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L’associazione queer Boys of Bangladesh [Il Grande Colibrì] ha presentato al British Council di Dhaka il primo fumetto a tematica lesbica del paese: “Dhee” (saggezza) affronta i pregiudizi che circondano la sessualità femminile, il corpo ed il ruolo delle donne [Dhaka Tribune]. Anche l’India del sud festeggia una sua prima storia lesbica, anche se in questo caso parliamo di cinema: domani uscirà nelle sale dell’India meridionale il film “141”, per la regia di Bhavaji. Finalmente. Perché, dopo un braccio di ferro durato due anni (il film era pronto già nel 2013), solo ora l’ufficio per la censura ha permesso la proiezione del film, anche se ha vietato di pubblicizzarlo, nonostante non vi siano scene “esplicite” [India Today]. Ma in India si discute anche della serie di fotografie “Coming out” del fotografo indiano Arjun Kamath, con al centro una storia d’amore tra donne dal finale tragico [Facebook].

Sono passi piccoli, ma importanti per rompere la cappa di silenzio che avvolge l’omosessualità femminile in tutto il subcontinente indiano. E, per quanto riguarda gli uomini gay, le cose non vanno molto meglio. “La disinformazione è troppa, il pregiudizio è troppo e, unendosi a problemi legati a povertà, religione e genere, forma un problema unico in India” sostiene il comico statunitense di origini indiane Nik Dodan, che pure in India non ha mai messo piede [Pink News]. E la legge non aiuta: nel 2009 l’Alta corte di Delhi, presieduta dal giudice A.P. Shah, aveva dichiarato incostituzionale la sezione 377, eredità della colonizzazione britannica, che criminalizza l’omosessualità, ma in seguito la Corte suprema indiana, sotto la pressione delle comunità religiose, ha reintrodotto il reato [Il Grande Colibrì]. Si è trattato di un grande errore, dice Shah [The Times of India].

E che dire delle hijra, le “transgender” indiane? Nonostante notevoli passi avanti, la loro situazione resta sempre molto difficile [Il Grande Colibrì]. Banu, studentessa trans di ingegneria di Chennai, risponde così: “Ho chiesto assistenza finanziaria al governo per vivere con dignità. Non voglio fare la carità o le altre attività che la società associa tradizionalmente alle donne trans. Non ottengo lavori part-time perché sono trans e non posso pagare i miei studi. Le autorità non vogliono prendere iniziative per offrirci fonti di sostentamento alternative”. Lei e altre donne trans hanno allora avanzato una richiesta shock al governo: “Dateci l’eutanasia” [The Hindu]. Anche altre attiviste lamentano il fatto che i miglioramenti previsti sulla carta non hanno prodotto molti effetti sulla vita delle hijra [The Typewriter, via Wayback Machine].

L’anno scorso, ad aprile, è stata approvata un’importante legge sui diritti delle persone transgender, che dovrebbe assicurare inclusione sociale ed economica, incentivi alle assunzioni, assegni di disoccupazione, servizi sociali, oltre a proibire la discriminazione basata sull’identità di genere e a istituire una linea amica per raccogliere le denunce. Ma purtroppo a maggio ha vinto le elezioni il candidato di destra, Narendra Modi: sotto la sua presidenza, il percorso di emancipazione delle hijra ha subito una brusca frenata, distruggendo il sogno di un futuro migliore. Eppure qualche segnale positivo continua ad esserci: ad esempio, nel Tamil Nadu, a sud, i giudici hanno imposto alla polizia di accettare la candidatura di una ragazza trans, K Prathika Yashini [The Times of India].

Un altro segno di speranza arriva dalla partecipazione di un gruppo di hijra pakistane alla tradizionale festa di Bhujaria: un colorato corteo di donne transgender ha percorso, tra canti e danze, le strade di Bhopal, in India centrale [Catch News]. Ma non è stata l’unica parata variopinta del subcontinente indiano: a Kathmandu, capitale del Nepal, centinaia di persone hanno celebrato il Pride chiedendo l’introduzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il Nepal nel 2007 ha cancellato il reato di omosessualità e ha riconosciuto l’esistenza del “terzo sesso” (quello in cui si identificano le hijra della regione). Ora si chiede che i diritti delle minoranze sessuali siano introdotti nella nuova costituzione che si sta redigendo proprio in questi mesi [BBC]. Sarebbe un ottimo esempio anche per gli stati vicini…

 

Pier
©2015 Il Grande Colibrì

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