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Il mondo dello sport, come d’altra parte il resto del mondo in cui si vive quotidianamente, fatica a relazionarsi con tutte le questioni attinenti alla sessualità. Prima ancora di essere omotransfobico, il Comitato olimpico internazionale è stato per molti anni misogino, aprendo le competizioni alle donne con molte resistenze e stabilendo differenze che persistono in parte ancora oggi. Del resto basta sentire le dozzinali battute sul calcio femminile che disputa in queste settimane il suo campionato mondiale per capire quanto ancora c’è da fare.

Se però un minimo di diritti e dignità le donne lo hanno guadagnato (purché non si tratti di stipendi: lì le proporzioni fanno impallidire quelle della società non sportiva), non è così per molte persone che non rientrano nei canoni della femminilità e della maschilità, alcune delle quali rimangono ancora apertamente discriminate, nonostante il loro talento.

Caster Semenya

È il caso, per esempio, di Caster Semenya, l’atleta lesbica caratterizzata da iperandrogenismo che ha addirittura causato un cambiamento delle regole dell’atletica femminile “contra personam”: per gareggiare, secondo la federazione internazionale, dovrebbe in qualche modo doparsi per ridurre gli effetti del testosterone che il suo corpo produce in quantità superiore alla media.

Per il momento la Corte suprema svizzera ha bloccato le nuove regole dell’International Association of Athletics Federations (Associazione internazionale delle federazioni di atletica leggera; IAAF), concedendo all’atleta sudafricana di partecipare ai prossimi meeting di atletica in programma durante l’estate, ma il caso è ben lungi dall’essere concluso.

caster semenya stop

Thierry Essamba

Restando nel campo dell’atletica, è emerso nei giorni scorsi il caso dell’atleta camerunese Thierry Essamba, vincitore di medaglie d’oro per i suoi tempi sui 110 metri ostacoli. La sua federazione nazionale lo ha escluso da ogni competizione nel 2014, quando sono emersi sospetti che fosse omosessuale, anche se non ha mai avuto un’accusa formale da parte del suo stato, in cui l’omosessualità è illegale.

Dopo cinque anni, questo sabato Thierry tornerà in gara in Svizzera, grazie all’organizzazione non governativa Avocats Sans Frontières (Avvocati senza frontiere), malgrado ormai la sua carriera non abbia più possibilità di riprendersi, data l’età, l’allenamento dubbio e fatto in casa e la crescita della concorrenza internazionale. Ma lui vuole gareggiare per ottenere quelle risposte che non ha mai ottenuto in cinque anni: né un documento ufficiale della federazione camerunese, né una presa di posizione da parte della federazione internazionale IAAF (ancora lei!), che non si è mai degnata di dare una risposta ai suoi reclami e alle sue segnalazioni.

Atleti transgender

Se per l’atleta camerunese non essere appoggiato (e addirittura essere boicottato) dal suo paese ha voluto dire essere escluso da ogni competizione e trovare solo porte chiuse dinanzi a sé, un po’ meglio sembra andare alla prima squadra di ragazzi transessuali del Brasile, la Bigtboys. Nata appena quattro mesi fa, la squadra è già lanciata in competizioni in cui, malgrado i risultati possano lasciare a desiderare, riesce a fare gruppo e a dare forza a una delle minoranze più discriminate, specie da quando al governo del paese c’è Jair Bolsonaro, dichiaratamente transfobo e omofobo.

Meglio ancora dovrebbe andare poi per gli atleti e le atlete australiane: le nuove linee guida nazionali per l’inclusione delle minoranze sessuali nello sport, lanciate la scorsa settimana da diverse organizzazioni per i diritti umani e sportive, sono estremamente inclusive specialmente per le persone transgender, che sono sicuramente tra le minoranze più discriminate. Per fare un esempio, in tutti i tornei di calcio LGBT a cui ho partecipato nel primo decennio degli anni 2000 non ricordo di averne vista alcuna rappresentanza!

Il principio con cui sono state organizzate queste linee guida indica invece proprio che l’inclusione dovrebbe partire dalla base e poi arrivare ai vertici sportivi, perché è fin dalla base che si verificano le discriminazioni più frequenti e dolorose.

Superare i pregiudizi

È anche vero che all’inizio dell’anno perfino una grandissima atleta lesbica, per molti anni numero uno del mondo nel tennis, Martina Navratilova, ha avuto la dabbenaggine di dire che includere le persone transessuali e transgender nelle squadre sportive sarebbe un modo di “barare”. Lo stesso concetto (sbagliato!) che ha guidato la federazione di atletica internazionale a punire Semenya, perché non si è capaci di superare i pregiudizi di una visione binaria dei generi.

Michele Benini
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da planet_fox (CC0) / da l3o_ (CC BY-NC-SA 2.0)

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