Skip to main content

Mentre i media italiani sembrano aver trovato la chiave di volta per leggere il fenomeno dei richiedenti asilo, che, secondo una raffazzonata “inchiesta” del Corriere della Sera, si fingerebbero in massa gay per ottenere di restare in Italia,  in diversi paesi africani si registrano nuovi episodi di discriminazione. Da tre degli stati di cui di occupiamo oggi arriva una buona fetta delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) che chiedono protezione in Italia, anche se solo il Senegal rientra nello scellerato decreto sui “paesi sicuri” voluto da Luigi Di Maio, un provvedimento che ignora un sacco di discriminazioni, tra cui quelle nei confronti delle minoranze sessuali.

Nigeria

Cominciamo dalla Nigeria, dove in poche settimane due notizie – peraltro di normalissima cronaca, purtroppo – hanno attirato l’attenzione. Dapprima uno studente, al quinto attacco omofobico subito, ha deciso di rendere nota su Twitter la sua situazione, raccontando la sua esperienza e i suoi sentimenti. Il giovane, frustrato dalla situazione e prossimo ad avere una crisi di nervi, ha voluto rivolgersi proprio ai suoi tormentatori, sperando che capissero quanto male fanno alle persone come lui e chiedendo di condividere il suo sfogo, con l’auspicio di cambiare la mentalità delle persone che manifestano una profonda omofobia, un problema ancora più urgente del cambiamento delle leggi.

La scorsa settimana invece è stata vittima di un attacco la popolare crossdresser Bobrisky, che è stata urtata nel traffico da un’auto il cui autista è sceso per picchiarla. Bobrisky, che deve la sua fama alla presenza sui social media e alle opere di filantropia, stava soccombendo quando alcuni passanti l’hanno aiutata. Purtroppo aiuti di questo genere si ricevono solo se si è personaggi famosi e facoltosi, mentre la gran parte delle persone LGBTQIA che vengono attaccate devono riuscire quasi sempre a cavarsela per conto proprio.

Senegal

Ci spostiamo in Senegal, quello che per il governo italiano è un paese sicuro, per raccontare l’odissea del cadavere di Alex, un ragazzo di Touba che non verrà sepolto nella sua città perché sospettato di aver avuto una vita dissoluta: sarebbe stato omosessuale e avrebbe avuto una relazione con un uomo europeo. Le accuse non sono certe, perché i familiari non avevano notizie del ragazzo da due anni. Alex viveva infatti a Dakar e le notizie su di lui nel paese sono affidate a poche parole estorte ai familiari e alle conclusioni tratte dalla comunità religiosa locale sulle voci che lo riguardavano. Il suo corpo, forse, troverà pace nella sua città natale, Mbour, a meno che anche lì l’intolleranza riesca ad arrivare a colpire non solo i vivi ma anche i defunti.

gara omofobia presidente senegal

Camerun

In Camerun intanto si registra una percentuale altissima di HIV-positivi tra gli uomini gay (il 37% contro il 5% della media, comunque molto alta, del paese): le leggi che criminalizzano l’omosessualità e l’omofobia diffusa, perfino negli ospedali che dovrebbero curare anche le malattie sessualmente trasmissibili (MST), fanno sì che le persone non siano coscienti di essere infette e di poter contagiare i propri partner, in assenza di cure.

Questo avviene malgrado dal 2011 il governo, pur non depenalizzando l’omosessualità, abbia favorito la politica di test e cura degli uomini che fanno sesso con altri uomini, aprendo le porte ad alcune organizzazioni come Humanity First. “Negli ultimi anni, le associazioni sono state in grado di lavorareafferma Patrick Awondo, antropologo all’Università di Yaoundé I – Ma in un contesto come questo, dove è ancora vietato il sesso omosessuale, basta una sola scintilla e tutto potrebbe scomparire“.

eSwatini

La stessa omofobia dilagante e i resti di una legislazione coloniale inglese che punisce i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso è presente anche in eSwatini, già noto come Swaziland, che pure lo scorso anno ha visto sfilare per le strade il suo primo Pride.

Anche qui le persone che dovrebbero aiutare gli altri sono tra le prime a discriminare: “Se mi sveglio e mi sento male e vado in ospedale, il fatto che ho i dreadlocks, un orecchino e lo smalto per unghie è un problema per gli infermieri, perché ora focalizzeranno l’attenzione sul mio orientamento sessuale” spiega Melusi Simelane, attivista che ha dato vita alla marcia dello scorso anno, ha fondato l’associazione eSwatini Sexual & Gender Minorities (Minoranze sessuali e di genere in eSwatini) e che ora pianifica di far coincidere la parata dell’orgoglio arcobaleno con l’anniversario dell’indipendenza del paese.

Sebbene non ci sia una caccia al gay da parte delle autorità, né si segnalino processi che fanno riferimento all’articolo del codice penale sui rapporti omosessuali, la persistenza della legge “è come una pistola puntata contro di noi”, dice Simelane. Sarebbe ora che sparisse, come accaduto in Mozambico e Botswana, ma per ora una sua cancellazione purtroppo non è all’ordine del giorno.

Michele Benini
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì / elaborazione da Dazzle Jam (CC0)

Leave a Reply