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A partire da giovedì 28 ottobre, il Sejm, la camera bassa polacca, prenderà in esame il progetto di legge di iniziativa popolare promosso dalla fondazione Życie i Rodzina (Vita e famiglia). Nelle fila di questa organizzazione ultra-cattolica milita Kaja Godek, attivista antiabortista nota per le sue campagne discriminatorie nei confronti delle persone LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali): la sua affermazione secondo cui “l’orientamento sessuale non esiste” è stata votata “stupidaggine dell’anno 2020 in ambito biologico” dal sito To Tylko Teoria (È solo una teoria). Godek ha portato per la seconda volta in pochi mesi le firme necessarie al Sejm, dopo che, una prima volta, il progetto era stato rifiutato per ragioni procedurali.

Lo scopo dichiarato della legge sarebbe quello di “inserire alcune limitazioni al diritto di assemblea garantito dalla costituzione polacca”, ma nei fatti si vuole eliminare la visibilità delle persone LGBTQIA+ dallo spazio pubblico del paese. In dettaglio, se la legge entrasse in vigore, sarebbe vietato fare “propaganda” per le unioni civili, per il diritto al matrimonio e alle adozioni per le coppie dello stesso sesso, per gli orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale, per riconoscere il fatto che l’identità di genere può non essere legata al sesso biologico, e per l’attività sessuale di persone sotto i 18 anni.

Contro l’arcobaleno

Un ulteriore divieto riguarderà la “profanazione” dei simboli religiosi, degli emblemi nazionali e della bandiera, con un chiaro riferimento alla “Madonna arcobaleno” (alcunə attivistə sono statə denunciatə, ma poi assoltə, per avere aggiunto un’aureola multicolore a un’immagine della Vergine di Częstochowa) e all’abitudine, nelle parate dei Pride, di colorare con i colori arcobaleno lo stemma nazionale polacco.

Il progetto di Godek vieterebbe anche lo svolgimento delle marce dei Pride. Su questo punto è sorprendente la posizione della Corte suprema polacca, che ha dato il via libera alla discussione parlamentare della legge di iniziativa popolare. Fino ad oggi il massimo tribunale aveva respinto ogni limitazione al diritto di assemblea, sia nel 2019, quando ci fu un tentativo di vietare il Pride a Lublino, sia l’anno precedente, quando l’allora sindaco di Varsavia aveva chiesto di fermare la Marcia per l’indipendenza (di fatto una riunione di gruppi principalmente ultrareligiosi e nazionalisti). In entrambi i casi, la Corte aveva decretato che “la libertà di riunirsi svolge un ruolo importante in uno stato democratico”. Questa volta, invece, non ci sono state obiezioni.

divieto bandiera rainbow arocobalenoBraccio di ferro

Nel corso della “guerra” che il partito nazionalista e religioso al potere in Polonia dal 2014, Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e giustizia; PiS), sta facendo alle minoranze e soprattutto al mondo LGBTQIA+, vari esponenti, tra i quali il leader del partito Jarosław Kaczyński, il ministro dell’istruzione Przemysław Czarnek e il presidente della repubblica Andrzej Duda, avevano lasciato intendere almeno la loro “non contrarietà” a una legge che cancellerebbe milioni di polacchə dalla vita pubblica e che sarebbe molto simile all’infausta legge russa del 2013 e a quella recentemente votata in Ungheria.

Per Krzysztof Śmiszek, deputato di Nowa Lewica (Nuova Sinistra, partito di opposizione al governo del PiS), si tratta di “un progetto scandaloso”, che “è contrario ai diritti umani fondamentali e ai principi della costituzione. Non è possibile limitare il diritto di assemblea, di esprimere le proprie idee e la propria identità soltanto perché ci sono rivendicazioni che non piacciono a qualcuno. Mi aspetterei che la presidente del Sejm, Elżbieta Witek, non mettesse in discussione questa legge, ma il PiS al momento è ostaggio dei gruppi di estrema destra”.

Va anche puntualizzato che, nonostante anni di attacchi e propaganda, la maggioranza delle persone in Polonia vorrebbe un aumento dei diritti, e non la loro soppressione. Il rischio è che, però, il governo utilizzi una stretta sui diritti delle persone LGBTQIA+ come arma nell’ambito del braccio di ferro in corso tra i governi sovranisti dell’Europa dell’est e le istituzioni europee e che vede anche queste tematiche come punto di scontro.

Alessandro Garzi
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì / elaborazione da mathiaswasik (CC BY-SA 2.0)

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

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