Skip to main content

Il Brasile è una nazione grande come un continente e, anche senza considerarne le dimensioni, le contraddizioni non sembrano mancare. O almeno questa è l’immagine che registrano le cronache, che parlano di un paese in grande crescita economica, di milioni di persone uscite dalla povertà e – quindi – di proteste apparentemente inspiegabili. Ma i media faticano a vedere la fragilità della nuova classe media e il rallentamento di questo processo, oltre alle decine di milioni di poveri che ancora attendono il mantenimento delle promesse dal governo.

Allo stesso modo potrebbero apparire senza ragione le rivendicazioni della comunità LGBT, dopo che la Corte suprema ha riconosciuto le unioni tra persone dello stesso sesso, rendendole quasi pari al matrimonio eterosessuale. Invece gay, lesbiche e trans sono tornati in piazza nelle recenti proteste: non solo per ribellarsi alle violenze che continuano a colpire gli omosessuali [BOL Notícias], ma anche per reclamare la totale parità e impedire ogni arretramento in fatto di diritti.

“Il movimento LGBT brasiliano ha partecipato alle manifestazioni e lo ha fatto non solamente per chiedere parità di diritti per le persone omosessuali e transessuali – spiega Julio Moreira, presidente del gruppo Arco-Iris e segretario regionale dell’Associazione brasiliana di gay, lesbiche, bisessuali, travestiti e trans per la zona di Rio de Janeiro – ma anche per chiedere, insieme al resto della popolazione, il miglioramento dei servizi pubblici, la riduzione dell’inflazione, la lotta alla corruzione e la riforma della politica”.

“Storicamente – continua Julio – il movimento LGBT brasiliano si è sempre interessato ai problemi socio-economici, nella consapevolezza che lo sviluppo del paese da una parte è alimentato dalla garanzia di pari opportunità e dall’accesso ad un’istruzione di qualità e, dall’altra parte, influisce direttamente sul comportamento delle persone: aumenta il rispetto per le differenze e rende più probabili le nostre conquiste”.

In più, per la comunità LGBT brasiliana c’è la paura di una svolta conservatrice: il percorso di concessione dei diritti, iniziato dal presidente Lula, si è interrotto e Dilma Rousseff ha deluso le aspettative. “La presidente ci aveva fatto capire che i progressi del governo Lula nel riconoscimento dei diritti civili e sociali – spiega Julio – sarebbero continuati anche con il suo governo. Invece è successo che il governo federale, con la scusa della governabilità, si è messo nelle mani di settori conservatori legati ad alcune chiese evangeliche fondamentaliste”. Il movimento gay-lesbico contesta anche alcuni arretramenti specifici: “Per quanto riguarda i diritti LGBT, si sono persi alcuni spazi di studio e di contrasto sull’omofobia”.

Ci sono stati problemi anche in Parlamento: “La Commissione dei Diritti umani della Camera dei deputati – racconta Julio – è presieduta attualmente da Marco Feliciano, che è al tempo stesso un parlamentare e un pastore evangelico fondamentalista: invece di promuovere i diritti umani del nostro popolo, ha promosso una legge che avrebbe permesso agli psicologi di trattare l’omosessualità come una malattia, utilizzando terapie di conversione della sessualità che sono state condannate dalla scienza. E le principali associazioni e reti LGBT brasiliane si sono mobilitate contro questa proposta, ricevendo il sostegno di molte organizzazioni che si occupano di diritti umani e perfino di alcune istituzioni religiose”.

Certamente, tra i problemi che affrontano gli LGBT brasiliani, c’è anche l’evoluzione (o forse, meglio, l’involuzione) della proposta politica delle forze progressiste, come quelle che governano lo stato da ormai una decina di anni: “Secondo me, il movimento LGBT è storicamente legato ai movimenti della sinistra, che lottano per l’uguaglianza sociale e contro il capitalismo – chiarisce Julio – Esistono settori LGBT collegati con la destra, ma sono solamente una minoranza. Tuttavia, in Brasile come altrove, la sinistra attuale riflette una nuova realtà: non esiste più una sinistra vera né una sinistra che abbia le stesse strutture del passato”.

“La relazione tra il capitale e la società – conclude Julio – ha assunto una forma tale che la maggioranza dei partiti tende ad assumere posizioni centriste. Dialogando direttamente con le forze che detengono il potere, il movimento LGBT non ha accumulato abbastanza forza per influenzare le loro decisioni. E aprirsi o arrendersi agli appelli dei partiti di questo governo non sembra la strada giusta”.

Atlante LGBT delle proteste globali:
1. La Tunisia
2. La Turchia
3. La Bulgaria
4. Il Brasile
5. La Russia

Michele Benini
©2013 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

Leave a Reply