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Quando una coppia si separa dopo aver avuto unə figliə, quest’ultimə crescerà con genitori che non hanno più una relazione sentimentale, che non si amano più e che, nei casi peggiori, proprio si detestano. Ci sono però anche persone che decidono di avere figliə con persone con cui non hanno mai avuto relazioni amorose, magari con persone che hanno conosciuto con il solo ed esclusivo scopo di procreare: esistono gruppi e siti di incontro specializzati nati (anche in Italia) appositamente per questo fenomeno, che si chiama “cogenitorialità programmata”, “cogenitorialità scelta” o, per chi non sa fare a meno degli anglicismi, “co-parenting”.

Il programma

Da qualche settimana in Belgio la cogenitorialità programmata si è trasformata da realtà semi-sconosciuta a oggetto di una feroce polemica a causa di un programma televisivo: un nuovo reality show, “Ik wil een kind” (Voglio un figlio) sul principale canale privato in fiammingo, VTM, vuole far incontrare due persone e/o due coppie di sconosciutə con lo specifico scopo di concepire unə bambinə insieme, senza instaurare un rapporto affettivo tra i due, tre o quattro genitori.

Il 18 ottobre la puntata zero, che serviva per spiegare come funzionerà il programma e lanciare la ricerca di possibili concorrenti, ha presentato la storia di un’infermiera single che ha avuto un figlio con una coppia di uomini sposati che non conosceva prima. “Facciamo spesso uscite in famiglia e andiamo in vacanza insieme, ma non c’è una relazione” ha spiegato la donna. Il problema è che la legge riconosce come genitori solo la madre e uno dei padri, mentre il marito di quest’ultimo sulla carta non ha alcun ruolo: “Abbiamo l’impressione che la nostra situazione non sia stata riconosciuta” ha detto la donna.

padre figlia cina asiaLa polemica

Ed è proprio sulla mancanza di un riconoscimento legale che VTM punta per dare legittimità e spessore al suo nuovo programma: il reality show, spiega il canale, dovrebbe servire a “smuovere le mentalità” e ad “aprire il dibattito“, spingendo la società e il parlamento a colmare una lacuna legislativa e culturale. “Molte persone scelgono la cogenitorialità cosciente, anche se non è semplice – ha spiegato Sylvia De Doncker, portavoce di VTM – Chi lo fa o vorrebbe farlo in questo momento si scontra ancora con la mancanza di informazioni, di orientamento e di sostegno. Con questo programma vogliamo attirare l’attenzione su questa lacuna e offrire un’alternativa“.

L’opinione pubblica belga si è divisa e la polemica è cresciuta sempre più, per la gioia del canale TV che probabilmente puntava proprio a questo obiettivo per ottenere tanta pubblicità gratuita. I commenti negativi non si sono concentrati sulla cogenitorialità programmata in sé, ma sulla scelta di affrontare la questione con un reality show. Non sarebbe stato meglio proporre un documentario, per esempio? E quali conseguenze ci saranno sullə nasciturə quando scopriranno che il loro concepimento è stato il frutto dell’interesse a partecipare a un programma TV, delle logiche dell’audience e della volontà di scatenare una battaglia culturale per vendere spazi pubblicitari?

L’editoriale

In un editoriale che ha fatto molto parlare di sé, lo scrittore Tom Naegels ha liquidato la questione in modo molto semplice: “Alla fine abbiamo tutti un motivo per andare da uno psicologo che ci farà rendere conto che nella nostra infanzia c’è stato qualcosa di sbagliato per cui oggi non abbiamo autostima, evitiamo i conflitti, beviamo troppo o finiamo dietro solo a uomini inaccessibili. Questa cosa sbagliata può essere un padre assente, una madre dominante o soffocante, o un padre che ci faceva continuamente capire che non eravamo davvero all’altezza delle sue aspettative. E non parliamo neppure di cose realmente gravi, come gli abusi sessuali. In questo quadro, il fatto di essere stati concepiti grazie a una trasmissione televisiva sarà solo un dettaglio“.

madre bianca figlio braccioPersonalmente trovo pessimo il ragionamento di Naegels: sono convinto che il ragionamento del “potrebbe andare peggio” sia nemico del benessere di bambinə e ragazzə, oltre che molto pericoloso in quanto di fronte a tutto si può trovare qualcosa di peggio (e infatti il disprezzo paterno, per esempio, è già presentato come non “realmente grave“). Mi sembra anche pessimo mettere nello stesso calderone, come Naegels fa nello stesso articolo, cogenitorialità programmata, separazioni, poliamore e omogenitorialità, perché intanto sono tutte “forme alternative di famiglie e di relazioni” e “l’amore è amore e tutto il resto sono convenzioni“. Usare slogan privi di sostanza non significa essere apertə e anticonformistə: significa solo non aver molto da dire…

Riflessioni

Più in generale, mi piacerebbe che il concepimento di unə bambinə non fosse considerato solo dal punto di vista di chi ne risulterà o ne vorrebbe risultare genitore: creare una nuova vita è una responsabilità, ancor prima che la realizzazione di un desiderio di mamme e/o papà o un loro diritto. E invece è solo di genitori, delle loro relazioni e problemi che parla il reality, come – per allargare il discorso – molti slogan a favore di altre forme di genitorialità (per esempio, la gestazione per altri). E solo di genitori parlano pure gli slogan di chi è contro, arrivando a negare i diritti dellə bambinə. In questa baraonda, invece della necessaria critica alla famiglia “tradizionale”, si ha la sacralizzazione o la demonizzazione delle altre forme di famiglie, senza vie di mezzo.

Ancora di più mi piacerebbe che si avesse il coraggio di interrogarsi sul feticcio della genitorialità genetica, che potremmo anche superare, e magari di valutare l’idea stessa di “fare unə bambinə”. Anche senza aderire alle posizioni dell’antinatalismo o del Movimento per l’estinzione umana volontaria, sarebbe importante considerare che lə nuovə natə entrerà in un mondo che si prospetta molto difficile e duro. È vero, ci sono e ci saranno tante cose meravigliose da offrire, mostrare e insegnare, ma queste cose possiamo anche destinarle a qualcunə che ha già avuto la (s)ventura di vedere la luce: non sarebbe bello se la riflessione culturale e politica mettesse al centro il tema delle adozioni, da rendere accessibili a tuttə per creare più felicità per tuttə?

 

Pier Cesare Notaro 
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da StockSnap (CC0) / da PxHere (CC0) / da Pikist (CC0)

 

Pier Cesare Notaro: “Antifascista, attivista per i diritti delle persone LGBTQIA e delle persone migranti, dottore di ricerca in scienze politiche, mi sono interessato da subito ai temi dell’intersezionalità” > leggi tutti i suoi articoli

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