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Capita spesso che coppie di amic* postino sui social network foto in pose “suggestive”, seguite da descrizioni che strizzano maliziosamente l’occhio al mondo LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) un po’ per gioco, un po’ per provocazione. “E quindi?”, vi chiederete voi scorrendo l’articolo. Quindi nulla: se quello che vi sto per raccontare fosse successo in Italia tutto si risolverebbe in una sana alzata di spalle e passaggio al link successivo. Spostiamoci invece in Libano, paese nel quale, grazie tra l’altro alle ridotte dimensioni di 10.452 chilometri quadrati, un pettegolezzo per pochi diventa un caso nazionale.

Dunque Dalia e Tala sono amiche dalla più tenera età ma… ci sono due “ma”: il primo è che una delle due ha adottato un look decisamente androgino, o come si dice oggi: “gender fluid”; il secondo è che Dalia, che ha postato la foto su Instagram, si riferisce all’amica affettuosamente con il termine “wifey” (mogliettina). Ne consegue un profluvio di commenti a carattere omofobo alimentati da un gran numero di blog scandalistici che di fatto hanno creato ed alimentato il caso, approfittando soprattutto della fragilità della questione LGBTQIA in Libano.

Passi avanti fatti e da fare

Nonostante una delibera del tribunale del distretto di Metn [Il Grande Colibrì] che definisce l’omosessualità come scelta personale e non un crimine punibile (sic! ma poteva andare peggio), l’articolo 534 del codice penale libanese, che sancisce la non liceità di relazioni intime tra individui dello stesso sesso, resta in vigore. Sentenze altrettanto depenalizzanti c’erano già state nel 2009 e nel 2014, ma sempre a livello locale e mai nazionale. Passi in avanti sono stati fatti anche nel trattamento giuridico delle persone transgender [A Separate State of Mind] e nel trattamento psichiatrico dell’omosessualità, che dal 2013 è stata depennata dalla lista dei disturbi mentali.

Come si è risolta quindi la vicenda di Tala e Dalia? In una grossa risata, alimentata dalle parodie fotografiche scattate dagli amici [Gino’s Blog]. È importante però ricordare che questa faccenda ha avuto il suo lieto fine in quanto si è svolta in quella bolla culturale che è la città di Beirut [Tarek Chemaly]: spostata altrove questa vicenda avrebbe avuto più punti in comune con l’Egitto, dove scuotimenti mammari decisamente più eteronormati sono stati puniti con la detenzione [Il Grande Colibrì].

BouKerch
©2018 Il Grande Colibrì

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