci sono stati pettegolezzi su di me, per esempio che sarei egocentrica o che il mio attivismo e la mia carriera da modella sarebbero al servizio di miei interessi personali. Ripeto: le critiche le accolgo in modo positivo. Allah mi ha dato rispetto e responsabilità e farò in modo di non farmi sviare dai miei obiettivi e di non dare ascolto alle critiche negative.

Hai fatto molta strada. Il tuo passato è pieno di ricordi belli e brutti: li ritieni una tua debolezza o una tua forza?

Compiamo tutti il nostro viaggio. Come tutti, ho ricordi belli e brutti. Sopravvivere è davvero difficile. Io motivo sempre gli altri, ma a volte ho bisogno di motivare me stessa, perché dopo tutto sono anch’io un essere umano. È in quei momenti che cerco ispirazione all’interno della comunità: trascorro il mio tempo con le persone della mia comunità e ascolto le storie della loto vita. Questo mi dà la spinta e l’auto-motivazione. Più ascolto la mia comunità, più mi allontano dalle miserie del mio passato e più mi sento responsabile nei confronti della mia battaglia.

Quale messaggio vuoi dare alle giovani persone transgender pachistane che vogliono fare carriera nello spettacolo?

Prendetela come una responsabilità. Lo spettacolo è un mezzo potente per promuovere la vostra voce. E allora siate la persona che volete davvero che gli altri conoscano. Più sarà positiva l’immagine creata da una persona transgender nell’industria dello spettacolo, più positivo e forte sarà l’impatto che avrà su tutta la società. Dobbiamo lottare per i nostri diritti e per essere riconosciute: niente è più forte del rispetto di sé.

Quali progetti dovrebbe fare l’industria dello spettacolo pachistana per promuovere una società positiva e trans-friendly?

C’è molto da fare. Di recente ho realizzato una campagna storica sui social network dal titolo “Cambia il battimano”. L’obiettivo era ricreare l’immagine del tradizionale battimano delle khwaja sara [persone biologicamente maschili che sentono di appartenere a un “terzo sesso” e assumono abbigliamento e atteggiamenti femminili; ndt] in un applauso. È stato un grande successo in tutta la nazione.

https://youtu.be/RLfrlGohGv4

Per fine luglio sono previste le elezioni generali in Pakistan e anch’io ho fatto parte della campagna elettorale “Hum Mai Say Aik”

Insomma, tutti questi progetti che evidenziano le problematiche delle persone transgender e danno obiettivi e motivazione per l’inclusione sono necessari. Senza dubbi dobbiamo percorrere ancora tanta strada e dipendiamo molto dai media elettronici, ma la comunità trans deve andare avanti e reclamare i propri diritti usando i teatri, i social media, i media elettronici e altre piattaforme legate allo spettacolo.

I media pachistani a volte hanno usato personaggi sgradevoli per umiliare la comunità transgender, sopratutto quando il personaggio trans è recitato da un uomo o da una donna cisgender. Come si potrebbe tenere sotto controllo questo fenomeno?

Come noi non vogliamo attenerci solo ai ruoli transgender, così vale lo stesso per attori e attrici cisgender. Se sanno recitare il ruolo di una persona trans, perché no? Tutto quello che bisogna capire è che, prima di firmare per un ruolo da transgender, bisogna fare i compiti. Produttori e registi dono capire che se con un personaggio trans rappresentano un’immagine umiliante e degradante, otterranno solo di allargare le distanze tra la comunità transgender e la società.

Ci sono alcune persone transgender che vanno sui media e danno un’immagine negativa e inaccettabile della comunità trans pachistana: la comunità ha preso delle azioni legali contro di loro?

Ci sono poche pecore nere nella comunità che vanno a dire qualsiasi cosa sui media pur di guadagnare qualche soldo. Dal momento che fanno parte anche loro della comunità, un’azione legale contro di loro creerebbe solo imbarazzo a una comunità che deve combattere già tanto. Posso solo dire che dovrebbero conoscersi un po’ meglio, essere un po’ educato e avere qualcosa di positivo prima di andare sui media.

Ultima domanda: cosa pensi che significhi essere Kami Sid?

Tanta positività, coraggio, pazienza e fede in Allah.

Faysal Zia (Sunny)
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Kami Sid per Il Grande Colibrì

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