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Spesso gli indonesiani concepiscono genere e sessualità in modo binario (maschio e femmina, maschile e femminile) senza considerare altri generi e altre sessualità. Si giudica l’eterosessualità come l’orientamento sessuale “normale”, se non addirittura obbligatorio, mentre si considerano inaccettabili l’omosessualità e la bisessualità. Per questo il recente forte attacco contro le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) non sorprende, soprattutto da parte dei media. Tuttavia bisognerebbe capire che le diversità di genere e sessuali sono parte integrante delle società indonesiane.

Diversità di genere in Indonesia

Per la cultura indonesiana le diversità di genere e sessuali sono parte della vita quotidiana: l’Indonesia ha una storia ricca di omosessuali e transgender che contraddice il luogo comune secondo cui si tratterebbe di importazioni occidentali. Le persone dovrebbero ormai smettere di considerare l’omosessualità e il transgenderismo come prodotti della cultura occidentale: la diversità di genere è stata considerata normale nella cultura indonesiana per molto tempo, prima che il colonialismo e la modernità esercitassero la loro forte influenza sulla nostra società.

Prendiamo, per esempio, i bugi, un popolo che vive nella parte meridionale dell’isola di Sulawesi, e la loro flessibilità di genere. Sin dall’epoca pre-islamica, i bugi hanno riconosciuto cinque generi, dividendo la società in oroane (uomini), makkunrai (donne), calabai (donne transgender), calalai (uomini transgender) e bissu (sacerdoti androgini).

Allo stesso modo i toraja, un altro popolo che vive nella provincia del Sulawesi meridionale, ha riconosciuto un terzo genere, chiamato “to burake tambolang”. Secondo l’antropologa Hetty Nooy-Palm i toraja riconoscevano come leader religiosi più importanti della loro cultura una donna (burake tattiku) e un “uomo vestito da donna” (burake tambolang).

In passato i leader religiosi transgender hanno avuto ruoli importanti tanto nelle comunità bugi quanto in quelle toraja: nei villaggi bissu e to burake celebravano cerimonie spirituali e rituali per il raccolto. Avere una to burake era fonte di ammirazione e onore per un villaggio. Purtroppo questa tradizione si è indebolita a causa dei valori moderni e dei sistemi educativi portati dal colonialismo.

Anche le pratiche omosessuali sono sempre esistite in Indonesia. L’omosessualità era un elemento fondamentale dei riti di alcune tribù nell’area sud-orientale dell’attuale provincia indonesiana di Papua (ma anche di altre tribù sulle montagne orientali della Papua Nuova Guinea): i ragazzi dovevano praticare sesso orale agli uomini più anziani come parte dei riti di passaggio alla vita adulta. Credevano che lo sperma fosse la fonte della vita e della virilità e quindi fosse importante per far diventare veri uomini i ragazzi.

Nella provincia di Giava orientale la danza tradizionale Reog Ponorogo rappresenta l’intima relazione tra due personaggi: warok e gemblak. Il danzatore maschile principale, cioè il warok, deve seguire regole e rituali fisici e spirituali severi. Queste regole proibivano al warok di avere rapporti sessuali con una donna, ma gli permettevano di avere relazioni carnali con i ragazzini che interpretavano i gemblak nella danza. Anche se warok e gemblak praticavano atti omosessuali, non si identificavano come omosessuali. Oggi le donne hanno iniziato a interpretare il personaggio del gemblak.

In altri spettacoli teatrali della tradizione giavanese, come il ludruk o il wayang orang, non è insolito che un uomo interpreti un personaggio femminile, o viceversa.

Trasformazione e globalizzazione

Il colonialismo ha indebolito queste ricche e intricate tradizioni di diversità di genere in Indonesia, ridefinendo i concetti di genere e sessualità in base a religioni e valori moderni. Le religioni moderne enfatizzano con forza l’eterosessualità all’interno del matrimonio: il sesso è considerato una questione morale, quindi è immorale se avviene al di fuori del matrimonio o tra due persone non di sesso opposto. Il colonialismo olandese ha proibito l’omosessualità e anche oggi, anche se l’Indonesia non ha leggi specifiche contro l’omosessualità, questa di solito è considerata inaccettabile.

Tuttavia, la globalizzazione ha introdotto nuove dimensioni di genere e identità sessuali. Nel nostro vocabolario sono entrate nuove categorie come lesbica, gay, transgender, queer e intersex. Il termine LGBT è diventato abbastanza popolare negli ultimi anni, nonostante i suoi pro e i suoi contro. La vasta informazione a cui internet e i social media ci fanno accedere, ci fornisce un discorso piuttosto dinamico sulle identità di genere in Indonesia.

Su internet possiamo trovare parole diverse che si adattano alla flessibilità di genere. Si introducono parole come “lesbi”, che si riferisce alle donne lesbiche, e “tomboi”, come si chiamano le donne mascoline in Sumatra occidentale. Si affermano parole come “butch”, “femme” e “andro” che si riferiscono alle lesbiche nelle città. Nel Sulawesi meridionale ci sono anche parole come “hunter” (cacciatrice) per le lesbiche mascoline e “line” per quelle femminili. Altre parole includono “waria” (donna transgender), “priawan” (uomo transgender), “transman” (uomo trans) e “transpuan” (donna trans).

Queste nuove parole mostrano che le persone reagiscono in modo diverso alla diversità di genere. Le discussioni dinamiche su questo argomento indicano anche “desideri sessuali che eccedono la semplice categorizzazione“, come scrive Evelyn Blackwood. La vivacità dei dibattiti su internet mostra come la tecnologia e la globalizzazione siano riuscite a creare consapevolezza sul genere e sulle identità sessuali che si intrecciano con i contesti culturali locali.

Irwan Martua Hidayana per The Conversation
docente di antropologia alla Universitas Indonesia
con il contributo di Bimo Alim
traduzione di Pier Cesare Notaro
foto: Crisco 1492 (CC BY-SA 4.0)

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