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Lo scorso 13 giugno 2022, Gallup, la rinomata società privata statunitense specializzata nei rilevamenti statistici e nei servizi di consulenza per aziende, ha pubblicato gli esiti di un sondaggio condotto nel 2021 in ben 110 nazioni, sul livello di accettazione delle persone gay e lesbiche in ognuno di questi paesi. Esiti che evidenziano un netto miglioramento dell’accettazione di gay e lesbiche in quasi tutti i paesi del campione preso in considerazione.

Foto © Betzy Arosemena, da Unsplash

Se nel 2005, quando per la prima volta l’istituto di sondaggi chiese allə intervistatə se il loro paese fosse “un posto tranquillo per i gay [e le lesbiche, ndr]”, solo il 21% rispose di “sì”, nel 2021 questo numero è salito al 50%. Secondo il sondaggio Gallup, a trascinare in alto la percezione di una maggiore apertura verso gay e lesbiche sono stati “i picchi” registrati in quattordici paesi, che hanno visto il numero di coloro che ritengono il proprio paese un luogo ospitale per gay e lesbiche aumentare in modo significativo nel corso di sedici anni.
Si tratta perlopiù di paesi del continente asiatico, dell’America latina e dell’Europa centrorientale. In stati come il Nepal, l’India e Taiwan, tale sensazione di miglioramento delle condizioni di vita per gli uomini gay e le donne lesbiche è dovuta alle riforme legislative che hanno ridotto, se non cancellato, lo stigma sociale riservato alle persone omosessuali in quelle nazioni. Infatti, negli ultimi dieci anni, il Nepal e l’India hanno di fatto depenalizzato l’omosessualità, tramite delle sentenze giudiziarie o delle riforme costituzionali, mentre Taiwan ha introdotto nel proprio ordinamento il matrimonio egualitario nel 2019.

Foto © Clem Onojeghuo, da Unsplash

Tuttavia, il sondaggio dell’istituto di statistica rileva anche degli arretramenti in alcuni paesi. In tal senso, la Gallup cita come esempi il Nicaragua e il Paraguay, due paesi che nel rilevamento del 2011 vantavano una maggioranza di cittadinə che percepivano le loro rispettive nazioni come luoghi sicuri per gay e lesbiche – rispettivamente 54% e 56%. Dieci anni dopo, la repressione omolesbobitransfobica del presidente nicaraguense Daniel Ortega, e la svolta conservatrice in Paraguay che ha spinto gli ultimi due presidenti a bloccare ogni tentativo di introduzione del matrimonio egualitario, hanno fatto crollare queste percentuali al 42% e al 40%.

Foto © Jakayla Toney, da Unsplash

Riassumendo gli esiti di questa indagine sulla percezione che ognuno dei 110 stati presi in esame ha, in merito alla propria apertura o meno verso le loro comunità gay e lesbiche, il sondaggio ha stilato una classifica delle nazioni più “gay-friendly”, e quelle più omotransfobiche. Tra i paesi dove la percentuale di persone che percepiscono una maggiore accettazione dell’omosessualità è alta, spiccano i paesi nordici, seguiti da diversi paesi europei, Canada, Australia, Nuova Zelanda. Gli unici paesi non-occidentali a far parte di questa top 15 sono il Nepal e l’Uruguay.
Nella parte bassa della classifica invece, troviamo invece vari paesi africani – Malawi, Senegal, Ghana, Zambia, Nigeria e Tunisia -, e alcuni paesi dell’ex URSS come la Georgia, il Kyrgyzstan e il Kazakistan. L’istituto di sondaggio fa inoltre notare che la metà dei paesi in cui essere gay o lesbica – e aggiungiamo anche bisessuale, uomo o donna trans e persone non-binarie –  significa rischiare una pena detentiva, si trovano in Africa.

Se questo sondaggio della Gallup offre un’analisi statistica sull’impressione che una popolazione ha nei confronti della capacità del proprio paese a garantire il quieto vivere di gay e lesbiche, sorgono tuttavia alcune domande.
La prima riguarda la composizione dei vari campioni nazionali. Infatti, partendo dal presupposto che ogni campione deve rappresentare il più fedelmente possibile la popolazione di un paese, possiamo dedurre che la maggior parte dellə intervistatə sono eterosessuali in quanto questə ultimə compongono la maggioranza della popolazione di tutti paesi. Sorge quindi spontanea la domanda sulla pertinenza di chiedere ad una maggioranza eterosessuale se il proprio paese è inclusivo, o meno, nei confronti della minoranza gay e lesbica; una maggioranza che conosce poco, o nulla, le aggressioni e discriminazioni omolesbobitransfobiche (quando non è essa stessa l’autrice a vario titolo delle stesse aggressioni e discriminazioni).

Foto © Brian Kyed, da Unsplash

Inoltre, guardando da vicino la domanda posta, salta subito agli occhi che vengono solamente prese in considerazione gli uomini cis-gay, e le donne cis-lesbiche. Che ne è di chi è bisessuale o asessuale? Come mai quella domanda non include le persone transessuali e non-binarie, che subiscono più violentemente le discriminazioni omolesbobitransfobiche, anche quando nello stesso paese la situazione delle persone cis ed omosessuali è relativamente “tranquilla”, per riprendere l’aggettivo utilizzato nella domanda del sondaggio?

Sotto questo punto di vista, i risultati di questo sondaggio appare abbastanza falsato, offrendo un quadro troppo positivo rispetto alla realtà con cui devono confrontarsi le categorie della comunità queer che non sono cis e/o omosessuali (transgender, non-binaria e asessuale).

Foto © Brian Kyed, da Unsplash

Forse è anche per questo motivo se paesi conosciuti per la loro omolesbobitransfobia sono stati promossi dall’indagine della Gallup come i “posti tranquilli” per gay e lesbiche. Un esempio su tutti è la Polonia che, con i suoi 52%, viene promossa come un luogo sicuro, nonostante le proposte di legge e le esternazioni di politici di primo piano pesantemente discriminatorie nei confronti delle minoranze sessuali.

Nel pieno delle varie ricorrenze in occasione del mese dell’orgoglio arcobaleno che, è bene ricordarlo, ebbe inizio grazie alla rivolta scatenata da persone trans e razzializzate, il sondaggio sulla percezione della capacità di 110 paesi di garantire sicurezza e serenità ai gay e alle lesbiche, fotografa una realtà migliore rispetto a quella di sedici anni fa. Tuttavia, si tratta di una fotografia parziale.

 

Stefano Duc
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Norbu Gyachung da Unsplash

 

Stefano Duc: “Nato a Firenze e laureato in lingue straniere e scienze della comunicazione, ho iniziato a fare attivismo nel 2020, mettendo a disposizione dell’associazione Il Grande Colibrì la mia passione per la scrittura giornalistica. > leggi tutti i suoi articoli

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