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Il mare a Dragona non è bello; è malato. Malato come la società, dove i valori sono ribaltati, anzi, il valore sembra essere l’assenza di essi. Una società in cui tutto è sessualizzato, persino i muri in ogni angolo del paese, sin da bambini. È un pedaggio da pagare per essere accettati, in alcuni casi.

La cornice temporale di “Maregrigio” di Vincenzo Restivo (Officina Milena 2020, 152 pp., 13€) è quella della festività della Madonna sull’Acqua, che si celebra a Dragona il 15 di giugno. Il tempo viene scandito dai preparativi per issare la statua della Vergine sull’acqua, mentre tutti, esplicitamente o meno, ripongono le loro speranze nel “miracolo” della Madonna. Ma anche lei sembra impotente di fronte ai mali causati da uomini che appaiono come più temibili dei peggiori demoni.

marechiaro restivo officina milenaCi sono dei racconti che si incrociano, ruota quasi tutto intorno alla famiglia del sedicenne Ezio, il primo personaggio che incontriamo nel libro. La sua “condanna” – perché così è costretto a viverla – è quella di essere omosessuale e di prendersi una cotta per un ragazzo più grande, che non si rivelerà essere quell’angelo bellissimo che Ezio credeva.

Poi ci sono Diego e Stefano, fratelli di Ezio, che funzionano in coppia. Diego è sfrontato e affamato di tutto, di troppo. Stefano è cauto, perché il mondo gli arriva ovattato: si ha a volte l’impressione che in questa bolla la società non riesca ad entrare e a svolgere il suo lavoro di corruzione. Stefano non capisce, ma intuisce quando qualcosa non va, quando qualcosa “è sbagliato”. Diego, invece, è una spugna immersa nel patriarcato, che prima ancora di poter capire e comprendere, ancora bambino e a malapena ragazzino, percepisce già il corpo femminile come un oggetto.

E poi c’è Teresa, a proposito di corpo femminile oggettificato. Anche lei, come Ezio, vive di nascosto la sua condanna: sin da piccola ha dovuto concedere parti di sé per essere considerata. Lei voleva giocare a calcio con i ragazzi, ma per farlo doveva dare qualcosa in cambio. E lo stesso succedeva con il padre di Teresa, per il quale la figlia era un mero corpo da usare a piacimento ma non solo, da mercificare per gli altri. E Teresa, quel corpo femminile, nemmeno lo vuole.

È un libro all’insegna della mancanza: a tutti i personaggi “manca” qualcosa: una morale, l’amore, comprensione, il corpo desiderato, uno status. Maregrigio è uno spaccato di una società torbida, che miete vittime e non risparmia nessuno, nemmeno chi non ha colpe. Lo stile incalzante dell’autore accompagna il lettone pagina dopo pagina, sembra quasi sospingerlo ad arrivare alla fine di ogni capitolo il prima possibile, a divorare queste dolorose verità una dopo l’altra, fino alla fine.

giovane uomo bianco tristeIl sesso e la sessualità sembrano essere al centro della narrazione, nei diversi modi in cui viene vissuta dai vari personaggi. Non è un racconto di speranze, non è un quadro dai colori pastello, un racconto a lieto fine. È cruda realtà. Non la realtà in toto, certamente, ma la realtà di molti mondi e, di conseguenza, di molte persone. L’omosessualità, per esempio, è vissuta da Ezio come un’onta; non può permettersi di viverla liberamente, deve nascondersi nei cessi sporchi di un parchetto e viene perfino costretto dal padre a rivolgersi a Teresa, che viene fatta prostituire dal proprio, di padre. Quando Ezio crederà di prendersi una cotta per un compaesano, non scoprirà le gioie dell’amore, bensì l’umiliazione. A Dragona non c’è libertà per chi vuole vivere a modo proprio.

Così è per Teresa, che non vuole un corpo di donna ma il suo contrappasso è la prostituzione, il dover dare a forza quel corpo tanto odiato. Anche la madre di Ezio ha una parte nella storia, ed è la parte di una donna che si sente incompresa, forse non più amata come prima, e si rifugia nella passione acerba di un adolescente, in cui lei sembra quasi ostinarsi a voler vedere a tutti i costi un uomo, complice e responsabile, ma che finirà per deludere le sue aspettative.

Tutto quello che ruota intorno al sesso, in Maregrigio, è sporco, perverso, violento, sbagliato. È esattamente tutto quello che non dovrebbe essere, quello di cui abbiamo paura e che vorremmo eliminare dalla nostra società. Ma purtroppo tutto questo è ancora ben presente e radicato e, anzi, per una grossa fetta della popolazione italiana, forse, non si discosta molto dalla normalità.

Maregrigio è come il mare. Mentre ti addentri tra le pagine, ti trascina giù. Ti butta la testa di sotto. A volte ti manca il respiro, ma non riesci a tornare a galla, al mondo fuori dal libro. Non vuoi. Perché vuoi arrivare all’origine di quella violenza, di quei dolori. Di quelle storie disturbanti, sperando che ci sia, da qualche parte, un barlume di compassione. Proprio come Stefano, che mentre si impegna a decifrare costantemente il fratello Diego, vede la malizia nei suoi sguardi, ma spera sempre che ci sia qualcosa di buono. In fondo. Anche chi legge, forse, vorrebbe divorare il libro in fretta, sperando di trovare un barlume di speranza e di bontà in uno spaccato di società cupo, corrotto, intriso di dolore.

Elena De Piccoli
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazione dalla copertina / Il Grande Colibrì

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