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Il lungo lockdown nel Regno Unito, durato dal 23 marzo al 30 giugno 2020, davvero non ha fermato la popolazione omosessuale di Londra dal fare incontri, anche se ha modificato le abitudini sessuali, come emerge da un sondaggio online? Il questionario è stato somministrato da 56 Dean Street, la più grande clinica per la prevenzione e la cura delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST), ai suoi utenti HIV-negativi ma ad alto rischio di contagio. 814 uomini gay hanno risposto alle domande sulla piattaforma web. Ma, dopo aver analizzato i dati, conviene soffermarsi sulla composizione del campione.

Incontri a rischio

Il 75% degli intervistati ha affermato di avere ridotto il numero di incontri sessuali durante il lockdown, ma il 76% ha comunque fatto sesso con in media tre uomini diversi dall’eventuale partner fisso, nonostante fosse vietato dalla legge e fortemente sconsigliato per non essere contagiati dal nuovo coronavirus e non diffondere la pandemia. Sicuramente la scelta non è stata dettata da ignoranza: il 73% di chi ha violato le consegne sanitarie ha parlato dei rischi di trasmissione di COVID-19 con i propri partner sessuali.

Solo a volte chi ha fatto incontri ha adottato alcune strategie minime per ridurre il rischio di contagio: quasi la metà (il 48%) si è lavato le mani prima del rapporto. Ma ancora meno hanno evitato i comportamenti più rischiosi: solo il 14% ha rinunciato ai baci e alle posizioni sessuali che riducono la vicinanza tra i volti. E solo il 12% ha seguito il consiglio di avere rapporti nei luoghi di cruising o comunque all’aperto, dove i rischi di contagio sono più bassi.

filippine bacio sesso gayPoca rappresentatività

I dati sono poco confortanti, ma probabilmente anche poco rappresentativi della popolazione gay londinese in generale: 56 Dean Street si è rivolta a un segmento molto limitato, cioè quello degli uomini ad alto rischio di infezione da HIV, per il 75% sotto profilassi pre-esposizione (PrEP), cioè sotto un trattamento medico che impedisce alle persone HIV-negative di essere infettate. Il campione è anche poco rappresentativo della diversità etnica della capitale britannica: i “bianchi” rappresentano poco meno del 60% della popolazione della città, ma sono stati l’83% degli intervistati.

Garantire i servizi

Il sondaggio, tuttavia, non è da buttare via. Non solo è interessante capire il comportamento di un gruppo ben definito, anche se poco rappresentativo di una popolazione più ampia, ma soprattutto ci mostra come il lockdown abbia messo gravemente sotto stress il sistema di prevenzione pubblica contro le infezioni sessualmente trasmissibili: il 30% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di avere avuto difficoltà ad accedere ai test e alle cure per le IST e il 9% non ha proprio potuto usufruire di questi servizi sanitari. Eppure al 28% del campione è stata diagnosticata un’infezione durante il lockdown: il fallimento del sistema può avere gravi ripercussioni sanitarie.

Come scrive Aidsmap, “questi risultati evidenziano l’importanza di garantire che i servizi di salute sessuale, in particolare la fornitura di PrEP, rimangano disponibili durante i lockdown o quando vengono imposte restrizioni a causa del COVID-19. È fondamentale che i pazienti ricevano cure senza essere giudicati e non siano dissuasi dal cercare servizi, anche se la loro attività sessuale è contraria alle restrizioni di salute pubblica vigenti. I risultati evidenziano anche l’importanza di metodi alternativi per test e cure, come per esempio test e consegna di farmaci a domicilio, per garantire che i servizi rimangano accessibili“.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

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