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La crisi economica che ha portato in strada i libanesi dall’ottobre scorso, non ha fatto che acuirsi nel corso dei mesi. Come gran parte dei paesi colpiti dal COVID-19, anche il governo libanese ha imposto delle seppur blande misure di lockdown che non hanno fatto altro che velocizzare la caduta di molte famiglie libanesi verso il baratro, tanto che spesso si è arrivati all’assurdo di chiedersi se fosse meglio morire “di fame o di corona. Dopo un periodo di calma apparente, i libanesi hanno quindi deciso di tornare in strada e protestare, nelle grandi città come nei piccoli centri.

Come sempre creatività e organizzazione sono alla base delle iniziative nel paese dei cedri: per mantenere il distanziamento sociale è stato organizzato un corteo di automobili che ha bloccato per alcune ore il centro di Beirut. L’associazione Minteshreen (da ottobre, con riferimento al mese di inizio delle proteste) è riuscita a creare una rete di manifatture che si sono impegnate nella produzione di mascherine lavabili che seguono gli standard internazionali: il ricavato delle vendite viene utilizzato per fornire gratuitamente mascherine ai manifestanti che non hanno mezzi per acquistarle e preparare pacchi alimentari da consegnare alle famiglie bisognose.

Naturalmente il presidio di Martyr Square (Piazza dei martiri), a Beirut, rimane il cuore pulsante della protesta così com’é stato sin dai primi giorni. Qui a far sentire la propria voce, oltre ai singoli, alle famiglie, alle associazioni politiche scese in piazza a protestare, ci sono anche i gruppi LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), e lo fanno a viso scoperto. Nonostante la legislazione avversa, infatti, la città di Beirut ha sempre guardato con una sorta di condiscendenza verso tutti i suoi cittadini: George Azzi, fondatore di Helem (Sogno), una delle più longeve associazioni LGBTQIA attive nella regione, afferma orgoglioso che la realtà queer libanese può servire da esempio agli altri manifestanti.

BouKerch
©2020 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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