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All’inizio dell’era moderna i matrimoni tra due persone a cui era stato assegnato lo stesso sesso, ma che si identificavano in un genere diverso, erano abbastanza normali in molte parti del sud-est asiatico. Lo sappiamo soprattutto dai resoconti che gli europei hanno scritto quando sono sbarcati sulle coste dell’Asia.

“Persone perverse”

Per esempio, ecco cosa ha scritto nel 1544 il missionario cattolico portoghese Antonio de Paiva in una lettera al suo vescovo a proposito di ciò che aveva notato nel popolo bugi in quella che oggi è l’Indonesia:

Vostra signoria saprà che i sacerdoti di questi re sono di solito chiamati bissu. Non si fanno crescere la barba, si vestono con abiti femminili, tengono i capelli lunghi e si fanno le trecce. Imitano il modo di parlare [delle donne; nda], perché adottano tutti i gesti e tutte le disposizioni femminili. Si sposano con altri uomini normali e, secondo gli usi di questa terra, si trasferiscono da loro, dove vivono al chiuso e si uniscono carnalmente nei loro posti segreti con questi uomini che sono i loro mariti“.

Dopo questa descrizione scandalizzata, l’autore conclude stupendosi che il dio cristiano, che aveva distrutto “tre città di Sodoma per lo stesso peccato“, non avesse ancora distrutto queste “persone depravate” che erano “circondate dal male“.

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I bissu del popolo bugi

Almeno dal Duecento i bissu hanno tradizionalmente svolto il ruolo di consiglieri dei re e di custodi dei manoscritti sacri. Sono considerati come il quinto genere all’interno del sistema dei generi dei bugi : oroané (uomini maschili), makkunrai (donne femminili), calabai (donne maschili), calalai (uomini femminili) e appunto bissu, che non sono né maschili né femminili, o che sono sia maschili sia femminili.

Oggi i loro ranghi si sono assottigliati (in un’area, la popolazione si è ridotta a sole sei persone), ma la tradizione sopravvive e i bissu continuano a svolgere importanti riti di benedizione. I bissu contemporanei sono di solito individui di sesso maschile che combinano nel proprio aspetto elementi femminili e maschili. Anche se in passato i bissu erano sposati, oggi devono essere celibi.

Nella cultura pre-islamica dei bugi, i bissu erano onorati come sacerdoti e avevano il compito di mediare tra gli dei e le persone proprio a causa, e non a dispetto, del loro genere. Secondo il professor Halilintar Lathier, un antropologo indonesiano, la cultura bugi “percepiva il mondo superiore come maschile e questo mondo come femminile, quindi solo un meta-genere poteva fare da intermediario“.

Le manang bali del popolo iban

Questo modello di prete con un genere “esteso”, che poteva sposarsi con altre persone del suo stesso sesso, è ricorrente in tutto il sud-est asiatico.

Il Borneo, una grande isola che contiene tutto il Brunei e parti dell’Indonesia e della Malesia, è la patria di molte comunità indigene, tra cui gli iban. Nella loro storia gli iban hanno sempre rispettato le manang bali, che erano tipicamente sciamane biologicamente maschili che avevano adottato abiti e comportamenti femminili, e che avevano sposato degli uomini. Le manang bali erano mediatrici e ricoprivano ruoli di grande importanza rituale: di solito erano ricche cape villaggio note per le loro arti curative.

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I sida-sida in Malesia

A ovest del Borneo si trova la penisola malese, dove gli Annali malesi e l’opera storica Misa Melayu, risalenti al Quattrocento, testimoniano l’esistenza di sacerdoti, chiamati sida-sida, che servivano nei palazzi dei sultani malesi: erano responsabili della salvaguardia delle donne nel palazzo, del cibo e dell’abbigliamento del re e sovrintendevano al protocollo rituale. I sida-sida adottavano “comportamenti androgini”, per esempio indossavano vestiti femminili e svolgeva compiti femminili.

Un antropologo malese negli anni ’50, Shamsul A.B., ricorda che, quando era piccolo, aveva visto nel palazzo reale una sida-sida dal corpo maschile: la gente riteneva che dovesse essere casta, asessuale o attratta dagli uomini.

Michael Peletz, antropologo e autore dell’articolo “Transgenderism and Gender Pluralism in Southeast Asia since Early Modern Times” (Transgenderismo e pluralismo di genere nel sud-est asiatico dall’inizio della modernità) pubblicato da Current Anthropology (vol. 47, n. 2, aprile 2006), osserva che, in base alle prove, è “altamente probabile” che i sida-sida fossero persone transgender di sesso sia maschile sia femminile che avevano rapporti sessuali con persone dello stesso sesso biologico o del sesso opposto.

Le asog nelle Filippine

A nord-est della Malesia ci sono le Filippine, dove le babylan, donne guaritrici e sciamane responsabili della mediazione tra gli dei e il popolo, erano le guide religiose. Questo ruolo poteva essere svolto anche da persone dal corpo maschile (asog, bayog), a volte considerate un terzo sesso, purché si comportassero da donne. Un manoscritto cattolico spagnolo del Cinquecento descrive le asog con queste parole: “Di solito si vestono da donne, si comportano come educande e sono così effeminati che chi non li conosce crede che siano donne […] Sposano altri maschi, dormono con loro come marito e moglie e hanno conoscenza carnale“.

I preti spagnoli consideravano le asog come “possedute dal diavolo“, in particolare perché abitualmente praticavano la “sodomia” tra loro. Dal momento che i cinesi erano conosciuti come omosessuali e a causa di vari atteggiamenti sinofobi, alcuni addirittura attribuivano la diffusione della sodomia ai cinesi, che secondo loro avevano “infettato i nativi” e avevano introdotto questa maledizione tra gli “indiani“, anche se questa cosa non è provata.

Sarah Ngu per South China Morning Post
scrittrice malese e cofondatrice di Church Clarity
traduzione di Pier Cesare Notaro
©2019 Sarah Ngu – Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì / elaborazione da elrentaplats (CC BY-NC-SA 2.0) / da Hptina24 (CC BY-SA 4.0)

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