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Nel 2017 l’European MSM Internet Survey (Sondaggio europeo condotto su internet tra uomini che fanno sesso con altri uomini; EMIS) aveva mostrato come nelle ultime quattro settimane il 15% dei gay e dei bisessuali dei Paesi Bassi e l’11% di quelli belgi avevano avuto almeno un’esperienza di chemsex, cioè avevano fatto sesso sotto l’effetto di droghe stimolanti. Ormai il fenomeno è conosciuto e si succedono gli studi che accusano questa pratica di aver prodotto un forte aumento delle violenze sessualivere e proprie epidemie urbane di malattie sessualmente trasmissibili (MST). Eppure il chemsex è spesso ancora legato a uno stereotipo che lo dipinge come una questione limitata ai club di Amsterdam, Londra o Berlino.

Il problema, in realtà, è molto più ampio e diffuso e non riguarda solo le grandi città occidentali. Già l’EMIS aveva mostrato come, per esempio, la percentuale di gay e bisessuali italiani adepti del chemsex (2,6%) fosse superata da tutti e tre i paesi mediorientali presi in esame nel sondaggio (4,1% in Turchia, 3,3% in Israele e 2,8% in Libano). Per questo è molto importante la prima ricerca sul chemsex focalizzata proprio su Medio Oriente e Africa settentrionale, condotta dall’Arab Foundation for Freedoms and Equality (Fondazione araba per le libertà e l’uguaglianza) e da M-Coalition, un progetto che si occupa della salute sessuale degli uomini che fanno sesso con altri uomini nei paesi arabi.

Risultati e risposte

Tramite l’app di incontri Grindr, i ricercatori hanno intervistato 1003 uomini gay e bisessuali, soprattutto da Egitto, Marocco e Kuwait: tra loro, l’80% ha dichiarato di usare sostanze per fare sesso, nella maggior parte dei casi alcol, hashish, marijuana e popper (sostanze vasodilatatrici che si assumono per inalazione). Più del 10% ha ammesso invece di ricorrere a droghe pesanti come metanfetamina, ecstasy e cocaina, mentre il 5% utilizza GHB (conosciuto anche come “droga dello stupro”) e ketamina. La metà degli intervistati sostiene di non riuscire a divertirsi senza usare sostanze e il 29% confessa di avere difficoltà a fare sesso senza essere sballati. Nonostante questo, solo il 41% riconosce che l’uso di droghe ha effetti negativi sulla propria vita sessuale.

Il campione non sembra realmente rappresentativo della popolazione gay e bisessuale, ma la ricerca segnala comunque la presenza di un problema reale. E visto il contesto, le associazioni che hanno organizzato lo studio hanno deciso di creare un sito online per fornire informazioni sulla riduzione del danno a chi sceglie di fare chemsex, ma anche per offrire degli strumenti ai professionisti che lavorano nelle strutture sanitarie. Il principale problema per chi cerca aiuto, infatti, è la difficoltà a trovare strutture di sostegno che non abbiano forti pregiudizi nei confronti tanto delle minoranze sessuali quanto delle persone che utilizzano sostanze stupefacenti.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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